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Da Milano a Napoli, il movimento ... c'è

Da Milano a Napoli, il movimento ... c'è

Aborto, consultori e non slo - Dopo tanto apparente silenzio le donne sono unite di fatto. L'eco delle due manifestaizoni risuona ancora e attnde un rilancio

Stefania Cantatore Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2006

Sulle manifestazioni di Napoli e Milano, la guerra dei numeri tra stime “sindacali” e quelle della questura è stata in tono minore, non perché i numeri non contino, rispetto ad un movimento che pare destinato solo a crescere, ma semplicemente perché pare non contino le donne che premono per parlare alla politica.
Non contano per l’ormai ex ministro Buttiglione che, seraficamente reietto nel governo ed in Europa, sostiene che rispetto alla metà della popolazione “cosa vuoi che siano” anche tre o quattrocentomila donne.
Non contano per la grande stampa nazionale che, pure avendo dato conto di Milano con evidente ritardo, tace sulle centomila di Napoli, non si attribuisce alcun dovere di cronaca “su un fenomeno vetero-femminista”.
Non contano per l’Unione che, pur con ritrosia, parla dell’altro aspetto legato alla rivendicazione del movimento laico e cioè i PACS, pare completamente muta su aborto/libertà femminili.
Dopo lo schiaffo del silenzio mediatico, ed anche della strumentalità della stampa locale, tutta tesa ad individuare eventuali divisioni ed aspetti del tutto accessori come la presenza “di personalità del mondo politico”, i commenti sono colmi della consapevolezza di quel che si sa: che la stampa non ama le donne, quando parlano della “loro politica” e lo fanno fuori dalla “nicchia familiare” nella quale una certa politica si ostina ad “interpretarle”.
E così il dopo l’11 febbraio a Napoli è un forte atto d’accusa ai grandi media di tiratura nazionale, e citando un comunicato, pubblicato anche sul sito di “usciamo dal silenzio”, di 194paroleperlalibertà per un atteggiamento prevedibile di mancato dovere di cronaca ed un’occasione persa per tutti.
Ma questo non spegne la gioia, l’orgoglio, il senso di una nuova prospettiva, per essere state in piazza in 100.000.
Non per tutte la stessa esperienza, non per tutte la stessa storia, ma per tutte dalle più giovani alle più “storiche” un momento atteso, come se tutte si stessero chiedendo con impazienza QUANDO.
Ed il quando è arrivato: per Laura, che gli anni ’70 se li è fatti proprio tutti, e che mentre interroga la sia memoria per urlare uno slogan, si trova ad urlarne di nuovi, troppo sfacciati che però le piacciono. Il quando di Lidia, che negli anni settanta non c’era, e che della sua militanza mista del centro sociale porta il suo striscione pieno d’insulti per ministri e clero, e che non ha mai visto tante donne tutte insieme nella sua città.
Il corteo di Napoli si snoda nel sole regalato ad una giornata straordinaria: nessuna potrà dimenticarla. Qualcuna non sperava di poterla vivere ancora col sentimento di aver nuovamente voltato pagina: ancora una volta, in una vita non è poco, anche se le parole dovrà scriverle con queste strane e da oggi meno sconosciute ragazze del 2000.
Strane ragazze, che da disobbedienti obbediscono alle altre perché finalmente sanno che non le porteranno a parlare linguaggi che non conoscono.
Chiara, che si avvicina ai trenta, accaldata e timida nelle prime discussioni del cartello, ora si muove tra tutte come a casa sua "non fatemi salire sul palco, sono iscritta a Rifondazione, lo sanno tutti e non voglio creare equivoci". È il suo modo di “tutelare” il movimento che sente crescere, il suo modo di esserci da donna.
Le sigle e le bandiere ci sono tutte, si segnalano le “altre” appartenenze, ma nessuna è stata lì per mandato, ma ha portato il suo pezzo, partito o sindacato che fosse, per costringerlo a mostrarsi col volto di donna, con una capacità inedita di laicità verso i “capi”.
Laicità per donne, non è la stessa che per lo più viene invocata nello scontro politico e di piazza: è tutta ancora da pronunciare, e non fa rima sicuramente con la verbosità un po’ libresca dei vecchi radicali. È laicità che fa rima con AUTODETERMINAZIONE (la parola che ha scelto l’Udi di Napoli per il suo striscione) e che appassiona l’orgoglio gay che nel corteo chiede a gran voce i patti civili di convivenza. Le giovani dei gruppi lesbici che fino al giorno prima volevano andare a Roma, ed alle quali il cartello aveva affidato il messaggio d’augurio, non ce l’hanno fatta e hanno voluto essere lì, nella loro città che l’11 febbraio sembra avere qualcosa di magico.
Il gruppo “promotore”, per nulla ristretto, con cgil, uil, l’udi, le donne laiche di sinistra, Donnesudonne, collettivi di ragazze, donne dei partiti associazioni gay si è mosso con chi c’era al momento e secondo le cose da fare, nulla di burocratico. La fatica, tanta! Nuove relazioni, meravigliose! Lo raccontavano gli sguardi ed i gesti di calda consuetudine tra le donne che hanno creduto ed hanno raccolto un’occasione offerta da Milano e dalle sue 200.000 in piazza, per essere 100.000 a Napoli, vivendo fino in fondo il bisogno di essere. Testimonia chi scrive, che nell’ultima riunione di venerdì 10 qualcuna e più d’una ha detto "ma da lunedì, si deve tornare per forza alla solite cose?", "…e dopo che facciamo?"
Il paese è stato privato della cronaca leale, al servizio della cultura e della politica di questo paese che ne ha bisogno, per uscire da una secca imbarbarita e tristemente frequentata da sondaggi, dove politici e opinion makers, quando scambiano una parola col deferente salumiere, pensando d’aver parlato con la gente. Le cittadine e i cittadini di questo paese sono scesi tante volte, a centinaia di migliaia, nelle piazze a dire quello vogliono: contro la guerra, sulla qualità del lavoro e della vita, sulla democrazia, e la politica anziché ascoltarli ha voluto interpretarli. Sarà questo il destino grigio anche di questo movimento di persone che vogliono convivere rifondando la politica a partire dal rispetto delle scelte delle donne? Antonella non ha dubbi: "le nostre attese, mentre costruivamo tutte insieme l’iniziativa, erano buone. La risposta di tutte nel sindacato, la mobilitazione della rete del femminismo sono cresciute sotto i nostri occhi di giorno in giorno. La fatica è stata quella di organizzare un desiderio forte, che si è proposto con una soggettività nuova, ma non di sollecitarlo. Il movimento c’è, esiste e chiede a se stesso uno sforzo organizzativo di continuità. Dopo l’11 febbraio, con una risposta che ha superato le nostre attese di molto, continuare è l’unica possibilità che abbiamo e che desideriamo". Le donne del cartello della Campania stanno continuando a vedersi, ritornando alla loro quasi normalità: l’eco della manifestazione ha smosso la Regione di Bassolino che ha finalmente dato il via alla sperimentazione dell’RU486, dopo mesi di presidi e richieste, il Comune di Castellammare approva un O.d.G. su aborto e consultori Un ordine del giorno, proposto da Ersilia Salvato e Città Libera ed approvato senza i voti di quegli stessi socialisti, di quegli stessi Verdi, di alcuni diessini della Laicità con la elle maiuscola. Ottenere questi due risultati è stato certamente un effetto delle centomila in piazza. Il resto: quei voti mancanti, i rifiuti alle donne che chiedono la pillola del giorno dopo, le violenze per le strade e nelle case sono il luogo del perché di un movimento che, dice Loredana, "non chiede, ma propone una politica nuova".

Cosa c’è di male?
Si scrive movimento plurale, si legge, sottovoce, femminismo. Modelli nuovi per stare insieme. Si sta insieme e poi ci si accorge di essere collettivo, associazione, coordinamento oppure…. Lobby.
Così è successo a DonneSudDonne: donne uscite da un corso di formazione regionale sulle pari opportunità presso la Federico II di Napoli alle quali era stato proposto di “affiliarsi” ad una nota lobby. Invece loro vogliono stare insieme e scegliere, invece di essere scelte.
Sono donne laureate e competenti che lavorano come tante altre per vivere, con tutte le difficoltà del lavoro dipendente. Fanno tutte insieme la scoperta che insieme possono darsi forza e dar forza alle altre usando le competenze e i piccoli poteri che derivano dall’essere in comunicazione da luoghi diversi. Una lobby? Non c’è niente di male, dice Raffaella. Nell’organizzazione della manifestazione 194paroleperlalibertà, sono state la parte creativa, veloce e rispettosa delle decisioni assembleari, che ha lasciato tutte a bocca aperta. Ma, davvero, che c’è di male?

(24 marzo 2006)

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