Ecologia di donne - Responsabilità e potenzialità del gesto di cura per la Terra malata. Il femminile che deve prevalere per dar e un futuro al Pianeta
Giancarla Codrignani Sabato, 30/08/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2014
La terra ci è madre. E, appunto come le madri ha diritti di nome, non di fatto. Prevale nell'immaginario comune l'idea - che gli astronauti almeno coniugano con lo stupore - che la terra sia una sfera di materia inerte, mentre è un insieme interamente vivo, matrice di tutto e che, siccome la vita è evolutiva, come si è formato, si estinguerà. Per circa tre miliardi di anni non conosceva la presenza umana e si sviluppava attraverso sconvolgimenti, distruzioni, selezioni, innovazioni. Da quando ci siamo noi, che siamo la forma più importante dell'evoluzione perché possiamo conoscere e conoscerci, anche se non siamo assolutamente necessari, la vita ha avuto senso: la terra ha iniziato ad essere mondo, "comunità" consapevolmente viva.
Solo che i passaggi evolutivi della nostra specie hanno indotto gli umani a interpretarsi come padroni, oggi tentati da aspirazione di potere addirittura planetario su quello che è l'universo o, forse, piuttosto un "pluriverso".
Si comprende che all'origine ci si difendesse da una natura non fatta necessariamente per noi con egoismo e violenza. Non si capisce invece che l'evoluzione consapevole - quella della coscienza, qualunque cosa indichiamo con questa parola - continui a ricorrere agli stessi istinti originari, anche se abbiamo codificato regole, diritti, leggi. Anche i più sapienti, perfino i religiosi, privilegiano di fatto la proprietà, l'individuo, l'accumulo; e non la comunità, le relazioni tranquille, la giustizia. Gli scienziati - che nella comunità umana rappresentano la comunità specifica che ricerca i progetti migliori per garantire a tutti il futuro - non hanno nemmeno il potere di influenza che hanno le chiese e, se vedono l'urgenza ripensare qualche paradigma, avvertono, magari con un linguaggio specialistico non sempre popolare, dei pericoli che corre la terra; ma sono costretti a restare anche loro intrappolati nell'ignoranza di massa e nella perversione degli interessi dominanti, destinati comunque a restare precari e provvisori se il trascinamento di forze messe insensatamente in moto procede a valanga. Esistono mutamenti irresistibili, come la deriva dei continenti o qualunque terremoto o inondazione; ma il carico che vi aggiunge oggi l'imprevidenza umana determina effetti di squilibrio assolutamente irreparabili.
Gli scienziati ci avvertono da un pezzo che la terra sta male. Non è un'eccezione, come sappiamo: ha sofferto perfino le glaciazioni e ha perso per strada i dinosauri. Solo che questa volta noi, esseri umani razionali, aggiungiamo il carico da novanta della correponsabilità nell'ammalare nostra madre; sembra che cerchiamo il matricidio, senza accorgerci che la mamma sa bene che prima o poi morirà e non vorrebbe che anche noi, che cerchiamo di prolungare la vita, deliberatamente ci suicidassimo prima di trovare vie di fuga che qualcuno scoprirà anche se per ora non sono ancora immaginabili.
Le campagne per i beni comuni sono tentativi pedagogici per tentare qualche terapia, partendo dalla salvaguardia dei nostri interessi più immediati, come bere e respirare. Infatti, anche se anche i nostri nipoti desalineranno l'acqua marina e si nutriranno di pillole, sappiamo bene che molte specie animali e vegetali saranno sparite, da qualche parte sarà cresciuto il livello delle acque (Venezia sommersa?) e da altre il deserto avrà coperto le istallazioni petrolifere. Oggi il nostro bicchiere è pieno a metà. O a metà vuoto. Dipende da noi sprecare così tanto da seppellirci nell'immondizia e produrre fumi che avvelenano l'aria e allargano il buco già grande dell'ozono (nell'estate appena trascorsa i raggi ultravioletti non hanno abbronzato, ma ustionavano, producendo nei, irritazioni, congiuntiviti). La scienza cerca di riparare i guasti e studia rimedi e innovazioni: le potenzialità dell'idrogeno, i batteri, le biotecnologie. Ma è coinvolta l'intera specie umana, la sola consapevole, che non ha solo egoismo e possessività, ma anche sentimenti e affettività; quindi conosce il bene proprio e altrui. Soprattutto nella sua variante femminile, conosce la cura. Che non è mai per il medico intervento invasivo, ma è attenzione del buon terapeuta che non vuole che ci si ammali, che istruisce, previene e anche interviene, ma volendo bene al paziente, cercando di non farlo soffrire anche quando accade. Ogni buon medico sa che la cura non significa "medicina e chirurgia".
Tuttavia la cura è termine ben più generale e complesso. L'uomo da quando si è alzato in piedi si è fatto carico di difendere tutto ciò che riteneva suo: la donna, i figli, i beni. La donna ha privilegiato, inizialmente non per scelta, di curare la vita. Queste diverse competenze danno valore alla presenza nelle istituzione della nostra cultura: deve sapersi fare magistero di quell'arte politica, che l'uomo ritiene solo oggetto di potere. In realtà mai come ora si tratta di affetti vitali, di sopravvivenza, di convivenza. Di com-passione per la terra e i suoi selvatici abitanti.
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