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Dalle parole ai fatti

Dalle parole ai fatti

Politica/ Intervista a Bruna Brembilla - L’assessora all’Ambiente della Provincia di Milano racconta la sua esperienza. “Consiglierei di non assorbire il comportamento maschile”

Melchiorri Cristina Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2005

Quando ha deciso di fare carriera politica?
Da piccola, o meglio a 18 anni, quando ho lasciato la militanza cattolica che mi stava “stretta”, ho trovato naturale occuparmi di politica. Ricordo due episodi. Il primo: avevo iniziato a lavorare come insegnante di scuola elementare e mi è capitato fra le mani un documento della CGIL scuola, in cui mi sono completamente ritrovata. Il secondo, è stato nel periodo del referendum sul divorzio: ho trovato un volantino nella cassetta della posta che mi ha colpito molto. Ho cominciato così a interessarmi di politica. La ragione di fondo che mi ha mosso è stata “fare qualcosa di positivo” che andasse oltre me stessa e il mio nucleo famigliare. E l’impegno solo nel sociale mi pareva insufficiente, era la politica il luogo per eccellenza della partecipazione che fosse la CGIL o un partito. Furono i valori proposti da Berlinguer, quando decretò la fine del modello sovietico e mise in gioco il concetto dell’austerity, con un approccio “ideale non ideologico”

C’è stato qualche episodio specifico che le ha dato la “spinta”?
Sì. Mi occupavo di tempo pieno a Cesano Boscone, che aveva allora una Giunta DC. A metà dell’anno scolastico, iniziò una contestazione nei miei confronti per il mio modo di condurre il “tempo pieno”. Non poterono attaccarmi nel merito del mio lavoro, quindi fui accusata di “insofferenza nei confronti dell’Amministrazione Comunale”. Fui licenziata. La CGIL scatenò un “caso”, che arrivò fino al giudice. Il giudice si dichiarò non competente in materia e la causa si concluse così. Poi, il Sindaco mi mandò a chiamare dichiarandosi pronto a riassumermi e a pagarmi i due mesi di stipendio che mi spettavano. Quel denaro non l’ho mai ritirato.

Ha avuto qualcuno che l’ha sostenuta?
In primo luogo i valori di mio padre, che è mancato quando avevo 15 anni, e la sua fiducia in me: “puoi fare tutto quello che vuoi”, mi diceva. Solo dopo, mia madre ha accettato di avere una figlia “diversa” che faceva “cose maschili”. È stato soprattutto il mio partito a sostenermi, anzi la mia sezione che mi ha molto valorizzato e che, ancora oggi mi fa sentire importante. Ma anche il mio paese di 25.000 abitanti, mi ha dato valore.

Come è andata nel periodo in cui ha fatto la Sindaca a Cesano Boscone?
Ho l’immagine di un 8 marzo nella sede dell’UDI di via Bagutta a Milano e il gruppo delle donne che manifestava con un legame di sorellanza che ricordo ancora. Così è nata l’idea di costituire l’UDI nel mio comune titolandolo a Sibilla Aleramo. Eravamo un gruppo di amiche molto saldo, alcune di queste più grandi di me anche di dieci o vent’anni. Da Sindaca le amiche si sono un po’ staccate. Stavo in un contesto troppo “maschile” per loro e ho vissuto quella fase con grande solitudine. Ricordo però alcuni grandi momenti, come il congresso del partito a Milano, concluso dalla grande personalità di Giorgio Amendola e Novella Sansoni, mitica Presidente della Provincia di Milano. In quel periodo ho riallacciato i rapporti con il mondo cattolico e ho costituito una giunta “anomala” coinvolgendo esponenti di partiti diversi dal PCI.

Come ha conciliato vita pubblica e privata?
Ho conciliato grazie alla mia famiglia, a mia madre soprattutto, che mi ha aiutato a crescere mia figlia, ma anche grazie alla squadra di giunta: mi spostavo ogni 30 ore per allattare mia figlia e per loro non c’era problema. Nessuno me l’ha mai fatto pesare.

Sente di aver rinunciato a qualche cosa come donna?
All’inizio nel mio partito, il PCI, sembrava che non ci fosse una distinzione di sesso: non eravamo uomini e donne ma militanti “asessuati”. Per un certo periodo anch’io mi sono comportata così. Ma mi sentivo parte di un progetto comune. Forse posso dire di aver rinunciato alla laurea. Non avevo il tempo per fare tutto.

Come è il suo rapporto con il potere?
Il potere è indispensabile, ma lo devi gestire, non farti gestire. Le persone che disprezzano il potere spesso lo subiscono. Ma il potere è più maschile che femminile. Hai visto gli uomini di potere? Sono considerati affascinanti e oggetto di desiderio. Le donne di potere no, fanno paura…

Che consigli darebbe a una giovane donna che vuole fare il suo percorso?
Di restare una persona completa!

In che senso?
Mai visto un uomo impegnato in politica rinunciare per questo ad avere moglie e figli. Se guardi invece alle donne che occupano ruoli di potere vedrai che spesso sono single. Consiglierei anche di non assorbire il comportamento maschile della politica, troppo baricentrata sul potere, che è uno strumento, non un obiettivo! Ed anche di essere sempre molto aperta all’ascolto e al cambiamento. Di restare ancorata sull’ideale senza scivolare verso l’ideologico. Di cercare di cambiare le regole conoscendole e padroneggiandole.

Quali aggettivi userebbe per definire se stessa?
In primo luogo direi che sono una donna!

Direbbe “femminile”?
Non solo, la femminilità è solo una parte dell’essere donna. Per me significa appartenere al genere delle donne. Mi sono ritrovata molto nelle lotte contro gli stereotipi che riconducevano la donna a essere o moglie o figlia, nelle lotte per affermare il diritto al desiderio e a vivere le molte sfaccettature di essere anche madre, e per la libertà di una piena espressione, che poi significa avere un’autonomia economica e culturale. Poi direi che sono solare e forte e determinata. Aggiungerei anche che sono ricettiva ai messaggi interessanti, sono disponibile a metabolizzarli e, se convinta, a cambiare idea. Ambiziosa, per alcuni forse troppo.

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