Focus - Diritto di famiglia, 40 anni dopo/4 - La politica ignora le unioni variamente composte e anche l’Europa sollecita l’Italia a riconoscere le coppie di fatto e omosessuali
Marta Mariani Domenica, 06/09/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2015
Parlare del diritto di famiglia significa fare riferimento a quell'insieme di norme tese a disciplinare: il matrimonio, il rapporto fra i coniugi, la filiazione e l'adozione. Si tratta di diritti certamente imperniati sull'istituzione del matrimonio, contenuti nel Codice Civile e scanditi in 14 titoli sostanzialmente rimaneggiati dopo l'importantissima riforma del '75. D'altra parte, per quanto illuminato, il corpus giuridico della riforma del '75 è per molti versi datato poiché si focalizza esclusivamente sulla famiglia “legittima”, risultando così obsoleta per ciò che concerne le famiglie “di fatto”, ovvero quelle unioni costituite da persone che, pur non essendo sposate, convivono e/o assolvono ruoli genitoriali.
Se partiamo dall'idea che l'istituto della famiglia debba soddisfare bisogni fondamentali dell'individuo quali il completamento della sua personalità, la scelta di un compagno di vita, la procreazione e la socializzazione della prole, possiamo osservare che il diritto italiano ha ancora numerose carenze cui rimediare.
Lo stesso Paolo Ungari, intellettuale, deputato, socialista, ed autore del classico “Storia del diritto di famiglia in Italia (1796-1942)”, nella premessa al suo testo, edito proprio a metà degli anni Settanta, scriveva: “alla nostra cultura delle riforme manca tuttora il retroterra di una chiara analisi della realtà storica della famiglia italiana”. Il diritto di famiglia, dunque, come elemento di frontiera tra diritto statale e diritto sociale, sembra ad oggi incapace di tutelare coppie ed unioni nuove. Esso, infatti, è decisamente debole nella garanzia e nella difesa dei singoli individui, quindi, di quegli interessi che attengono più strettamente alla natura “privata” della persona. Si può persino dire che, in questo senso, il diritto di famiglia italiano si àncori troppo semplicisticamente alla cultura romana arcaica e alle antiche sentenze delle autorità latine: pensiamo a Cicerone (“familia est principium Urbis et quasi seminarium rei publicae”, “la famiglia è la base della civiltà e quasi il semenzaio della repubblica”), o a Giustiniano (“matrimonium est viri et mulieris coniunctio”, “il matrimonio è l'unione di un uomo e di una donna”).
Le modifiche apportate al diritto di famiglia sono adeguamenti inadatti a ripensare (o addirittura integrare) modelli familiari e formazioni sociali nuove, basate su una evidente “solidarietà affettiva”, prima ancora che su orientamenti diversi dal modello eterosessuale. Attualmente, insomma, il mancato riconoscimento da parte della legge italiana, di questa importantissima “solidarietà affettiva”, impedisce a coppie di fatto, coppie omosessuali, coppie con diverse nazionalità e religioni, famiglie monogenitoriali, famiglie surrogate, e famiglie omogenitoriali, di vedere tutelati e ratificati sia i loro diritti, sia i loro interessi (comunque in piena sintonia - per dirla con Cicerone - con i bisogni civili della Repubblica).
Dal punto di vista antropologico, peraltro, come ben sapeva Herbert Spencer già in pieno Ottocento, il concetto di famiglia non è così determinato come generalmente si crede, ed anzi offre ben poche immutabili certezze al pensiero comune. Basti vedere, oggi, le forti differenze che sussistono tra: famiglie patriarcali e matriarcali, nucleari e poligonali, occidentali e non occidentali.
Anche per queste ragioni, la Corte Europea ha di recente sollecitato l'Italia al riconoscimento legale delle unioni di fatto e delle coppie omosessuali. A queste sollecitazioni, inoltre, hanno fatto seguito le ultime promesse del Ministro per le Riforme Maria Elena Boschi che, qualora non disattese, rappresenterebbero una fortissima novità nell'orizzonte dell'attuale diritto di famiglia italiano.
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