Una storia d'amore che ci ricorda che l'amore può essere possesso e paura, ma mai violenza. E che la bellezza può e deve svanire, perché questa è la natura.
Lunedi, 05/11/2012 - Nelle settimane che hanno preceduto la giornata mondiale contro la violenza sulle donne (il 25 novembre), è uscito per Leggereditore Danzando sui vetri rotti, opera prima di Ka Hancock. Che c’entra? Verrebbe da dire. C’entra, perché è un romanzo sull’amore, sulla cura dell’altro, sul possesso ‘buono’ dell’altro. Sulla capacità di lasciare andare, e volare, le persone lontano da noi. Il titolo è un ossimoro, perché se il ballo è leggerezza e gioia, i frantumi sono distruzione e ferite e dolore. E per sopportare di camminare sui vetri rotti ci vuole una forza che spesso solo le donne hanno. Ka Hancock, al suo esordio, ha una duplice laurea in scienze infermieristiche con la passione per la psichiatria. Non è un caso dunque che protagonisti siano Lucy Houston e Mickey Chandler, moglie e marito, lei proveniente da una famiglia con una lunga serie di casi di cancro, lui affetto da un disturbo della bipolarità. Autrice per volontà di raccontare universi che conosciamo solo quando ci toccano da vicino, la Hancock ha scritto un romanzo sull'amore e sulla malattia. Sulla ‘cura’ dei sentimenti e del corpo. Sulla volontà di ‘accudire’ chi si ama. Nell’epoca della maniacale bellezza femminile e della longevità a tutti i costi, di delitti consumati per la paura di perdere chi, erroneamente, pensiamo ci appartenga per diritto - le cronache ogni giorno ci consegnano episodi di inaudita violenza - la Hancock ha parlato il linguaggio difficile di corpi che, fragili come la porcellana, si deteriorano; di menti che non stanno in equilibrio se non con l’aiuto dei farmaci; del possesso, inteso come amore, forse come rabbia, mai come violenza E ha trattato il tema, importante, della consapevolezza: della vita e della morte. Ha descritto, scientificamente, come l’involucro di noi tutti, pur nel pieno della giovinezza e della femminilità e delle aspettative, può consumarsi senza ‘vergogna’. Ha raccontato il dramma di chi ogni giorno rischia di perdere se stesso e per ritrovarsi ha bisogno di una pastiglia, o più di una. Alla base c’è l’amore per la vita, per dare la quale si può ‘rinunciare’ a se stessi. Danzando sui vetri rotti , al di là della storia in sé, è un testo che insegna a non combattere contro il tempo, ma a viverlo, abbandonando l’istinto all’aggressività contro ciò che non ci piace. Ci ricorda quei diritti che, fissati dalla legge, la natura da sempre ci invita ad osservare.
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