Teatro a Torino - Tratto da ‘Le parole dell’estasi’ della carmelitana Maria Maddalena de’ Pazzi lo spettacolo dei Marcido
Mirella Caveggia Martedi, 06/04/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2010
L’afflato verso il divino, gli spasimi, le frenesie caste e sensuali di una santa mistica come Maria Maddalena de’ Pazzi, prima o poi dovevano sollecitare la fantasia balzana e visionaria del gruppo teatrale dei Marcido (abbreviazione di Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa) che in ogni produzione sfidano il pubblico mettendo in atto tutte le stravaganze della loro inventiva. Nel nuovo spettacolo intitolato ‘Nel Lago dei Leoni’, tratto da “Le parole dell’estasi” della carmelitana fiorentina vissuta nel XVI secolo, eccoli tessere il delirio mistico di una monaca, tesa alla ricerca dell’ascesi e ad un’intima unione con il divino. Impersonata da Maria Luisa Abate, la protagonista sempre pronta alla trasfigurazione appare senza età, senza sesso e senza connotati: un’astrazione pura e grottesca. In tailleur, basco e calzature bianche, immersa in un candore abbagliante, come tutte le creature dei Marcido è inchiodata da un lato alle strutture di Daniela Dal Cin, dall’altro al suo destino di fusione con l’Essere Supremo troppo “ricco, potente, forte”, tanto assente e inafferrabile da inabissarla talvolta nelle profondità della depressione.
Al di sopra della struttura su cui è avvinghiata – un trono a molle simbolo di peccati, o di contenzione o di castigo – tre consorelle (Paolo Oricco, Anna Fantozzi, Stefano Re), dissimulate dalle maschere, narrano, spiano, testimoniano e commentano in coro l’energia compressa della futura santa che fra follia amorosa e disaffezione, rapimenti e miserie terrene esalta l’Amatissimo intrecciando un italiano aulico non sempre intelligibile con il latino.
Lo spettacolo, andato in scena in prima nazionale alla Cavallerizza Reale di Torino con la regia di Marco Isidori e l’attrezzatura scenica della geniale consorte Daniela, sosterà a Bologna, Milano e Roma. Notevole e qua e là piacevolmente stucchevole, come tutti gli altri della storica compagnia, anche questa volta paralizza il pubblico che non fiata e resta immobile davanti alle voci pazzesche che si intrecciano e al concentrato delirante di emozioni di una sublime donnetta risucchiata dal suo stesso respiro.
I Marcido sono i Marcido. Innervosiscono e provocano; ma conviene armarsi di coraggio e andarli a vedere anche in questa ultima ricerca. Ne vale la pena, per la precisione e il ritmo impressi dalla regia, per l’attrezzatura scenica e i costumi usciti dalla fucina fantastica della scenografa. Ma soprattutto per la tempra e il coraggio della magnifica protagonista che più in là non potrebbe avventurarsi. Acre, ironica, maligna, Maria Luisa Abate è agilissima nell’espressione e nella voce dai toni e dai registri sorprendentemente mutevoli. Un prodigio poi è la sua memoria che le permette di destreggiarsi con un testo alto e astruso come se fosse una filastrocca.
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