Andamento lento/4 - Ovvero: Sulla natura delle cose
Ortensi Paola Giovedi, 25/08/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Agosto 2011
Il titolo dell’opera di Lucrezio, grande scrittore Latino del primo secolo avanti Cristo che sulla natura e sull’uomo ha detto tanto, ci offre prezioso spunto e utile riferimento. La preposizione de che in Latino significa “tutto quello che… attorno a ..” in questo caso alla natura e alle sue infinite caratteristiche, di queste ci intriga a sceglierne una di enorme interesse e complessità: la lentezza. La lentezza è un processo inesorabile della natura, che a molti obiettivi arriva percorrendo tappe precise e insostituibili. Tappe che ritmano e organizzano un percorso dai preziosi crocevia del tempo. Un tempo dalle molte unità di misura, ognuna con la sua funzione, in cui la fretta non è prevista se non come una potenziale minaccia. Dall’unità di misura del giorno e della notte, luce e buio, ai mesi, alle stagioni, agli anni, fino alle ere geologiche che intrecciandosi fra di loro scandiscono crescita, modifiche, trasformazioni, mutazioni profonde della terra e degli umani, dove il tempo lento ed inesorabile diviene garanzia di qualità e concreti traguardi di successo. Pensiamo ad una angolatura che ci è particolarmente vicina in natura come l’agricoltura. Proviamo a curiosare. L’estate incalza e il tripudio della frutta, dei suoi colori e dei mille sapori, gratifica il nostro sguardo, il nostro gusto e ci racconta una storia di lenta maturazione per offrirci cibo e nutrimento in una ricchezza di varietà che si moltiplicano nei diversi territori e continenti in cui il globo si espande.
Pesche, prugne, albicocche, nespole, e ancora fichi o more, cocomeri o meloni sono stati boccioli e poi fiori e poi frutti come i pomodori, fagioli, zucche e zucchine, melanzane e larghe foglie d’insalate; iniziarono il loro viaggio nel tardo inverno o nella prima primavera. Furono semi forse tondi, o magari ovali, ma pur sempre semi in un lento viaggio pieno di stazioni in cui la fretta non è permessa e dove la liberazione, spuntando dalla terra con le prime foglie va seguita con attenzione e rispetto .
Dalla frutta, agli ortaggi ai grandi cereali; come il grano che ora a luglio, giallo come oro al vento punteggiato dal rosso dei papaveri è stato all’inizio filo d’erba che ha racchiuso la spiga in sé invisibile sin dall’inizio. Spiga che lentamente crescendo ha mutato misura e colore fino a divenire grano da raccogliere per fare farina e per ridarci il nuovo seme. E come il grano, il riso o il granturco che sotto il più moderno nome di mais non solo è per noi pannocchie e farina per la polenta, ma rappresenta insieme alla soia il più importante fattore di alimentazione animale. In natura la lentezza è legge positiva ineludibile e ogni tempo previsto darà forza al nuovo che verrà. La natura non ha fretta. Ha un compito da svolgere e quando viene forzata produce guai.
E ancora il tempo ci dona quella biodiversità di cui tanto si parla oggi. Concretamente biodiversità significa infinite tipologie di grani o di pomodori o di vitigni, magari di patate, insalate, mele o pere solo per citare come esempi tra i frutti più noti della nostra terra. Semi che a seconda del terreno, del clima hanno subito modifiche, aggiustamenti nelle forme, consistenza, sapori, resistenza alle malattie e comunque sempre modifiche per adattarsi e trovare la via dello sviluppo in un dato territorio. In natura dunque lentezza è un valore, un insegnamento che sulle spalle si porta la tartaruga, o che ci insegna la lumaca o i tanti quarti che offre la luna prima di mostrarsi piena. Tempi, lentezza, fasi obbligate nella natura sono metodi d’organizzare lo sviluppo. Non a caso anche in agricoltura la produzione biologica si è imposta, come negazione delle forzature proposte ai terreni, ai prodotti, come ritorno ai tempi naturali, superando o limitando quell’uso della chimica nato anche per “mettere fretta alla terra”. Solo col tempo una ghianda diviene quercia; come ogni frutto ha la sua stagione, nello stesso modo ogni vita, da quella vegetale a quella animale a quella umana, può nella fretta trovare una cattiva consigliera. C’e un detto fra i tanti che sottolinea come in termini di lentezza sia importante e auspicabile che avvenga un incrocio tra il tempo della natura e l’azione umana ben calibrata che può dare una bussola in tanti dei nostri comportamenti. Infatti è “col tempo e con la paglia che si maturano le nespole”, ma ancor più simbolicamente è col tempo e col calore che il lievito fa crescere l’impasto d’acqua e farina che ci darà il pane. Quel pane che per tornare a Noi Donne è un arte antica che ci appartiene e che, come sottolineano le donne che lo fanno, regala insieme alla fatica, un senso forte di contaminazione con la vita che lentamente cresce nel gesti dell’impasto, nel controllo per una buona lievitazione, fino alla cottura.
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