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Darle un presente prima di un futuro

Darle un presente prima di un futuro

Mondo/ La nostra Africa - Il sindaco di Roma scrive su noidonne dopo il suo incontro con il Premio nobel per la pace Wangari Maathai

Walter Veltroni Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2004

La bellezza dell’Africa è anche nel volto, splendido, di Wangari Maathai. La possibilità che l’Africa ce la possa fare è anche nell’impegno che questa donna ha messo in tutta la sua vita per dare alla sua terra un presente, prima ancora che un futuro. C’è chi dice che i premi servono a poco, c’è chi dice che spesso i premi dimenticano i più grandi, a volte proprio coloro che sono meno in sintonia con il sistema. Ma certo questo non si può dire per l’assegnazione del Premio Nobel per la Pace a Wangari Maathai, per quello che ha fatto, e continuerà a fare, per l’Africa.
Il Comune di Roma pianta alberi per i bambini che nascono. Wangari ha lottato insieme ad altre donne per salvare gli alberi del suo Paese. L’Africa ha bisogno di salvare i suoi alberi, ha bisogno di salvare i suoi bambini. Noi possiamo permetterci il lusso di regalare ai nostri bambini alberi, l’Africa, le donne africane, vedono morire ogni giorno trentamila bambini. È una cifra pazzesca. Ci sono tanti modi per parlare delle disuguaglianze tra noi e l’Africa: le guerre e i suoi morti dimenticati, anzi mai saputi, l’Aids, come paradigma delle sue malattie, la povertà, quelle donne africane, a volte bambine, che vengono iniziate al sesso da uomini sieropositivi, in base all’assurda credenza che sarà la loro verginità a salvarli. Ma quei trentamila bambini, le loro morti per fame, per sete, perché non hanno le medicine che invece riempiono i nostri armadietti - e molto spesso scadute, perché è sempre meglio averne una buona scorta - rappresentano la disperata richiesta d’aiuto che l’Africa manda a un Occidente, malato, lui sì, d’indifferenza.
Non a caso, credo, Wangari ha coinvolto le donne africane nelle sue lotte. Forti della loro disperazione e del legame che le unisce ai loro figli, stretti ai loro fianchi, queste donne hanno lottato insieme a lei per non lasciarla sola nella sua battaglia contro lo sfruttamento senza scrupoli dell’ambiente, contro il ‘collasso’ dei diritti umani che lascia l’Africa senza forze.
Per Roma l’Africa è qui. Non solo perché la sua gente vive tra noi, ed è la nostra gente, ma perché Roma non può e non vuole lasciare l’Africa sola.
Anche per questa ragione, ma non solo, ringrazio Noidonne per aver dedicato la copertina a questa grande donna di pace e per avermi chiesto di scrivere un articolo su lei, sull’Africa, su noi. L’ho fatto davvero molto volentieri, non solo per parlare di tutto questo, seppure brevemente, ma per tutta una serie di ragioni che riguardano la rivista. Tra queste la più personale è legata ai miei ricordi di ragazzo che non dimentica come questo giornale girasse – e vorrei riuscire a dare il senso di quel passaggio continuo, usando questo verbo - tra le mie coetanee, per le quali era diventato uno dei simboli di tutto ciò in cui credevano e di tutto ciò che volevano. E chi, tra noi ragazzi, tentava di capire che cosa stesse succedendo in quel mondo che ci sfuggiva di mano, provava a farlo anche leggendo quelle pagine. Una ragione più attuale è che Noidonne quest’anno compie sessant’anni e quel gruppo di donne che, orgogliosamente, continua il lavoro iniziato da altre donne tanti anni fa, lo fa perché sa che, tutti noi, abbiamo ancora bisogno di leggere le loro parole. E le parole di tutte le donne del mondo.

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