La commissione di inchiesta del Lazio ispezionerà meglio l'inquietante caso della gestante che ha scoperto, al quarto mese di gravidanza, di avere in grembo gemelli "non suoi"
Domenica, 13/04/2014 - Ora che la Regione ha indetto la chiusura dell'Unità di Fisiopatologia per la Riproduzione e Sterilità del "Sandro Pertini" di Roma, la commissione di inchiesta del Lazio ispezionerà meglio l'inquietante caso della gestante che ha scoperto, al quarto mese di gravidanza, di avere in grembo gemelli "non suoi".
Crescersi dentro due gemelli di un'altra coppia dev'essere, per una madre, un'esperienza al limite del pensabile. Ma oggi può succedere anche questo per un semplice "errore umano": un banale scambio di provette.
Uno scambio "imperdonabile", ovviamente, che il protocollo delle direttive europee scongiura con rigore intransigente e assoluta severità, proprio per tutelare la "tracciabilità" del materiale biologico.
Ma, direttive a parte, cosa dire a questa madre, ospite di embrioni estranei?
Nei termini giuridici, la confusione di questa circostanza si pone tra "fecondazione omologa" (con materiale biologico della coppia stessa) e "fecondazione eterologa" (con materiale biologio altro); tuttavia, il vissuto personale - materno e filiale - che c'è dietro a queste parole supera le possibilità della "logica", direbbe uno come Sofocle.
C'è qualcosa di veramente tragico in questo "umano scambio di provette", qualcosa che ricorda i rimproveri mossi al maturo e arrogante Edipo dal veggente Tiresia. "Ascolta, m’hai chiamato cieco, m’hai deriso. Tu, con i tuoi occhi spalancati, invece, non vedi in che bassezza sei, a chi ti leghi, in quale cerchia vivi, perché non conosci le tue stesse radici".
La bioetica, adesso, ci appare sempre di più come una cristalleria angusta in cui ci muoviamo al buio e a tentoni, in modo inevitabilmente sbadato e approssimativo; tanto che verrebbe da riflettere realisticamente, cioè meglio e più umilmente, sulle possibilità che sono legate alla nostra fallibile condizione.
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