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Daniel Lommel. Passi di danza con un partner d'eccezione

Daniel Lommel. Passi di danza con un partner d'eccezione

- Identità, cultura e aggregazione. Da sempre la danza è legata a rituali e a preghiere, nelle feste popolari e nelle discoteche. Una conversazione con Daniel Lommel

Bertani Graziella Venerdi, 27/06/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2014

 Nell’antica Grecia costituiva uno dei capisaldi della tragedia e oggigiorno in molte lingue moderne contraddistingue i termini: coreografia, coreutica. Seguita da un vasto pubblico femminile, sempre associata a nomi di donne, nessuna altra parola come questa in noi evoca sempre fascino e mistero. Fuoco fuochino fuocherello, per l’aiutino attingiamo al cinema che ci consente parafrasare una nota citazione di Humphrey Bogart: “…è la danza, bellezza, la danza e tu non puoi farci niente…”. Danza, sostantivo terminante in a e pertanto di genere femminile. Ma la Danza è femmina o no? Chi potrebbe aiutarci a scoprirne l’essenza di genere ed in modo non accademico? Proviamo con un uomo, un famoso ballerino-coreografo, artista visivo, didatta della storia del teatro antico e della danza, drammaturgo che la critica ha posto nel Pantheon dei 10 migliori ballerini della sua generazione: Daniel Lommel.



 Come preferisce definire il termine Danza?

Amo molto la frase della dedica della Prima Accademia di Danza che Luigi XIV fondò nel 1662: “Affinché i nostri Nobili possano esercitarsi al mestiere delle armi”, designando come mestiere d’armi ‘la scherma’, e pertanto la danza come un esercizio marziale, una dominazione dello spazio attraverso il corpo. Però, vent’anni dopo - era il 1681- in occasione della creazione della Seconda Accademia di Danza accadde un fatto nuovo: l’ingresso della donna. Se osserviamo la tradizione rimaniamo molto colpiti dal fatto che sia che si tratti di teatro sia che si tratti di danza, la caratteristica delle arti dal vivo è la presenza dell’uomo. Anche il teatro giapponese, che discende dalle compagnie al seguito di Alessandro Magno (1) in Asia, vede un reale vantaggio dell'uomo. Quando ci riferiamo alla nostra cultura europea, la predominanza dell'uomo, sia nel teatro che nella danza, è notevole. Perciò definisco la danza come un’arte femminile per eccellenza pur avendo fatto parte della Compagnia di Maurice Béjart che ha restituito all’uomo il proprio titolo nobiliare.



Che ruolo ha avuto Béjart nella ridefinizione dei ruoli maschile e femminile rispetto al balletto classico?

Nelle sue opere, pur riqualificando la presenza maschile, Béjart paradossalmente fa l’elogio della donna: Boléro, Erotica, L’heureexquise, Mathilde, Le marteau sans maitre, Sonate à trois, La luna, Isadora. È il balletto romantico che, avvalendosi di criteri tecnici differenti, ha sublimato la donna e relegato l’uomo al ruolo di partner. È la comparsa “delle punte”, che conferiscono questa sensazione di presenza eterea, è l’inizio delle scoperte della psicologia, da Spinoza a Jung passando per Gustav Fechner. È sempre la donna la dominatrice della scena. Per me perciò la danza resta un mestiere da uomo nella conquista dello spazio attraverso il corpo e un’arte di donna fino al raggiungimento dello status di Diva.



Pina Bausch, la grande coreografa tedesca recentemente scomparsa e che lasciato un’impronta indelebile nel mondo della Danza, diceva “Danzate la Danza…”. Secondo lei, che l’ha conosciuta e frequentata, che cosa intendeva: trasporto, eleganza, potenza o controllo del mezzo espressivo che è il corpo?

Nella prima metà del Novecento la Germania aveva cercato di dotarsi di una nuova mitologia del teatro, della danza e della musica; paradossalmente, è stata Pina Bausch a fare il miracolo, a raggiungere la sintesi e con una forza incredibile a svelare l’essenza stessa del teatro danzato come nuovo mezzo di espressione.



Lei che è anche coreografo - oltre un centinaio di lavori - come intende la scrittura del corpo maschile e femminile attraverso la Danza?

A mio avviso l’esistenza stessa della creazione non può in alcun caso essere concettuale. Deve basarsi naturalmente sul “materiale a disposizione”, sulle personalità che abbiamo davanti a noi, ed anche sulle differenti “possibilità” che ci offrono i veri creatori che sono i danzatori … occorre dunque sapersi ben circondare. Béjart diceva che la creazione coreografica è assimilabile all’atto sessuale; sono abbastanza d’accordo con lui. E’ un evento molto privato, una sorta di messa a nudo di se stessi. È un atto che impone al creatore una purezza estrema euna grande forza d’introspezione.



Tra le ballerine dell’Olimpo della danza sue partner un capitolo speciale è costituito da Luciana Savignano (di cui le nostre pagine hanno ospitato la presentazione dell’importante pubblicazione curata da Valeria Crippa). Che cosa rappresenta per lei?

Ritengo che si tratti della personalità più significativa della danza italiana… Un animale bizzarro. Il più “strano” dei corpi che ho tenuto tra le mie mani di ballerino. Un essere per metà dea di un altro pianeta dalle braccia eccezionali con un viso di un’austerità ermetica e un erotismo scenico di raro spessore. Mi ha sempre affascinato sia come donna sia come ballerina, dotata di una sorta di dis-armonia armoniosa, e anche di quella finta fragilità che pare chiedere ai propri partner una protezione speciale; nei suoi anni da Bèjart fu la sola persona a non essere come le altre. Le serate a due che facevamo insieme erano dei veri tour de force: tre passi a due e ciascuno di quattro variazioni.



Questione di solo talento? Oppure …?

Riprenderei molto volentieri le parole di Jacques Brel: “il talento non esiste, il talento è avere voglia di fare qualcosa”. E credo anche voglia di realizzare un sogno: è talento assieme a tutto il resto, è sudore, sudore, sudore, è disciplina; di questo ne sono certissimo … l’arte per me …non so che cosa sia, gli artisti… non li conosco, credo piuttosto che siano persone che lavorano a qualcosa con grande energia e alla fine…all’incidente della natura… non ci credo.



Che cosa resta oggi della Danza rispetto alle sue origini?

Sappiamo che la tragedia e la commedia nel teatro Greco sono l’espressione stessa della città. Troppo spesso è passato sotto silenzio il fatto che i tre grandi tragici greci erano dei generali dello Stato e gli spettacoli erano un gesto Politico, non dimentichiamo che gli attori erano dei soldati e che i ruoli da donna erano interpretati da uomini e che la “non presenza agli spettacoli“ da parte del popolo era sanzionata con la pena di morte… Dunque gli spettacoli teatrali erano verifiche, ed erano organizzati a scopo educativo. Lo sport e l’educazione erano strettamente legati alla vita della città. Oggi consideriamo queste opere come culturali ed artistiche e tendiamo a dissociarle dalla vita politica.



Danza, tragedia, Grecia…Sappiamo che tempo fa Lei ha accettato una sfida importante lanciatale da una grande donna Melina Mercouri: dirigere una Compagnia in Grecia. Qual è l’eredità di Melina Mercouri, oggi, dopo il suo impulso alla rinascita della cultura e delle arti in Grecia?


Oggi l'eredità di questa grande donna del cinema e del teatro mondiale è purtroppo dimenticata, credo che nessuno sia profeta in patria. I greci sono anche esterofili, generalmente ritengono che tutto ciò che viene dall'esterno sia migliore ed abbia più valore aggiunto. Con Melina e altri artisti dello stesso periodo, la Grecia ha vissuto un periodo d'oro o forse solo un momento di grande fermento culturale grazie all'ondata di artisti greci restituiti al loro paese dopo un periodo di esilio politico. C’era a quel tempo una sorta di rinascita, una sorta di speranza, che purtroppo crollò per cause economiche nell’arco di meno di un decennio. Questo periodo ha coinciso con l’evoluzione della mia Compagnia. Presto Melina partì per gli Stati Uniti, anche io lasciai la Grecia... sì Melina mi aveva dato carta bianca per il mio lavoro e le mie creazioni. Entrambi eravamo impegnati in due percorsi paralleli: costruire un repertorio e una compagnia professionale...



La preponderante presenza femminile nella sua compagnia è frutto di una scelta? Quale ruolo hanno le donne nella co-progettazione, nello sviluppo delle sue coreografie?


Non si tratta di una vera scelta, è un fatto obbligato... Sì, gli uomini sono una merce rara nella danza, ma ancor di più qui in Grecia, e spesso ho fatto ricorso a danzatori italiani e francesi. Devo dire che le donne generalmente sono più coinvolte nel lavoro, una forma di curiosità artistica e intellettuale. Sono loro che hanno costituito la fonte naturale di ispirazione per le mie diverse creazioni.

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