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Dalle bici ai motorini con i cappelli di rafia

Dalle bici ai motorini con i cappelli di rafia

Vietnam - Ritorno in Vietnam dopo venti anni. Le impressioni di viaggio in un paese in crescita e ancora molto legato alle sue tradizioni

Costanza Fanelli Lunedi, 03/02/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2014

Sono tornata in Vietnam dopo oltre 20 anni. Allora ero ospitata da una organizzazione di donne, l’Unione Donne Vietnamite, ancora operante oggi, e lo scopo era di attivare uno scambio di conoscenza reciproca per pensare a progetti di promozione della loro situazione in particolare nel campo della creazione di opportunità di reddito e di lavoro per le donne. Il clima che si respirava era di un paese in condizioni economiche e sociali difficilissime ma con un forte sguardo al futuro, desideroso soprattutto di aprirsi. La nostra attenzione era tutta concentrata per capire un paese, che era stato tanto importante nelle vicende politiche di una generazione, che usciva da un lungo e durissimo periodo prima di guerra e poi di dolorosa e difficile riunificazione e di grande isolamento.

Oggi puoi vedere cosa è divenuto il Vietnam nella sua complicata ricerca e costruzione in questi anni di una normalità tanto desiderata. Uno sviluppo economico incredibile soprattutto se si guarda alle percentuali di crescita di PIL e di popolazione mentre l’apertura ha portato anche il Vietnam nei meccanismi noti della globalizzazione, in particolare in quella globalizzazione che si sta imponendo nei paesi dell’Oriente, fatta di crescita ma anche di diseguaglianze, di omologazione attorno a certi consumi e prodotti, di schiacciamento di tradizioni culturali e produttive, di disequilibrio tra sviluppo delle opportunità economiche e di lavoro e le condizioni sociali (salute, ambiente, scuola).

Oggi il Vietnam è diverso per molti aspetti, ma ho rivisto immagini di una certa continuità, soprattutto fuori delle città, nel Vietnam dei campi allagati e delle foci fluviali, immagini dei tanti piccoli villaggi immersi in fitte vegetazioni. Tanto lavoro manuale, faticoso e in condizioni ambientali e sociali aspre. Tante donne (ma anche uomini) immerse e chine nell’acqua fangosa con i loro caratteristici cappelli di rafia. Tanti bambini in giro anche in orari in cui avrebbero dovuto stare a scuola. Ma oggi a differenza di allora il Vietnam è anche un paese turistico che accoglie migliaia di persone all’anno che vanno ad ammirare le grandi bellezze naturali e storico-artistiche. Vanno per scoprire che il Vietnam ha una storia con radici lontane, ha una sua identità culturale e artistica, ben aldilà della sua più recente storia di paese colonizzato prima dagli europei e poi invaso e distrutto dagli americani. Identità che sono frutto di processi autoctoni, di influssi di altri paesi e culture e religioni (induismo, buddismo, taoismo) dei paesi vicini, ma anche delle resistenze che i vietnamiti hanno opposto periodicamente alle molte invasioni che hanno subito. Tutto questo lo si può vedere attraverso i monumenti restaurati e nei musei. Il Vietnam che ti rimane negli occhi è però quello della vita caotica, colorata, dinamica delle sue città, il flusso interrotto di persone e mezzi a due ruote, e all’opposto la calma piatta e liquida delle sue immense campagne sommerse di acqua, verdissime di piante di riso, piante acquatiche, vivai di crostacei e pesci, interrotti sempre di più oggi da grandi orti ordinati dove si coltivano tutte le ricche varietà di prodotti vegetali che si trovano nei magnifici mercati e che caratterizzano la loro fantastica cucina.



Hanoi

L’onda impetuosa e continua di motorini che invade le strade di Hanoi, ha sostituito quella delle biciclette di 20 anni fa: quasi nessuna macchina, intere famiglie arrampicate sulle due ruote, carichi viaggianti incredibili sempre su due ruote, ma ancora tanti risciò a pedali, non solo per i turisti, che permettono di attraversare illesi i vecchi quartieri nell’incredibile folla umana. Meno donne con i famosi pesanti carichi sui cestini a bilancia sulle spalle, ma sempre tantissime donne in movimento e sui mezzi più incredibili con prodotti da vendere o per il consumo delle loro famiglie. Gli abiti tradizionali (cioè camici e pantaloni morbidi) sostituiti per lo più da jeans e magliette. I piccoli commerci sui lati e marciapiedi delle strade oggi si sono trasformati in una continuità incredibile di negozietti e botteghe per lo più ancora essenziali per l’attrezzatura ma con ogni tipo di prodotti e attività, interrotti improvvisamente da punti commerciali moderni con sigle e marchi tipici della globalizzazione. Il “fast food” in Vietnam è la cosa più diffusa, alla portata di tutti, piccoli carrelli predisposti per cuocere zuppe e cibi di vario tipo, tavolini con piccolissime sedie che compaiono e scompaiono sul marciapiede velocemente a seconda delle esigenze. Dentro e dietro a ogni bottega c’è però anche una casa, una famiglia. Le case in città come quelle di nuova costruzione nei centri minori di campagna si estendono tutte in profondità. Dietro alla parte che si affaccia sulla strada, come un proscenio, ci sono un insieme di stanze direttamente comunicanti una dietro l’altra dove si svolge la vita e l’attività del nucleo familiare, quella commerciale e di lavoro, quella privata, senza discontinuità. Solo le famiglie con più mezzi dispongono anche di spazi ai piani superiori. La sera con le luci è più visibile questa vita a strati, camminando dietro le botteghe scorgi gli interni di vita familiare, le televisioni accese incastrate come quadri in credenze imponenti di legno, davanti a ogni ingresso gli altari colorati dedicati agli antenati della famiglia.

Quello del culto dei familiari morti è una delle cose che colpisce di più in Vietnam, è qualcosa che unisce tutti, chi sta in città e chi sta in campagna, chi è ricco e chi è povero, un culto radicato e forte che convive con le religioni presenti, in particolare con quella buddista. Ogni casa ha un tempio dei familiari, di dimensioni e aspetto diversi, con immagini, lumi, fiori, frutta e oggetti di offerta sempre rinnovati. Che dà alla famiglia, realtà centrale nella vita sociale, economica di questo paese un valore particolare e fa di questo un elemento di oggettiva continuità con il suo passato e le proprie tradizioni. Nei mercati c’è sempre un settore dove vi vende e si acquistano oggetti dedicati al culto dei familiari scomparsi. Hanoi è il centro amministrativo e burocratico, è il volto ufficiale del Vietnam, quel volto “centralistico” che il Vietnam del Sud ha fatto molta fatica a riconoscere come parte di una stessa idea di paese. Ad Hanoi c’è il mausoleo stile sovietico di Ho Chi Minh ma il vero luogo di culto popolare per questo padre della patria è la piccola casa in legno immersa nel verde dove ha trascorso gli ultimi anni della sua vita svolgendo là anche la sua attività di statista e che si fece costruire riproducendo quella tipica dei contadini dove era nato.

Ma in Hanoi si riconosce anche uno dei centri che hanno svolto nei diversi tempi un ruolo fondamentale di elaborazione e produzione della cultura civile e religiosa del Vietnam: simbolo per tutti il magnifico Tempio della Letteratura. Il grande Lago che segna il punto centrale della città e al cui centro sorge, su una piccola isoletta, un magnifico Tempio frequentatissimo da famiglie e da giovani. mantiene lo stesso fascino sacro e antico che mi aveva colpito venti anni fa.

(fine prima parte, la seconda nel prossimo numero)



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