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Del coaching o delle promesse di cambiamento

Del coaching o delle promesse di cambiamento

Un settore in crescita con un’ampia presenza femminile e tante possibili declinazioni, una per ogni ambito della vita. Intervista alla coach Giovanna Giuffredi.

Lunedi, 20/06/2016 -
Quante volte ci siamo sentite inadeguate, in affanno, o incapaci di stabilire obiettivi e priorità nella nostra vita? Probabilmente è accaduto a molte di noi almeno una volta. Cosa fare in quei casi? A chi rivolgersi? Se ad affliggerci non sono traumi familiari o disturbi relazionali complessi per i quali occorre uno psicologo o uno psicoterapeuta, bensì ci danniamo su questioni concrete, come, per fare due tra i tanti esempi, la crescita professionale o il rapporto con il corpo, si può pensare di ricorrere a un coach. Figura a metà tra il formatore e il trainer nata per accompagnare lo sviluppo dei manager in azienda in America negli anni ‘90, oggi il coach diventa personal oltre che tutor aziendale e il suo campo d’azione si allarga a diverse sfere di interesse, tanto che alcune stime, basate su un’indagine dell’International Coaching Federation Global su coaching, consulenza e formazione in 15 Paesi, parlano di un giro d’affari di due miliardi di dollari nel mondo. Di questi, circa 850 milioni in Europa e una ventina in Italia dove, nonostante la crisi, o forse proprio in ragione di essa, attività e fatturato sono aumentati negli ultimi quattro anni del 20 per cento. Di cosa significhi essere coach e delle ragioni della crescita del settore ne abbiamo parlato con Giovanna Giuffredi, una delle massime esperte di coaching in Italia. Oltre a essere un Professional Certified Coach, Giovanna è CEO di Life Coach Italy s.r.l., Direttore didattico di Advanced Coach Academy e Direttore editoriale della rivista di settore Coaching Time.



Quando e perchè ha deciso di diventare coach?

E' stato un cammino a tappe, per progressioni successive, attraverso cambiamenti e passaggi tra professioni solo apparentemente simili. Solo per citare le tappe più salienti, dopo la laurea in psicologia, ho approfondito il counselling rogersiano e la psicoterapia sistemico-relazionale e ho lavorato come consulente nell'orientamento scolastico, universitario e professionale per molti anni. In seguito, come psicologa del lavoro ho seguito molte aziende e come valutatrice di programmi comunitari mi sono dedicata alle analisi dei progetti finanziati nel mercato del lavoro. Nel frattempo sono diventata giornalista pubblicista e avevo ancora i miei pazienti, ma c'era di fondo qualcosa che mi spingeva a fare altri cambiamenti. Il filo conduttore è riconducibile alla ricerca di una dimensione professionale appagante che per me corrisponde alla possibilità di aiutare le persone a sviluppare le loro potenzialità. E solo quando ho incontrato il Coaching, ho lasciato andare tutte le altre professionalità, per dedicarmi completamente a questo straordinario approccio, che utilizzo al cento per cento nel mio lavoro, con i clienti privati, nelle aziende, nella formazione dei futuri coach e per diffondere la cultura del Coaching. Ho quindi fondato Life Coach Italy una società di servizi, una Scuola di Coaching, Advanced Coach Academy e un giornale online dedicato a questo approccio (Coaching Time).



Il mestiere del coach non è regolamentato da un albo professionale al momento e può capitare di fare confusione tra formatore, coach, o psicologo? Cosa ha di diverso un coach rispetto ad altri professionisti?

Il Coaching oggi in Italia è regolamentato dalla Legge n°4 del 14 Gennaio 2013 (Disposizione in materia di professioni non organizzate) e il 12 novembre 2015 è stata pubblicata la Norma Tecnica UNI 11601 che Servizio di Coaching. Il coach è un professionista che affianca il cliente, non insegna né consiglia, ma propone buone domande e feedback diretti, per stimolare il flusso dei ragionamenti. Il Coach non trova soluzioni, ma aiuta il cliente a trovare le sue risorse interiori per generare le “sue” soluzioni e accelerare processi decisionali, con la massima fiducia nella capacità del cliente di trovarle. Il coaching non ha una funzione riparativa nè tanto meno terapeutica, ma di sviluppo e miglioramento. Non si indagano mai le aree del disagio e della sofferenza, ma si lavora sul futuro desiderato.



Data la sua lunga esperienza nel settore, può dirci se ha riscontrato differenze sostanziali nelle richieste e nell'approccio dei suoi clienti in base al sesso di appartenenza?

Direi che le donne tendono a lavorare maggiormente per sviluppare una migliore percezione di sé e autostima. Cercano maggiore autonomia, vogliono cambiare o trovare lavori che le appassionino. In ambito professionale chiedono spesso di essere affiancate per valorizzare il proprio ruolo e gestire il giudizio dei superiori o dei collaboratori. Gli uomini dedicano con grande frequenza il coaching per migliorare capacità relazionali e comunicative, per implementare il proprio business e sviluppare una leadership efficace.



Chi si rivolge a lei per un percorso di coaching?

Nelle grandi aziende il coaching è rivolto soprattutto al il top management e lavoro sia con gli Executive one-to-one che con i team di lavoro. Da diverso tempo anche le Piccole e Medie Imprese hanno scoperto i risultati straordinari del coaching per raggiungere più facilmente risultati e migliorare la produttività. In ambito privato, seguo professionisti in tutti i campi, da quello sanitario, artistico, tecnico, commerciale e altro. E molte persone che vogliono invece lavorare solo sulla dimensione personale delle relazioni affettive o famigliari, o per ridisegnare il proprio futuro.



Considerando il periodo storico economicamente duro e il tasso di occupazione femminile italiano più basso della media europea sopratutto al centro e al sud, crede che il coaching sia un ambito di sviluppo professionale in cui le donne possono trovare opportunità concrete di autonomia e realizzazione professionale?

Tra i coach le donne sono in netta prevalenza, circa il 60%, anche ai vertici dell'International Coach Federation Italia. Il mercato del coaching è ancora in crescita in Italia. Nel mondo i coach ICF sono circa 32.000 presenti in 138 paesi.



Lei ha di recente pubblicato un libro "L'onda del coaching" edito da Piccin, in cui racconta e spiega moltissimi aspetti di questo affascinante mestiere. Cosa consiglierebbe da coach a una delle tante giovani senza lavoro o che vive un momento di difficoltà e disorientamento?

Da coach farei delle domande per aiutare a fare chiarezza, tra i tanti aspetti che riguardano un ri-orientamento. Ad esempio: Che cosa ti piace fare? In quale contesto ti piacerebbe lavorare per stare bene? (Area degli interessi); Di che cosa hai bisogno per provare soddisfazione e sentirti realizzata? (Area delle Motivazioni); In quali attività riesci meglio senza fatica? (Area dei Talenti); In che cosa credi profondamente? Che cosa è veramente importante per te? (Valori); Dove vuoi arrivare? Quale meta vuoi raggiungere? (Aspettative, progettualità). Si tratta di stimolare prima di tutto buone risposte per sviluppare consapevolezza di sé. Poi si esplorano possibili vie d’azione, realistiche, costruire un progetto lavorativo o professionale.

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