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 Da Thatcher a Boldrini, il sessismo della politica

Da Thatcher a Boldrini, il sessismo della politica

Sessismo e politica - Economia e questioni di genere: il Parlamento darà le priorità. E intanto per il Papa l'embrione (ma non la donna) è "uno di noi"

Giancarla Codrignani Domenica, 02/06/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2013

Incominciamo parlando, apparentemente, d'altro. È scomparsa la signora Thatcher. Avevate mai visto un paese che ha votato per tre volte (1979 - 1990) questa Lady di ferro, solennizzare, a distanza di dieci anni, la sua morte con brindisi e maledizioni? In Gran Bretagna succedono cose strane, ma questa reazione è apparsa più che strana: pone un problema. Margaret, leader del partito conservatore e primo ministro, ha modificato strutturalmente l'economia inglese e ha perfino vinto una guerra gratificando con la vittoria delle Falkland, per la prima volta dopo la seconda guerra mondiale, il nazionalismo britannico: che cosa ha fatto di riprovevole di altri governanti conservatori, di un Heath, un Major? Gli inglesi più seri dicono addirittura che il successore laburista Tony Blair ha fatto di peggio. Non sarà che è stata più brava, più diretta, più fattiva; un vero uomo di governo? È una malizia femminista pensare che molti uomini non le hanno perdonato di essere una donna che li ha comandati a bacchetta, per undici anni, meglio di un uomo?

In ogni caso, Margaret rappresenta la parità intesa secondo la visione maschile: essere donna, perfino bella, in totale simbiosi con il ruolo delle funzioni istituite dal soggetto unico - fin qui - della storia. Laura Boldrini, invece, è la Presidente della Camera dei Deputati italiana: appena eletta ha subito ricevuto offese a carattere sessuale e sessista via web che ha denunciato: è la donna che intende ottenere per tutte le donne lo stesso rispetto dovuto all'uomo, perché restino tali anche nella cultura e nell'immagine del proprio genere. La solidarietà di donne autorevoli al governo, Cancellieri, Idem e Bonino ha segnalato, per la prima volta, la presenza della problematica femminil-femminista nel cuore dello Stato. Altre situazioni del passato sono state solo apparentemente analoghe. Nel voto a favore della scelta repubblicana i politici si supponevano che le donne fossero conservatrici e monarchiche; nel referendum sul divorzio la stessa sinistra era convinta che "la donna abbandonata a cinquant'anni" voterà contro, mentre quello sull'aborto chiedeva il beneficio di legge per essere autorizzata ad avere solo maternità libere e responsabili. La normativa sullo stupro chiarì molto della cultura delle donne e di un corpo che non vuole diventare oggetto sessuale; tuttavia fu soffocata in una serie interminabile di passaggi tra Camera e Senato, strumentali al rifiuto generalizzato di riconoscere che va giudicato violento anche il marito se forza la compagna. Passarono sei legislature per trasferire lo stupro dai "reati contro la morale" ai reati "contro la persona". E si trattava di una legge che non costava un soldo allo Stato e risultava gradita agli elettorati femminili di tutte le tendenze.

Adesso la questione è posta correttamente: perché gli uomini portano la violenza nelle relazioni con le donne? Ovviamente toccherà agli uomini essere investiti del problema. E non solo per usare il codice penale.

Tuttavia non andrà così tranquillamente: una volta arrivate in Parlamento le misure per rinnovare la cassa-integrazione o il rinvio-rinnovamento-abrogazione dell'Imu, la questione del "rispetto di genere" verrà accantonata. In quanto esseri responsabili le parlamentari non possono nemmeno lontanamente pensare solo alla propria parzialità. Tanto più che la questione investe l'ambito delicato del controllo del web, che, in teoria, dovrebbe essere il regno della libertà di espressione, ma che ormai ospita falsari, ricattatori e delinquenti. Toccherebbe a noi della periferia, dei territori, la cosiddetta base tenere alta la tensione. Ma anche noi ci sentiamo coinvolte in problemi "che vengono prima" e, per giunta, sono diventati drammatici.

Tuttavia attenzione: il Papa ha rilanciato la crociata per la vita e sostiene la campagna a difesa dell'embrione, "uno di noi". La donna per il patriarcato viene sempre dopo, anzi, non c'è, non è "una di noi". Nemmeno le suore: quando Francesco le ha chiamate "madri, non zitelle", ne ho viste un paio inquietarsi di brutto perché nemmeno loro intendono stare dentro ruoli che non sono mai stati nostri. Forse le minacce antidemocratiche arriveranno ancora una volta contro di noi, per questioni di genere, di violenza.

Speriamo di non trovarci sole.







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