Redazione Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2006
Recentemente la Fondazione Adkins Kiti e la Fondazione Censis hanno presentato una interessante ricerca relativa alla figura femminile nei media europei da cui emergono alcune riflessioni che confermano come, in particolar modo, nel nostro Paese la figura femminile resti ancorata, nel mezzo televisivo, su stereotipi lontani e poco riconducibili alla vita della maggior parte delle donne.
Nella indagine si evidenzia che nei programmi di varietà, talk show o reality qualcosa sembra essersi mosso : le vallette non sono più mute, ampio spazio viene dato alla figura delle top model, spesso chiamate a chiudere con sfilate anche eccentriche i telegiornali e quindi ad alleggerirne la pesantezza, situazioni e vicende rappresentate hanno spesso donne protagoniste che però meno frequentemente (solo per il 10%) sono anche conduttrici. Lo spazio offerto alla figura femminile sarebbe dunque “ampio” ma generalmente gestito da una figura maschile.
Un altro dato significativo è la distribuzione per età: per oltre il 60% dei casi si tratta di donne giovani o giovani-adulte. Le donne anziane non vengono rappresentate (solo per il 4,8%), come non appaiono le donne di basso ceto. Lo stereotipo è quello di una donna vestita, truccata ed agghindata di tutto punto, uno modello che si riflette anche nel tipo di trasmissione: la voce moda, spettacolo, bellezza nei palinsesti raggiunge il 38% contro il 6,8% dedicata al disagio sociale, l’8,2% alla devianza, il 6,6% alla cultura. In quest’ottica, esemplare è il dato sulla figura dell’esperto, dove la donna sembrerebbe aver conquistato uno spazio considerevole: nel 23% dei casi compare la figura di una o più donne. Ma attenzione: non si tratta di esperte di diritto, di medicina, di impresa, sono esperte di natura, letteratura e soprattutto astrologia e generalmente non si richiede loro un approccio di natura problematico-interpretativa ma piuttosto una descrizione delle situazioni.
Le donne che lavorano, che creano impresa, che fanno ricerca, che si impegnano nel sociale, spesso con grande sacrificio, che hanno scritto pagine di storia mettendosi in gioco direttamente (ad es. il ruolo nella Resistenza) sono fuori dai circuiti della comunicazione o perlomeno vi sono in modo poco significativo: una parità effettiva non è solo data dai numeri ma passa anche attraverso una comunicazione più attenta e veritiera.
(1 giugno 2006)
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