L'attacco dei droni durante il viaggio. Il diario di Pinuccia Montanari
Indice
1. Introduzione: La Missione del MEAN
2. Nel Cuore del Conflitto: Dall’Italia a Kharkiv
3. Il Viaggio tra le Bombe: L’Attacco del 4-5 Ottobre
4. Il Dolore delle Donne: Da Cracovia a Kyiv
5. Donne Mediatrici: Giustizia Riparativa e Resilienza
6. Kharkiv: Vita sotto le Bombe
7. Università e Cultura in Guerra
8. Musica e Speranza: Il Concerto a Kharkiv
9. Il Ritorno: Dalla Notte dei Droni alla Frontiera Polacca
10. Riflessioni Finali: Riprendere in Mano le Redini della Storia
1. Introduzione: La Missione del MEAN
Dall’Italia la missione di pace del MEAN per l’Ucraina: Cracovia – Kyiv – Kharkiv
Pinuccia Montanari – Diario di viaggio | 30 settembre – 5 ottobre 2025
Siamo partiti dall’Italia per la quattordicesima missione del MEAN (Movimento Europeo di Azione Nonviolenta), con destinazione Ucraina. Un viaggio lungo e impegnativo, che ci ha portati da Cracovia a Kyiv, fino a Kharkiv, a pochi chilometri dal confine russo.
Il nostro gruppo era composto da 110 volontari e volontarie di 35 associazioni italiane: Azione Cattolica, ACLI, ANCI, MoVI, MASCI, AGESCI, Base Italia, Fondazione Gariwo, Piccoli Comuni del Welcome, Reti della Carità, Progetto Sud, Ordine Francescano Secolare, Ecoistituto ReGe e molte altre. Siamo saliti su un treno attraversando un Paese in guerra, tra allarmi antiaerei, esplosioni, droni e missili.
Questa missione è stata costruita con mesi di lavoro, incontri online e relazioni con la società civile ucraina. Il nostro obiettivo era chiaro: chiedere all’Europa l’istituzione dei Corpi Civili di Pace, perché la pace va costruita anche – e soprattutto – senza armi.
2. Nel Cuore del Conflitto: Dall’Italia a Kharkiv
A Kharkiv siamo arrivati dopo una lunga traversata da est a ovest del Paese, proprio nelle notti in cui l’Ucraina veniva colpita da attacchi massicci. Abbiamo visitato università, partecipato a incontri con amministratori locali, lavoratori, volontari, religiosi e religiose.
A Kharkiv abbiamo incontrato il rettore di una delle 23 università della città – che non ha mai smesso di funzionare, se non per due settimane dall’inizio dell’invasione. Nonostante i 24 bombardamenti subiti, le attività sono proseguite. Alcune imprese distrutte stanno lentamente ricostruendo grazie ai lavoratori che, con coraggio, raccolgono fondi per ricominciare.
La società civile ucraina è viva, reattiva, tenace. Abbiamo incontrato le autorità religiose – il nunzio apostolico Visvaldas Kulbokas, il vescovo cattolico, quello greco-cattolico e quello ortodosso – con cui abbiamo pregato al cimitero per onorare i caduti. L’Ucraina si difende da 1.319 giorni con un unico desiderio: appartenere all’Europa.
3. Il Viaggio tra le Bombe: L’Attacco del 4-5 Ottobre
La notte tra il 4 e il 5 ottobre è stata una delle più difficili.
Il nostro treno ha attraversato il Paese sotto un pesantissimo attacco russo: droni, bombe a grappolo, missili da crociera X-101 e ipersonici Kinzhal. Leopoli è stata colpita duramente. Il treno si è fermato per ore in attesa che l’intensità dei bombardamenti diminuisse. Le esplosioni illuminavano il cielo, il fumo saliva, la contraerea reagiva senza sosta.
Grazie alle app di allarme usate quotidianamente dagli ucraini, abbiamo seguito in tempo reale l’evoluzione dell’attacco: prima a Zytomyr, poi a Rivne, quindi a Leopoli. Abbiamo potuto proseguire solo quando il personale ferroviario, in contatto con le autorità, ha ritenuto sicuro ripartire verso il confine.
4. Il Dolore delle Donne: Da Cracovia a Kyiv
30 settembre – 1 ottobre 2025
Il nostro viaggio è iniziato con un ritardo, ma già a Cracovia abbiamo avuto un primo incontro significativo. Anna, una giovane polacca, ci ha guardate con stupore quando le abbiamo detto che volevamo arrivare fino a Kharkiv, a pochi chilometri dal confine. Ci ha parlato di un suo amico ucraino, fuggito a Cracovia dopo che suo padre era morto nei primi bombardamenti. Lavora instancabilmente per mantenere i figli e farli studiare.
Arrivate a Kyiv dopo una notte in treno, ci siamo immerse immediatamente nella quotidianità di una città che, pur colpita dalla guerra, non si ferma. In treno abbiamo viaggiato con tante donne che tornavano a casa, viaggiavano da una città all’altra. I loro volti raccontano dolore, stanchezza, ma anche determinazione.
A Piazza Maidan ci siamo fermate in silenzio. I volti delle giovani ucraine sono segnati da tre anni di guerra. Abbiamo scelto di esserci con i nostri corpi, come ha detto il nunzio Visvaldas Kulbokas: “Non possiamo lasciare la storia solo nelle mani dei politici. Dobbiamo prenderla anche noi.”
Le donne sono ovunque, con dignità, forza e coraggio, a ricostruire ogni giorno. Kyiv ci ha accolte con le sue ferite e la sua energia viva.
5. Donne Mediatrici: Giustizia Riparativa e Resilienza
2 ottobre 2025
“Voi non sapete cos’è la guerra”, scriveva la giovane Yeva, costretta ad abbandonare Kharkiv. Con lei oggi c’è Marina, anche lei originaria di quella città martoriata. Lo abbiamo capito davvero anche noi, quando, durante la notte, la guerra si è fatta concreta: sirene, allarmi, droni, esplosioni.
Abbiamo iniziato la giornata in Piazza Maidan, tra le bandiere e i volti giovani dei martiri. Le donne pregavano in ginocchio, tra le lacrime. Poi siamo entrati nella basilica cattolica di Kyiv, dove uno di noi ha pregato forte per le 52 guerre oggi in corso nel mondo.
Nel pomeriggio la chiesa si è trasformata in uno spazio di dialogo. Le straordinarie donne dell’Institute for Peace ci hanno raccontato il loro lavoro sulla giustizia riparativa: sono mediatrici, pedagogiste, psicologhe. Hanno operato anche in Crimea. Il loro impegno è per una pace che nasce dal basso, con l’educazione, la mediazione, il dialogo.
Rusiana Havryliuc, dell’Università di Černivci, ci ha parlato di laboratori educativi su mediazione, negoziazione e arbitrato. Tutto questo mentre droni e missili attraversano il cielo. Il loro obiettivo: “Ripristinare le relazioni umane, trasformare il conflitto in risorsa, promuovere il dialogo anche in tempo di guerra.”
Queste donne rappresentano la migliore società civile europea. Il dialogo è il loro strumento, non le armi. E con loro il MEAN chiede all’Europa di inviare Corpi Civili di Pace, come proponeva Alexander Langer: dove la sicurezza nasce dalle relazioni, dalla fiducia, dalla corresponsabilità.
6. Kharkiv: Vita sotto le Bombe
2–4 ottobre 2025
Siamo arrivate a Kharkiv dopo le 21. La stazione era deserta, buia. La luna illuminava debolmente la grande piazza. Poi, d’improvviso, una musica: tre giovani erano venuti ad accoglierci con canzoni ucraine. Emozione, paura, gratitudine.
Sui pullman, telefoni spenti, tende abbassate, luci oscurate. In città, un drone impiega 20 secondi a colpire dal confine russo. Appena arrivate negli alberghi, ci hanno chiesto di disattivare i dati mobili: un numero alto di cellulari italiani avrebbe potuto diventare un bersaglio.
Gli allarmi antiaerei erano continui. Alcune di noi sono scese nei bunker con le sirene ancora in funzione. Sedie, poltrone, qualche coperta: lì abbiamo trascorso la notte, tra una notifica e l’altra su Telegram. Gli allarmi più intensi erano tra le 23 e le 5. Chi osava salire per una doccia, tornava subito giù.
Alle 8 del mattino, abbiamo partecipato alla Messa del Giubileo nella cattedrale. Il nunzio ci ha guidato con parole di speranza: “Questo è il Giubileo della Speranza.”
Poi, in silenzio, ci siamo spostati alla cattedrale greco-ortodossa. Le preghiere erano tutte rivolte alla salvezza del popolo ucraino: “Salva la nostra Ucraina. Manda il tuo Spirito sull’intero popolo.”
La città è ordinata, pulita, piena di verde. Gli autobus sono gratuiti, per facilitare lo spostamento verso i rifugi. La Chiesa greco-ortodossa ha trasformato la nuova basilica in costruzione in un magazzino di solidarietà: lo chiamano “Punto dell’Invincibilità”, dove ogni settimana si aiutano circa 2.000 persone.
L’immagine di un’anziana signora che ci offre il tè caldo in una baracca allestita con tappeti e tavoli resterà con me per sempre. Kharkiv ci ha mostrato cosa significa resistere
7. I Cimiteri dei Giovani: La Preghiera e il Silenzio
4 ottobre 2025 – Kharkiv
Ripartiamo per proseguire il nostro itinerario. La destinazione è uno dei più grandi cimiteri della zona. Ci accoglie un paesaggio spazzato dal vento e attraversato da migliaia di bandiere ucraine che sventolano sulle tombe.
In un solo anno, il cimitero si è riempito di giovani caduti per difendere il proprio Paese. È uno scenario straziante: chilometri di tombe, volti giovani, storie spezzate. Ognuno di noi porta un garofano e una rosa rossa. Le deponiamo in silenzio su una tomba.
Io mi fermo davanti a quella di una ragazza nata nel 2000, morta nei primi tre mesi di guerra. Neanche 25 anni. Dal suo volto si percepiva amore per la vita.
Insieme al nunzio apostolico e al primate greco-ortodosso, abbiamo pregato.
La commozione è profonda. Un silenzio pesante, che non dimenticheremo.
8. L’Università in Guerra: Sapere e Resistenza
4 ottobre 2025 – Kharkiv
Visitiamo una delle 23 università di Kharkiv. Siamo accolti al Dipartimento di Urbanistica, dove operano circa 10.000 persone tra studenti e docenti. Il rettore ci accoglie con parole toccanti.
“La guerra è il male assoluto. Non uccide solo persone, ma anche le idee e la cultura. Noi continuiamo a resistere con l’istruzione.”
Ci mostrano le aule colpite 24 volte e sempre rimesse in funzione. Ci raccontano dell’aula multimediale, dei laboratori, delle studentesse che ogni giorno sfidano la morte per continuare a formarsi.
La prorettrice ci parla con orgoglio del modello di didattica e ricerca, dell’innovazione, dell’assistenza personalizzata agli studenti. Hanno persino un docente vincitore del Premio Nobel.
Poi ci mostrano un grande murale con il logo del MEAN e ci chiedono di firmarlo.
“La vostra presenza ci impedisce di sentirci abbandonati.”
Alla fine, ci prendiamo tutti per mano – docenti, studenti, attivisti – e formiamo tre cerchi intrecciati, simbolo del Terzo Paradiso, grazie alla presenza della Fondazione Pistoletto.
9. Il Concerto: Bach nel Teatro Sospeso
4 ottobre 2025 – Teatro dell’Opera di Kharkiv
La sera ci attende un evento eccezionale: un concerto al magnifico Teatro dell’Opera di Kharkiv. È la prima volta che viene riaperto dall’inizio della guerra.
Sul palco, un organo di 17 metri con 5.700 canne.
Il maestro inizia a suonare. Le note di Bach riempiono la sala, toccano le corde dell’anima. Marina, la nostra traduttrice, ci guida con sensibilità. La conduttrice del concerto guarda con amore una persona in sala: suo marito, in congedo dal fronte solo per poche ore.
L’emozione è tale che chiediamo un bis. Ci alziamo tutti in piedi per un lunghissimo applauso.
Una donna dell’organizzazione ci racconta che il ricavato servirà a coprire in parte i costi dell’elettricità del teatro per un mese.
È tardi. Torniamo in albergo sotto nuove sirene. Ma finalmente, nella nostra app, appare la scritta:
“Air alert is over in Kharkiv.”
Il verde della notifica è un piccolo segno di speranza.
10. L’Ultimo Viaggio: Verso la Polonia, sotto le Bombe
4–5 ottobre 2025
Sapevamo che il ritorno sarebbe stato lungo. Sul nostro treno veloce arriviamo a Kyiv verso le 18. Alcuni di noi fanno una corsa a vedere Piazza Santa Sofia, altri si fermano in stazione per un momento di riposo.
Stiamo con Marianella, Don Giacomo Panizza e Marcello Bedeschi. È stanco ma instancabile nel raccontare, tessere relazioni, scrivere messaggi anche al cardinale Zuppi. Mi racconta delle sue amicizie con Wojtyła, Piersanti Mattarella, Leopoldo Elia.
Alle 21.09 partiamo. Il treno è puntuale, anche in guerra. Attraversiamo la vasta pianura ucraina. Alle 3 del mattino si ferma. Pensiamo sia una sosta tecnica, ma è in corso un attacco massiccio su tutto il Paese.
Sentiamo esplosioni, la contraerea in azione, droni abbattuti. Nicoletta e Giovanna leggono i salmi della Liturgia delle Ore. Paolo Bergamaschi ci racconta di aver visto i colpi illuminare il cielo.
Dopo due ore, il treno riparte. Attraversiamo Leopoli ancora sotto attacco. Finalmente raggiungiamo il confine con la Polonia.
I giornali parlano del treno con i “110 italiani sfiorati dai droni”. Ma su quel treno c’erano migliaia di persone, soprattutto donne.
Donne che rientrano nel terrore, che pagano ogni giorno il prezzo della guerra: la separazione, il dolore, la paura.
La guerra è l’abisso dell’umanità.
Dobbiamo capovolgerne la logica, come ci ha ricordato il nunzio apostolico:
“Riprendete in mano le redini della storia.”
Conclusione
Tornando a casa, oltre il confine polacco, con il treno alle spalle e le sirene ancora nelle orecchie, una domanda torna insistente: perché siamo andati in Ucraina?
Siamo andati perché credere nella pace oggi è un atto radicale, coraggioso e necessario. Perché c’è una società civile – fatta di donne, studenti, anziani, sindaci, religiosi – che resiste senza odio, costruendo ogni giorno scuole, accoglienza, giustizia, speranza.
Siamo andati perché la guerra è troppo vicina per poterla ignorare. Perché la nostra Europa non può essere solo confini e burocrazia, ma deve diventare comunità di destino.
Abbiamo visto cosa significa vivere sotto le bombe.
Abbiamo ascoltato chi, nonostante tutto, non ha smesso di credere negli esseri umani.
Abbiamo portato con noi la proposta concreta dei Corpi Civili di Pace: donne e uomini che, con la forza della nonviolenza organizzata, possano accompagnare i processi di ricostruzione, riconciliazione e autodeterminazione.
Va coltivata, giorno dopo giorno, con gesti concreti, con il coraggio del dialogo, con la tenacia dell’umanità. E se anche questa missione è stata breve, ciò che abbiamo visto, vissuto e condiviso ci accompagnerà per sempre. Che nessuno si senta solo. Che nessuno resti indifferente.
Perché la pace ci riguarda tutti.
Pinuccia Montanari
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