UDI, SETTANTESIMO - E' visitabile fino al 25 novembre la mostra ideata dall'UDI di Catania con la collaborazione dell’UDI di Reggio Calabria per la graphic novel
Rosangela Pesenti Lunedi, 03/11/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2014
Una mostra e un ampio progetto di sensibilizzazione in occasione del settantesimo anniversario della fondazione dell’UDI. A partire dalle scuole e in collaborazione con le istituzioni locali puntando a far nascere negli istituti scolastici i ‘gruppi per la libertà di genere’. L’iniziativa è dell'UDI di Catania con la collaborazione dell’UDI di Reggio Calabria per la graphic novel. La mostra è visitabile a Catania fino al 25 novembre 2014. Il titolo è “GDD. Questa storia è la nostra. L’UDI racconta la sua nascita nella Resistenza” (Sale dell'Archivio di Stato di Catania) e l'esposizione della graphic novel si tiene nelle Sale del Museo Emilio Greco (nel Palazzo che fu la casa natale di Bellini e che ospita anche un Museo Belliniano)
DONNE RESISTENTI
I libri di storia presenti nella scuola, soprattutto i manuali, parlano quasi sempre di guerre, elencano battaglie e trattati, manovre di governi e schieramenti di eserciti. Una storia di uomini che decidono, subiscono, accettano, uccidono, muoiono, si entusiasmano, si rassegnano, ma la guerra, ogni guerra, non si vive solo sui campi di battaglia, non è mai confinata ai giorni dei combattimenti, si vive anche nelle retrovie, nei territori attraversati, dove si forgiano le armi e si preparano cibo abiti e riparo per i combattenti.
Così erano le guerre del passato, guerre di uomini raccontate da uomini che nulla ci hanno detto delle donne.
Mancano nei racconti storici, insieme alle donne, i sentimenti degli uomini, le paure, i dubbi, le costrizioni, le necessità, tutto ciò che ognuna/o di noi percepisce come lo scorrere della vita.
Tutto cambia però con la seconda guerra mondiale, incuneata nel cuore del Novecento, dopo la prima, di cui è prosecuzione ed espansione, matrice delle successive, disseminate sul globo, fino ad oggi. (…)
La guerra, annunciata come una passeggiata brevissima, diventa lunga, inviando ai tanti fronti dei paesi via via aggrediti dal nostro paese contingenti maschili di varie classi di età e caricando sulle spalle delle donne sempre maggiori responsabilità, fino alla data cruciale per l’Italia: l’8 settembre 1943.
Sono molte e diverse le guerre che precipitano sull’Italia da quel momento. (…)
L’esercito, rimasto senza ordini, si sbanda, i tedeschi da alleati sono diventati nemici e i soldati italiani cercano istintivamente salvezza da quella che poi diventerà deportazione di massa nei campi di concentramento tedeschi.
In quel momento le donne diventano fondamentali e sono il cuore della più grande operazione di travestimento e salvataggio della storia italiana (…)
Ogni soldato che bussa a una porta riceve soccorso, abiti, viene rifocillato, trova alloggio, viene nascosto, ottiene indicazioni, conforto, aiuto.
Un’attività che comincia spontaneamente e continuerà nei lunghi mesi fino al ’45 in forme via via più consapevoli, con scelte via via più rischiose, una strada che porta molte a diventare partigiane.
Dal salvataggio dei soldati italiani a quello di ebrei in fuga e di prigionieri alleati fino a tutte le azioni resistenti che si oppongono all’invasore e contemporaneamente tendono alla conservazione della vita quotidiana nelle, case, nei campi, nelle città.
Non c’è solo il rifiuto della guerra e una coraggiosa solidarietà umana, ma il crescente disgusto per il fascismo di cui si vedono e si patiscono, insieme alle azioni criminali nei confronti degli oppositori, l’arroganza dei gesti in mille occasioni.
Si colloca in questa situazione la nascita dei Gruppi di Difesa della Donna e per l’Assistenza ai Combattenti della Libertà nel novembre del 1943.
Il documento costitutivo mette in primo piano il peso insopportabile dell’occupazione tedesca e fascista indicando tutte le possibili azioni di lotta, ma sono di pari importanza le richieste avanzate sul piano del diritto al lavoro e a quella parità giuridica che le donne italiane non avevano avuto dall’unità d’Italia.
Si può dire che i GDD sono la prima organizzazione di lotta nonviolenta, la cui azione contribuisce a diffondere quel tessuto di resistenza civile che, riconosciuto con ritardo dalla storiografia, oggi viene considerato parte di quell’impasto dentro cui lievita e cresce la Resistenza armata, la lotta di liberazione italiana. (…)
Tantissime le ragazze, come nella Resistenza maschile, che escono dall’angustia delle tradizionali subalternità familiari e sociali per affermare la volontà di liberare l’Italia dalla guerra e dal nazifascismo attuando con questo gesto un passo fondamentale per la propria liberazione.
Per gli uomini, inquadrati nell’esercito, sbandati, richiamati, imprigionati, la scelta è d’obbligo, ma per le donne è diverso, potrebbero restare a casa, ritirarsi nelle pratiche di sopravvivenza personale e famigliare, continuare ad aderire a quello stereotipo nel quale sono state plasmate con l’educazione e invece moltissime fanno una scelta e i loro gesti, le loro gesta, ben più delle parole che molte non possiedono e dalle quali sono tradite nel racconto, segnano una visibilità inedita, esprimono idee, convinzioni, personalità che vanno ben oltre le immagini tradizionali a cui più tardi si vorranno ridurre.
E dopo, che cosa accade nel dopoguerra?
Le inedite figure femminili, che si sono rese visibili sulla scena della grande storia senza nemmeno sapere di essersi idealmente ricollegate alla cancellata tradizione delle attiviste risorgimentali e poi femministe, non trovano spazio in un’Italia interessata a rinvigorire la nascente repubblica con nuovi miti di una Resistenza eroica solo maschile e armata e ruoli femminili ricondotti al laborioso silenzio della casa. (…)
La scelta di fondare l’Udi, unificando l’esperienza politica e organizzativa dei GDD sviluppatasi al nord con quella vissuta nell’Italia liberata del sud, rappresenta, nel 1945, una discontinuità importante e un’aspirazione alla piena cittadinanza che, se ancora non ha trovato le parole per esprimersi appieno, vive nella tensione ideale e nell’impegno pratico di migliaia e migliaia di donne a cui dobbiamo la ricostruzione del tessuto sociale del dopoguerra e l’attenzione per i diritti di tutte e tutti, a cominciare dall’infanzia.
In quella storia più generazioni di donne hanno trovato alimento per il proprio desiderio di libertà chiedendo un’emancipazione che metteva via via in discussione gli assetti tradizionali della cittadinanza fondata sulla presunzione di neutralità del diritto maschile. (…)
Una storia che ancora ci parla, a settant’anni di distanza, con la voce delle ragazze di allora, una storia che chiede le nostre domande per illuminare quel passato senza il quale le strade del futuro diventano più oscure.
Testo estrapolato da un approfondimento realizzato a corredo della mostra
Bruna e Adele 70 anni dopo
#foto5dx#Le immagini pubblicate in queste pagine sono una selezione delle sessanta realizzate per la mostra “GDD. Questa storia è la nostra. L’UDI racconta la sua nascita nella Resistenza”. “Si tratta di una ibridazione tra diversi generi, soprattutto tra il fumetto e la graphic novel - dice Marsia Modola, che è autrice della sceneggiatura insieme a Reno Ammendolea, che ha realizzato le tavole -. La linea narrativa si svolge sulle vicende quotidiane di una ragazza, Bruna di Reggio Calabria, e della sua amica Adele di Catania, digiune inizialmente di storia e consapevolezze al femminile. Bruna sceglie per gli esami una tesina sulla Resistenza delle donne e dei Gruppi di Difesa della Donna. Tutta la materia e i contenuti che conoscerà passeranno in soggettiva attraverso l’uso che saprà fare del suo computer in real time, senza descrizioni, richiami o voci fuori campo. L’aiuterà con qualche imbeccata la nonna che abita a Cuneo... non a caso. Bruna e Adele sono sulla buona strada per cominciare il loro percorso di donne consapevoli di sé e dell’eredità storica di cui oggi godono/godiamo. Sono riportati alcuni avvenimenti e descritte alcune figure femminili della Resistenza con l’artificio narrativo che tutto restasse filtrato dalla psicologia della ragazza protagonista. L’appartenenza geografica ha due connotazioni iniziali. La prima: il lavoro è partito per una iniziativa delle UDI territoriali di Catania e Reggio Calabria, quindi circoscritta, ma aperta a chi avesse voluto parteciparvi per allargarne l’orizzonte. L’altra era ricordare alcune figure della Resistenza poco note, in particolare catanesi e reggine, come indicatore non tanto di una Resistenza meridionale, che fu più carsica e di altro indirizzo rispetto al Nord, ma di una Resistenza dei meridionali”.
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