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Dalla parte delle Battagliere

Dalla parte delle Battagliere

- Marilù Oliva, la scrittura deve sfatare miti

Camilla Ghedini Martedi, 30/06/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2015

Per Marilù Oliva la scrittura è uno sguardo sul mondo a cui lei non vuole, non può, non riesce a sottrarsi. Alle parole lei vuole affidare la realtà, nelle sue angolazioni e degenerazioni, sfatando il mito - in primis - della bellezza. Lei sta dalla parte delle battagliere, “che vivono, cadono, si rialzano, ridono”. E alle donne, che oggi vede spesso “smarrite, affaticate” e forse addirittura sul punto di perdere “parte dei diritti faticosamente conquistati”, ha dedicato tanta della sua produzione, aggiudicandosi benemerenze importanti e squarciando il velo su temi prima inesplorati. Tra questi la vecchiaia, trattata ne Le Sultane (Elliot, 2014), di cui sono protagoniste tre arzille signore residenti a Bologna in un condominio di via Damasco. Mamme, mogli e nonne che ancora desiderano, sperano, ne combinano di grosse facendo un cosiddetto 'baffo' agli inquilini giovani. E questo quando l'anzianità è nella percezione comune “declassata” o nel migliore dei casi “ritenuta inopportuna”, quasi non ci toccasse, quasi potessimo evitarla, quasi fosse un'opzione. È questa la cifra di Oliva, ricordarci chi siamo, da dove veniamo, che moriremo. Un'operazione 'verità' già attuata con la trilogia dedicata alla Guerrera, donna forte e determinata ma non per questo invincibile e desiderabile, tant'è che l'autrice le ha assegnato un viso butterato, un aspetto tutt'altro che filiforme e un modo di vestire piuttosto trash. Tutto ciò che è 'ideale' Oliva lo dissacra. “A parlare solo di bellezza si gioca facile, o comunque più facile, perché il lettore non si sente aggredito, ma rassicurato. Io credo si debba rischiare. Poi so bene che ogni volta che ci si esprime appieno ci si espone, si offre il fianco”. Ma va bene così. E a lei è sempre andata bene così. Tant'è che persevera spingendosi oltre l'interpretazione, oltre l'alterazione, oltre la provocazione. Col suo nuovo romanzo, Lo Zoo (Elliot) - seconda tappa di una quadrilogia sul tempo cominciata con Le Sultane -, sfida se stessa. Imprigiona i personaggi, li rinchiude in gabbie, li esaspera nelle deformazioni fisiche e nelle frustrazioni esistenziali. Ci sono l'Uomo Scimmia, la Donna Anfora, l'Angelo ermafrodito - attorno alla cui sparizione tutto ruota -, El Pequeno, la Sirena, il Ciclope, la Strega. Poi c'è la Contessa, 'padrona' dello zoo che ha fatto allestire nella sua tenuta ma 'schiava' della chirurgia estetica e della falsa promessa dell'eternità. E attorno, una serie di personaggi 'maschere', mossi da istinti e interessi, contemporaneamente potenti e schiavi, obbliganti e obbligati, abusanti e abusati.

Esattamente come le vittime in 'cella', lì racchiuse per quel loro 'difetto' che per i carnefici è 'vanto'. Con un'ambientazione sul mare, più precisamente nel salento, in Puglia, a Pescoluse, Oliva ha costruito una grande allegoria della vita, della società e dell'uomo. Ha descritto la bruttezza esteriore e la brutalità interiore, portando tutto agli estremi. Ci sono i sentimenti negativi, come la frustrazione, la sopraffazione, il senso di inadeguatezza, il desiderio di prevaricazione. E ci sono quelli positivi, come l'anelito al riscatto, il rispetto, l'amicizia, la voglia di ribellarsi. “La tensione verso la libertà”, che appartiene a tutti, seppure il concetto di libertà, al secolo, andrebbe rivisto. Poco meno di 200 pagine con prestiti tanto da Omero quanto dallo Show dei Record. Oliva è consapevole di avere osato. Perché il filo rosso della narrazione, di ogni sua narrazione, è il concetto di 'normalità', strettamente connesso a quello di 'diversità', su cui l'autrice stessa ha riflettuto scrivendo, “perché le risposte da sempre me le danno i protagonisti. Io prima avevo una mia idea, forse riduttiva”. Certo è che Lo Zoo è un testo corale e di rottura frutto di una stanchezza già manifestata verso l'omologazione che imperversa. Tutti abbigliati uguale, a parlare uguale, a sognare uguale. Anche per questo lei distrugge per induzione consolidati luoghi comuni, come che le persone più vulnerabili sono più buone, per il sol fatto che pensarlo fa stare meglio noi. In un'epoca di individualismo ed egocentrismo i suoi libri non permettono nessuna forma di auto assoluzione e redenzione, perché Oliva ci butta davanti allo specchio, rivelandoci quello che siamo ma anche quello che potremmo diventare senza gli argini dell'educazione e della protezione che un corpo normale e una vita normale ci garantiscono. Con Lo Zoo, Oliva, ancora una volta, non ci suggerisce emozioni da provare, siano esse di empatia o ribrezzo, vicinanza o allontanamento, richiesta di perdono o auto flagellazione. Semplicemente e drammaticamente svela un'altra umanità, che potrebbe essere a un passo da noi o dentro di noi. Perché nello Zoo ci siamo tutti, talvolta animali in gabbia, talvolta spettatori. C'est la vie.

 



Contro il femminicidio

Marilù Oliva ha curato nel 2013 l’antologia Nessuna più – 40 autori contro il femminicidio (Elliot) patrocinata da Telefono Rosa. Un'esperienza che l'ha profondamente colpita “perché - conferma - ho potuto verificare il sommerso, ossia donne che hanno subito violenza ma sfuggono ai numeri e alle statistiche perché non denunciano”. La strada ancora da compiere secondo lei è tanta, anche se va detto che “già parlare di femminicidio è un traguardo che consegna consapevolezza alle nuove generazioni. Un tempo si taceva e basta”. La parola chiave, per lei, è “educazione” a un rispetto che non tocca solo le donne, che devono pretenderlo, ma anche gli uomini, che devono manifestarlo. E questa educazione va impartita fin da bambini. “I femminicidi non riguardano solo le vittime, ma i mariti, i figli, che ad un tempo perdono la madre e il padre”. Lei, che insegna lettere alle superiori, sostiene che “andrebbe inserita un'ora di educazione al corpo”. Marilù Oliva vive a Bologna. Ha scritto cinque romanzi, di cui tre dedicati al personaggio della Guerrera: ¡Tú la pagarás! (Elliot, 2011), finalista al Premio Scerbanenco, Fuego (Elliot, 2011) e Mala Suerte (Elliot, 2012), gli ultimi due vincitori del Premio Karibe Urbano per la diffusione della cultura latino-americana in Italia. Sempre per i tipi Elliot, nel 2014 è uscito Le Sultane (Elliot, 2014), che ha riscosso unanime successo di critica. Ha pubblicato racconti per il web e testi di saggistica, ha collaborato alla stesura dei manuali scolastici di storia per le Edizioni Cappelli. Ha scritto un saggio su Gabriel García Márquez: Cent’anni di Márquez. Cent’anni di mondo (CLUEB, 2010). Collabora con diverse riviste letterarie online, tra cui Carmilla, Thriller Magazine, Marie Claire. È caporedattrice di Libroguerriero.

 

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