Anna Politkovskaja - La Redazione di noidonne esprime il proprio cordoglio e la propria indignazione per il brutale assassinio ...
Redazione Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2006
La Redazione di noidonne esprime il proprio cordoglio e la propria indignazione per il brutale assassinio compiuto nei confronti della collega russa Anna Politkovskaja. La morte della giornalista tronca una visione del giornalismo, che assume la responsabilità dell’informazione come impegno civile. Nata nel 1958, madre di due bambini, Anna era stata in passato arrestata e più volte minacciata per la sua opposizione al governo Putin, il cui potere macchiato da crudeltà e abusi sistematici in Cecenia era stato pubblicamente denunciato nei suoi best-seller “Cecenia. Il disonore russo” (2003 Fandango) e “la Russia di Putin” (2005 Adelphi). “Penna d’oro” nel 2000, la Politkovskaja scriveva per il quotidiano d’opposizione “Novaja Gazeta”, una delle poche testate non ancora sottoposta a censura politica. Nel 2002 era stata premiata a New York col Courage in Journalism Award (premio per il giornalismo coraggioso) dall’International Women’s Media Foundation, per i suoi reportage di guerra, in cui svelava il regime di terrore praticato dalle truppe russe nel corso del conflitto ceceno, a colpi di esecuzioni sommarie, sequestri, stupri e campi di concentramento. Allo stesso tempo, dalla sua tribuna giornalistica, la Politkovskaja lanciava accuse tremende a Ramsan Kadyrov, premier ceceno sostenuto dal Cremlino per i metodi violenti con i quali il suo esercito di pretoriani, veri e propri squadroni della morte, si assicurava l’obbedienza della popolazione civile. Una voce isolata, la sua, che risuonava forte nel vuoto assoluto che circondava la sporca guerra cecena nel panorama mediatico russo. Nel 2003 l’Osce, Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, premiava la cronista russa per la sua campagna in difesa dei diritti umani in Cecenia.
Anna Politkovskaja era apparsa sulla scena internazionale nell’ottobre 2002 nel ruolo di mediatrice fra le autorità russe e un commando di terroristi ceceni, che aveva assaltato il teatro Dubrovka di Mosca. Nel settembre 2004 era stata inviata a Beslan, capitale dell’Ossezia del Nord, per seguire il sequestro e il massacro degli ostaggi in una scuola. Era stata, tuttavia, costretta a rinunciare al suo reportage, a causa di un sospetto avvelenamento da lei attribuito ai servizi segreti russi e che le aveva impedito di raggiungere il luogo della strage.
La morte di Anna trascende il perimetro del giornalismo russo e della politica interna russa. Piangono, innanzi tutto, la sua perdita i moscoviti che a decine hanno lasciato fiori e candele accese davanti alla sua abitazione. Ma molte sono state pure in tutto il mondo le manifestazioni di dolore collettivo e di simpatia per questa coraggiosa e tenace reporter, di cui sarebbe stata pubblicata proprio in questi giorni un’esplosiva inchiesta sulla pratica delle torture in Cecenia, corredata da fotografie molto importanti. Tutto il giornalismo è oggi in lutto e rende omaggio a questa straordinaria “cronista senza tregua”, onesta e curiosa, una delle più coraggiose tra i tanti coraggiosi giornalisti russi. La “difensora della libertà di espressione in Russia”, come si legge in un comunicato della presidenza europea che sino in fondo si è battuta per la democrazia e la libertà di stampa, rischiando in passato ripetutamente la vita sino a perderla sabato pomeriggio a Mosca nell’ascensore della sua abitazione per mano di un killer che le ha inferto quattro colpi mortali d’arma da fuoco.
(10 ottobre 2006)
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