Login Registrati
Debolezza e forza del gruppo

Debolezza e forza del gruppo

Conversando con Lea Melandri - Le donne fanno “gruppo” e gli uomini fanno “squadra”. La differenza è grande perché la vita pubblica è organizzata in base alla forze della squadra

Ciani Rossella Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2008

La professoressa Lea Melandri, fondatrice ed attuale animatrice della Libera Università delle Donne di Milano (www.liberauniversitadelledonne.it), su sollecitazione di ‘noidonne’ riflette sulle ragioni che inducono le donne a fare “gruppo” e gli uomini a fare “squadra” e sul perché si osserva una grande frammentazione di questi gruppi. “Fare gruppo, fare squadra? E’ semplice: la spiegazione sta nel diverso modo di lavorare insieme, donne con donne e uomini con uomini, ovvero nella diversa modalità di costruire legami sociali. Il concetto di gruppo e di squadra non possono essere analizzati al di fuori del contesto storico della comunità umana. La vita pubblica, esclusivamente o prevalentemente condotta dagli uomini, ha inventato le istituzioni secondo norme precise, metodi e logiche definite, che le sottendono. Non c’è squadra senza normative, ruoli, gerarchie. La squadra è la storia del sesso maschile: così è per la chiesa (il potere è solo maschile), per l’esercito, la politica, tutt’ora maschilissima nonostante gli sforzi delle donne per accedervi. Gli uomini tra loro lottano, competono, si distruggono, si fanno la guerra, ma sempre si danno una continuità. La continuità è garantita dalle istituzioni/ squadra, con norme intrinseche di auto-perpetuazione del potere. Non è che le donne siano vissute isolate e in solitudine, all’ombra di un uomo. Anche le donne conoscono la socialità. Dove sono nata, nella terra di Romagna, la comunità delle donne si chiamava “trebbo”, parola vernacolare di difficile traduzione (dal latino trivium, stare insieme, essere almeno in tre a trovarsi a parlare); ogni zona dell’Italia e del mondo ha il suo “trebbo”. E’ stato storicamente un modo di stringere legami all’ombra della case, delle famiglie, delle relazioni personali, parentali, affettive. Un mondo tenuto a parte dalla sfera pubblica, svalutato, rimosso, o esaltato immaginativamente. I politici uomini si combattono, ma hanno qualcosa in comune. I movimenti delle donne sono meno ‘istituzionali’, meno regolati, più imprevedibili sia per quanto riguarda le fasi esaltanti, quasi magiche, che il rapido disgregarsi. Si tratta di gruppi fluidi, che nascono, è vero, nell’ambito pubblico, ma che conservano del privato, la ricchezza e, al medesimo tempo, la fragilità dei sentimenti, degli affetti, delle emozioni personali.



La centralità della sfera personale è ambiguamente l’elemento di forza, perché ha al suo interno l’interezza della persona, cosa che la politica tradizionale non ha mai avuto. Quindi una politica consapevole dell’importanza del corpo, dell’appartenenza di sesso, in grado di costruire un mondo “altro” da quello che abbiamo conosciuto, costruito su un dominio maschile che ha separato natura e cultura, privato e pubblico, individuo e società.
Il fare gruppo ha tuttavia, proprio per questo, anche elementi di debolezza: nei gruppi entrano in campo le emozioni, le fantasie, le proiezioni (ad esempio il rapporto madre-figlia, che talvolta è distruttivo), per cui il legame affettivo che si crea è facile che si dissolva. Ne consegue che il gruppo può procedere a momenti quasi in consonanza, per le donne che ne fanno parte, come un “corpo unico”; e che, subito dopo, questa forza collettiva si incrini, per entrare, nel migliore dei casi, in una zona carsica. Proprio allo stesso modo con cui si comporta l’acqua, che si muove sotterranea, invisibile (ma c’è) e ad un certo punto riaffiora: ma quando? come? dove? in che modo? con quale forza?”
Un tratto che caratterizza l’incontro delle donne è il costante crearsi e lo svanire di gruppi e gruppetti che si ritrovano o per leggere e commentare una poesia scritta da una di loro, o magari per conoscere la ricerca sulla vita di una donna del ‘600, che faceva la Madre Abbadessa in un convento alla periferia di Parigi. E’ questo un ritrovarsi intorno ad argomenti che non incidono nella sfera politica delle donne. Sono gruppi con argomenti e modalità di ritrovo autoreferenziali. “Con la stagione degli anni ’70 si è dibattuto e portato alla politica la sfera personale (con lo slogan “il personale è politico”), le problematiche del corpo (la frase-chiave “il corpo è mio e me lo gestisco io”) e la maternità (aspetto politico tutt’ora in prima linea “decido io donna, quando e come avere dei figli”), tutti fatti che avevano una grande valenza rivoluzionaria, che hanno prodotto leggi ed organizzazioni sociali, pensiamo, ad esempio, ai consultori famigliari. Partendo da un terreno, considerato storicamente ‘non politico’ – la vita personale/il corpo/la sessualità/ la maternità – le donne andavano a ribaltare tutte le strutture pubbliche: i saperi, istituzioni come la chiesa e i partiti, la divisione sessuale del lavoro, l’esercito, ecc. Dopo questa fase, in cui si era visto il potere modificativo di una pratica come l’ autocoscienza, che interrogava la sfera sociale a partire dal suo retroterra (corpi, sessualità, famiglia), con l’inizio degli anni ’80 il femminismo ha perso la sua tensione politica, l’idea di poter trasformare sè e il mondo; è diventato, prevalentemente, un fenomeno culturale.
Infatti è in quel decennio che nascono le associazioni, i centri di documentazione delle donne, gli studi di genere nelle università, si aprono le Librerie delle donne, prendono vita le società delle storiche, letterate, filosofe, scienziate e giuriste; tutte organizzazioni che prima non erano mai esistite. In molte città italiane le donne si appoggiarono all’ente locale, cioè alla politica istituzionalizzata per ottenere il supporto economico e logistico di questi centri a valenza culturale.
Il femminismo non è comunque scomparso, ma ha cambiato forma, perdendo la spinta modificativa della vita pubblica, Da qui la tendenza dei gruppi femministi a chiudersi nell’autoreferenzialità. Questo spiega anche come tanta cultura femminile sia entrata, per così dire, in clandestinità, quindi non sia più visibile, e abbia perso capacità di incidere. Si è persa la forza iniziale di ‘accomunamento’ tra donne, sono prevalsi, al contrario, frazionamento, isolamento e solitudine. Inoltre, purtroppo, questa cultura femminile non ha più parlato alle nuove generazioni, le quali ci chiedono: Donne, dove siete?
Ma qualcosa, di quella stagione intensa di cambiamento delle coscienze e della vita delle donne, deve essere passato sotterraneamente, se guardiamo alle grandi impreviste manifestazioni di Milano, il 14 gennaio 2006, e di Roma, il 24 novembre 2007, su temi e problematiche che sono state al centro del femminismo anni ’70 e oggi tornate tristemente di attualità: l’aborto, la violenza maschile sulle donne, la loro esclusione dai posti decisionali della vita pubblica”.


(3 marzo 2008)

Lascia un Commento

©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy - Cookie Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®