Giovedi, 11/07/2019 - Venti anni di carcere al marito Claudio Logli. I figli hanno sempre difeso il padre, nonostante le accuse richiamino a un movente reale e fattibile. Queste le notizie al tg1 delle ore 8,00 dell'11 Luglio 2019. Una storia drammatica di una madre che mai avrebbe abbandonato i suoi figli, come dimostrano le testimonianze dei famigliari di lei, una storia di figli che decidono di difendere il padre.
Mi soffermo a ragionare su questo particolare, che non è un dettaglio. Come donna fondatrice del comitato “Donne in fermento” che contrasta la violenza di genere, mi trovo spesso di fronte a figli che decidono di convivere col maltrattante, con chi ha violato i diritti inalienabili della donna, della propria compagna, della propria madre.
Rimane ben limpido nella mia testa il pensiero di Filomenta Lamberti, la donna salernitana sfregiata dal marito con l'acido. Eppure il marito non era un talebano, era un semplice pescivendolo di Salerno. Filomena nel suo racconto espresso nella serata del 6 Luglio 2019 a Lizzano (TA) dice: “dopo che sono stata sfregiata dal loro padre, i miei figli erano disperati per ciò che mi era successo, per il mio viso deturpato; non riescono ad accettare una mamma così”. Solo uno dei miei tre figli ha avuto il coraggio di testimoniare alla docu-fiction 'Amore Criminale' di Rai 3. E poi c'è da dire che lui con i figli non è stato mai violento”.
Un padre che non è violento con i propri figli ma che è violento con la madre di questi, se dobbiamo analizzare la cosa, è sempre violento anche con loro, che assistono alle umiliazioni e maltrattamenti della madre.
Eppure questi nostri figli diventano sfuggenti, quasi impossibilitati a riconoscere nel proprio padre un criminale. È troppo devastante. La mamma è svilente nel suo ruolo di vittima. Difficile risulta la loro immedesimazione nella persona mortificata.
E le stesse donne tendono a pensare che in fondo lui non è cattivo, è solo geloso, sottovalutando i reati che si consumano nelle pareti domestiche.
Invece non è gelosia, ma godimento per avere in mano una persona, per poterne fare quello che si vuole. Maltrattare per sottomettere e domare. Utilizzare l'amore che la donna ha per la propria famiglia per picchiare e schernire. Tanto sa che rimane lì. E se poi tenta di andare via si utilizza la strada del vittimismo (mi uccido) o della carneficina (ti uccido).
Il primo no di Filomena è stato quando il marito le ha intimato di cancellarsi da fb. E lei ha voluto essere ferma, per la prima volta sul suo no. Da qui il putiferio, denunce alla moglie perché aveva un amante attraverso fb, per poi arrivare all'acido in faccia. Si può arrivare a questo orrore? Se guardate la foto di Filomena e il suo viso che frigge, gli occhi che escono fuori dalle orbite, il tubicino in bocca messo dai medici ospedalieri per respirare, vi verrà da piangere. Le lacrime escono da sole per un essere umano ridotto come un animale nel macello. Per mano del marito...geloso che per trenta anni l'aveva perseguitata perché vedeva amanti in ogni posto. Per non essersi cancellata da fb lei era una poco di buono. Aveva certo un amante. Per altre donne scatta la punizione per non aver smesso di cantare, o di scrivere o fare teatro. Nel Sud si muore ancora per questo, nei nostri piccoli paesi come Carosino, Lizzano, Grottaglie, Taranto, Martina, si soffre ancora per questo.
Inseriti come capi di accusa e come ipotesi di reato e di dubbia moralità il portare i pantaloncini da jogging mentre si fa jogging. Dare il latte al gatto in canotta e short. Sembra impossibile ma succede che alcuni avvocati li citino come capi di accusa, affermando che una cosa è il Diritto, un'altra è un codice di comportamento che va rispettato nei piccoli paesi, dove ci sono leggi non scritte. Questo dobbiamo sentire e leggere negli atti nel 2019; c'è tanto sommerso, e tanti in toga che non hanno ancora l'idea che i coniugi hanno pari dignità. Dovrebbero fare tanti corsi di formazione e aggiornamento. Questo il nostro caloroso invito.
La paghiamo cara la libertà noi come Filomena, Elena, Francesca, ma “la libertà non ha prezzo”, dice fortemente e con orgoglio Filomena.
Al marito sono stati dati solo 15 mesi di carcere. Che vergogna. Non è stato giudicato per tentato omicidio ma per lesioni, e neanche gravissime a quanto pare. Ma che storia è? La storia va riscritta e chi ha affrontato il dolore può trasformarsi in strumento di pace e di liberazione. Come Filomena. Come me.
Elena Manigrasso
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