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Da New Orleans ai cinque continenti

Da New Orleans ai cinque continenti

Mondo/ Sviluppo sostenibile - Gli squilibri del pianeta sono di natura sociale ed economica, oltre che ambientale. Una bella sfida da inserire nel programma delle sinistre

Paola Ugliano Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2005

Ecco quanto riportava Mark Fischetti in “Drowning New Orleans” su Scientific American, ottobre 2001: "Un enorme uragano potrebbe seppellire New Orleans sotto sette metri d’acqua, uccidendo migliaia di persone. L’attività umana lungo il corso del Mississippi ha drammaticamente aumentato il rischio, e ora solo massicce opere di ingegneria nella Louisiana sud-orientale possono salvare la città"

Come mai la maggiore potenza mondiale, dotata di tecnologie all'avanguardia e di una macchina di monitoraggio e previsione degli uragani ha sottovalutato le conseguenze dell'uragano Katrina? La potenza dell'uragano è stata sottovalutata. E le immagini che i teleschermi mandavano hanno posto tutti noi di fronte a un interrogativo sociale ben più allarmante: come mai le persone rimaste a New Orleans erano prevalentemente di colore? A cosa ricondurre le violenze inenarrabili che si sono scatenate fra gli sfollati, gente disperata, che aveva perso tutto il poco che possedeva prima di essere travolto dal disastro?

Il dramma americano, ma anche i precedenti ed i successivi drammi ambientali che hanno sconvolto ampie aree del pianeta, rimandano a due gravi questioni, l’equilibrio ambientale e l’equilibrio socio-economico globale.

Se ne è parlato in più occasioni a Fahreneit, trasmissione culturale del pomeriggio di Radio3 Rai. Vale la pena soffermarsi su alcune riflessioni scaturite dal dialogo fra gli ospiti della puntata del 12 settembre: Maurizio Bettini, scrittore, docente di Filologia classica all'università di Siena, e Pierluigi Cervelli, insegnante di Semiotica degli spazi all'università di Siena, incalzati dalle domande del conduttore Felice Cimatti.

Pierluigi Cervelli: "Abbiamo assistito a un'esplosione che ha importanza sociale. Abbiamo assistito al disvelamento di uno sfaldamento che già era presente fra istituzioni, spazi e vita sociale. a questo punto bisogna anche chiedersi: Chi sono effettivamente i barbari? Le persone emerse o chi li ha costretti a vivere da soli questa situazione? (…) C'è un inquietante fenomeno di privatizzazione dello spazio, per cui a uno spazio pubblico si sostituiscono dei luoghi vuoti, luoghi che non sono più di incontro e di dialogo, ma, appunto una frangia di terra di nessuno, che separa questi neo spazi feudali, chiusi da recinti e sorvegliati. La strategia è quella dell'ascolto. Gli urbanisti, i politici, i sociologi, anche i semiologi come me che si occupano della periferia urbana, devono andare nelle periferie a riascoltare le persone e, soprattutto, vedere i modi creativi straordinari e coraggiosi in cui le periferie inventano nuovi spazi sociali. Perché questa è la realtà: di fronte alla povertà e ai vuoti di una razionalità urbanistica che mostra i suoi fallimenti abbiamo dei fenomeni di invenzione di nuovi spazi. Fenomeni che vivono con una povertà estrema, con la realtà di tutti i giorni che possono darci delle indicazioni."

Maurizio Bettini: "Trovo però che il tipo di politica culturale ed economica che si è avviato negli Stati Uniti negli ultimi anni sia da questo punto di vista pericolosissimo. Perché, per quanto una periferia possa avere dei germi di creatività e farli emergere addirittura dai suoi conflitti, però, quando si cominciano a tagliare i soldi per i programmi di istruzione per i più poveri e gli emarginati, quando si cominciano a buttar fuori dagli ospedali i malati cosiddetti di mente, o addirittura i malati che non si possono pagare le cure… Trovo spaventoso anche che (si dica, ndr) ti porto in salvo se hai i soldi per pagarmi il biglietto. Quando si comincia a ragionare così, allora sì che è l'inizio della decadenza: la fine della natura umana, della società. Quando si mette davanti il profitto di un certo numero di azionisti, il guadagno di certe compagnie private alla vita delle persone, beh allora è quasi peggio che abbandonare una città."



Ottimisti a pagamento

Gli interessi economici non sono emersi solo sul fronte sociale. In campo ambientale, infatti, alle denunce degli ambientalisti di imminenti catastrofi legati all'effetto serra si sono opposti studi ottimistici, basati sull'ipotesi che eventi periodici di questa natura si sono succeduti nelle varie epoche storiche. Alcuni di questi studi sono risultati sponsorizzati da interessi di parte, come ammesso da alcune compagnie petrolifere. Al riguardo è necessario citare la relazione conclusiva di Francesco Gesualdi al convegno: “Nel nome della madre. La saggezza della terra come educazione”. Vedi nella sezione “Approfondimenti” di noidonne.org i testi completi degli atti del convegno tratti dal sito dell’università di Torino: Minerva.unito.it.

Le principali associazioni ambientaliste hanno intrapreso azioni positive per sottrarre agli sfruttamenti zone di interesse particolare e diffondere una coscienza etico/ambientale. Fra queste le oasi protette del WWF, le giornate di pulizia diLegambiente, il recupero di opere di interesse storico-culturale di Italia Nostra accanto a campagne di sensibilizzazione e formazione nelle scuole. Ma anche i politici devono poter comprendere che per contrastare gli squilibri ambientali e socioeconomici c’è un’alternativa possibile, è lo sviluppo sostenibile. Una bella sfida da inserire nel programma della sinistra. Un'occasione da non perdere per dare un segno tangibile che si può dare una svolta in favore di una democrazia partecipata per lasciare alle generazioni future un mondo ancora abitabile.



(7 ottobre 2005)



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