Login Registrati
Democrazia, un affare di donne

Democrazia, un affare di donne

Aborto e dintorni - I diritti delle donne sono minacciati, a partire dalla Costituzione

Stefania Friggeri Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2008

Dopo il caso di Napoli, con il tempestivo interrogatorio della Polizia alla donna che aveva abortito, i ripetuti casi giudiziari che denunciano il ritorno dell’aborto clandestino ci dicono che il mutamento di clima ha provocato una vera e propria aggressione nei confronti delle donne che decidono di interrompere la gravidanza. Non siamo di fronte cioè a casi isolati, cui basta rispondere con la protesta, siamo di fronte ad un clima di intimidazione che deve essere assolutamente cambiato, e lo sarà solo se viene messo al primo posto il riconoscimento e il rispetto dei diritti. Si può obiettare che i sondaggi mostrano che temi come la procreazione assistita o le coppie di fatto raccolgono un modesto consenso anche perché, come dice Brecht nell’ “Opera da tre soldi “, “Prima la pancia, poi vien la morale”. Chiediamoci invece come viene vissuta una sinistra che sbandiera gli ideali solo a parole, ignorando la vita concreta dei cittadini, incapace di gettare uno sguardo all’interno di drammi che riguardano la vita, la morte, le relazioni affettive. Materie su cui il progresso tecnico scientifico ci porrà di fronte a domande sempre più difficili, a cominciare dal rapporto medico-paziente: vedi la questione dell’eutanasia (casi Welby e Nuvoli ) o le situazioni relative all’aborto terapeutico (il figlio ancora feto va rianimato sempre, anche contro la volontà dei genitori?). E dunque si è fatta ormai necessaria la stesura di un programma in tema di diritti civili, anzi per noi donne in particolare è tardivo; un programma comunque “conservatore”, che deve cioè difendere in modo rigoroso i principi costituzionali. Infatti una nuova revisione costituzionale, dopo quella abolita col referendum, è il vero nodo politico dell’attuale momento storico, anche perché la destra è riuscita nell’intento di creare nell’opinione pubblica la convinzione che sia necessaria una riscrittura della Carta. Non per renderla adeguata ai tempi, bensì per svuotarla dello spirito democratico ed antifascista. Scritta dopo la Resistenza, essa viene accusata di rispecchiare un momento storico di cui solo dopo la caduta del muro i vinti hanno potuto denunciare i crimini e l’arroganza culturale, ispiratrice d’ogni sopraffazione. D’altra parte lo stesso Violante non si è rifiutato di mostrare partecipe comprensione verso “i ragazzi di Salò” proprio negli anni in cui veniva avviato quel processo di revisione storica di cui ora il sistema democratico comincia a pagare le conseguenze. Perchè le forze democratiche del paese sono così deboli che il necessario confronto fra posizioni diverse sul tema dei diritti rischia di naufragare, avendo come tavola dei valori i principi “non negoziabili” del Vaticano. Per nulla disturbato dall’uso strumentale della religione, il Vaticano è in sostanziale accordo col cavaliere nel ritenere giusto e legittimo che la maggioranza possa schiacciare la minoranza e che la voce popolare sia la voce di Dio. Forse è una conseguenza involontaria, ma è certo che chiudere la bocca al mondo cattolico minoritario fedele al Concilio Vaticano II favorisce il populismo e la demagogia che ammorbano il paese e non ostacola la deriva controriformista all’interno della Chiesa cattolica: in Italia viene giudicata una bestemmia la richiesta di abolire l’anacronistico art. 7 per riscrivere i principi della libertà religiosa nel rispetto del principio di uguaglianza (più che mai necessario oggi, in una società resa multireligiosa dalla globalizzazione). In Europa lo spirito ecumenico del dialogo viene soffocato dall’insistenza sulle radici cristiane, temibile arma di pressione identitaria che dice all’islam - e agli islamici d’Europa - : l’integrazione è un obiettivo illusorio, voi siete l’ “Altro”. E la famosa etica della responsabilità? E le conseguenze? Le ignoriamo, come quando scoppiò l’Aids e il magistero cattolico si limitò a predicare l’astinenza? D’altra parte l’intera classe politica parlamentare dice che la religione deve essere riconosciuta nella sfera pubblica. Ma che vuol dire? Che nello spazio pubblico la religione gode di uno status di privilegio o prende parte ai forum in condizione di parità? Perché la vita democratica di un paese può sopravvivere solo se tutte le opinioni possono stare in campo con uguale forza e dignità. “Questa è la vera radice del rischio che corrono libertà e diritti, che non ha nulla a che vedere con l’anticlericalismo o con il laicismo, ma che ha molto a che fare con la democrazia”, come ha scritto Stefano Rodotà.

(10 settembre 2008)

Lascia un Commento

©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy - Cookie Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®