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Dallo sport alla società: il fair play come modello per le relazioni sociali

Dallo sport alla società: il fair play come modello per le relazioni sociali

Parliamo di Bioetica - L’etica dello sport non può ridursi al rispetto di regole imposte, ma si sostanzia in valori e comportamenti condivisi

Manti Franco Domenica, 01/12/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2013

La dimensione etico – sociale dello sport

L’urgenza di un approccio etico alla pratica sportiva è stata al centro del X Convegno di Bioetica per la Scuola, organizzato dal Comitato Nazionale per la Bioetica in collaborazione con l’Istituto Italiano di Bioetica, tenutosi a Roma il 25 settembre, sul tema Bioetica e sport.

I valori morali sono, infatti, fondativi della pratica sportiva sia professionistica che amatoriale. Il fair play ne costituisce una sintesi in quanto “è molto di più che giocare nel rispetto delle regole. Esso incorpora i concetti di amicizia ,di rispetto degli altri[…] il fair play è un modo di pensare , non solo di comportarsi” (Consiglio d’Europa, Codice Europeo di Etica Sportiva, punto 6). Esso implica, pertanto, la lotta alla frode, al doping, alla violenza fisica e verbale, allo sfruttamento, alla disuguaglianza di opportunità, alla commercializzazione eccessiva, alla corruzione. Tutto ciò riguarda non solo la condotta degli sportivi, ma di tutti i soggetti interessati alla e dalla pratica sportiva comprese le famiglie degli atleti, in particolare di quelli giovani. Fondamentale risulta, pertanto, la funzione educativa delle Società e delle Federazioni. Oltre alla redazione di codici etici appare urgente sviluppare, anche attraverso adeguate iniziative formative, la competenza etica di dirigenti, allenatori, medici sportivi, atleti, ecc. L’etica dello sport non può, infatti, ridursi al rispetto di regole imposte, ma si sostanzia in valori e comportamenti condivisi. Dovremmo pensare allo sport, in tutte le sue articolazioni, come una pratica sociale capace di generare ben-essere per gli individui, ma anche per la società nel suo complesso. Si tratta di passare da una visione astratta, forse elitaria, del fair play a una concezione che lo rapporti con i problemi del nostro tempo, che renda la pratica sportiva, da quella scolastica a quella agonistica, promotrice di una “sana e ragionata convivenza contro la logica della competizione selvaggia.” ( R. Butcher - A. Schneider, Fair play as respect for the game in Ethics in Sport, 1998)



Il sano agonismo

La dimensione etica dello sport è messa a rischio dall’espansione del doping. Il fenomeno è, infatti, molto diffuso anche a livello giovanile. È qui che può essere “coltivata” o combattuta la “logica” del ricorso al doping. È importante che gli adolescenti inizino la loro pratica sportiva con un approccio che ponga al centro la dimensione etica ed educativa. Le famiglie, le società sportive, i medici, gli allenatori, nelle loro rispettive funzioni, sono investiti di una responsabilità di cui, non sempre, risultano pienamente consapevoli. Alcuni genitori tendono a veicolare due stereotipi opposti, ma entrambi diseducativi: l’iper-agonismo (talvolta incentivato dagli allenatori) con la ricerca del successo, anche a “ogni costo”; la non competitività come valore. Nel primo caso, si producono condizioni “professionistiche” precoci e di stress difficilissime da gestire per un adolescente. Nel secondo, si inducono deresponsabilizzazione, rifiuto del confronto con se stessi e con gli altri. La pratica sportiva (anche quella amatoriale) è una sfida che si fonda sulla consapevolezza dei nostri limiti e sulla volontà di migliorarli attraverso quella particolare forma di relazione che è l’agonismo. Perfino i grandi campioni devono, nel corso della loro carriera, fare i conti con la propria vulnerabilità (ad es. gli infortuni) e con la sconfitta. Un approccio corretto può portarli ad una più profonda conoscenza di sé ed essere incentivo al miglioramento delle prestazioni.

Queste due polarità nel modo di approcciare la pratica sportiva evidenziano un elemento comune: evitare la frustrazione da mancata prestazione con le sue eventuali conseguenze (nel caso del professionismo anche quelle economiche) rifiutando o falsando, attraverso pratiche illecite, il confronto leale, ad armi pari, con gli altri.

Il Comitato Nazionale per la Bioetica ( CNB, Etica, sport e doping, Roma, 25/03/2010) sottolinea come il doping costituisca un disvalore in quanto altera i valori fondanti dello sport. L’eccessiva medicalizzazione, le pratiche dopanti, il ricorso, di cui si comincia a discutere, al doping genetico (l’uso non terapeutico di cellule, geni, elementi genetici, oppure della modulazione dell’espressione genica, in grado di migliorare le prestazioni atletiche), non sono una risposta egualitaria, come affermano alcuni, alle disuguaglianze fra gli individui indotte dalla lotteria naturale e dalla differenza di genere, ma una vera e propria distorsione del significato della pratica sportiva. Dall’agonismo fra gli atleti si passerebbe alla competizione fra centri di ricerca e case farmaceutiche con la trasformazione di questi ultimi in cavie.



La funzione pedagogico-educativa dello sport e il ruolo della scuola

Il confronto con se stessi, i propri limiti, la propria vulnerabilità, l’insuccesso, la costruzione di una relazione sociale con compagni e avversari costituiscono momenti formativi importanti per i giovani. Un ruolo rilevante è quello assolto dai docenti di educazione fisica che con la loro proattività etica possono, responsabilizzare gli studenti rispetto al rapporto benessere - pratica sportiva e all’espressione di capacità non puramente fisiche, ma relative alle persone nella loro complessità. Due sono i nodi principali su cui riflettere e intervenire. Il primo concerne un’effettiva integrazione dell’insegnamento di educazione fisica con le altre discipline che può essere favorito da un insegnamento per competenze; il secondo riguarda il rapporto con le famiglie (compresa la loro educazione all’etica dello sport) e, quando lo studente svolge attività agonistica, con allenatori e società sportive affinché il percorso educativo - formativo sia effettivamente integrato e tale da contribuire a formare cittadini responsabili, capaci di rispettare e proporre, nella quotidianità, il fair play come modello per le relazioni sociali.



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