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Cura della terra e cura di se stessi. Pratiche agro-silvo-pastorali che fanno bene

Cura della terra e cura di se stessi. Pratiche agro-silvo-pastorali che fanno bene

Un convegno voluto da CREA e dalla Rete Rurale Nazionale ha dato spazio e parola al protagonismo delle donne nell’agricoltura, a partire dai numeri: 366mila a capo di aziende e 470mila lavoratrici nel settore

Domenica, 27/10/2024 - “Lo sguardo al mondo femminile agricolo e rurale rappresenta uno dei filoni di studio e di analisi del Centro Politiche e Bioeconomia (ex INEA), uno dei dodici centri del Consiglio per la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria (CREA), una costante che alcune di noi hanno mantenuto nel corso degli anni a prescindere dal grado di attenzione riservata ad esso dalle istituzioni nonché dallo stesso mondo della ricerca”. Catia Zumpano, ricercatrice del Centro, affronta l’intreccio tra i temi donne, cura e agricoltura sia dal punto di vista dei numeri sia delle molteplici specificità che l’argomento deve tenere presente. “La lettura dei freddi numerinon sempre dà conto dell’effettivo contributo che le donne danno, quotidianamente, alla tenuta del settore agricolo e delle comunità rurali. Parliamo di un universo composito e complesso, dinamico e versatile, tenace e, nello stesso tempo, pennellato di zone d’ombra che ne sfumano alcune caratteristiche, frenando quella forza dirompente che potrebbe esercitare una spinta propulsiva ai percorsi di sviluppo territoriale e del settore agricolo”.
Partendo dai dati, Zumpano racconta il peso di una realtà molto significativa. “
Nel nostro Paese le donne rappresentano oltre la metà della popolazione censita (30 milioni nel 2023), di cui il 42 % vive nelle aree di collina e di montagna, aree a forte caratterizzazione rurale. Una parte significativa di esse è impegnata quotidianamente nell’agricoltura. Nello specifico, dando uno sguardo ai dati dell’ultimo Censimento Agricoltura dell’ISTAT che fotografa il settore agricolo al 2020, sono quasi 366mila le donne che risultano essere a capo di un’azienda agricola nel nostro Paese (il 31,5% del totale). Esse rappresentano lo zoccolo duro della presenza femminile nel settore. Sono donne che, con le loro scelte produttive, esprimono piena consapevolezza della stretta interdipendenza fra agricoltura e rispetto della natura e dell’ambiente, attenzione al mantenimento della biodiversità, vegetale e animale e impegno a salvaguardare il patrimonio produttivo, culturale e paesaggistico locale. Propense ad adottare pratiche innovative nelle tecniche di produzione e a diversificare l’attività aziendale. Sono state le donne ad aprire i cancelli delle aziende agricole mettendo in connessione le pratiche adottate con altri ambiti di intervento: turistico (agriturismo), didattico (fattorie didattiche), di cura (agricoltura sociale) raggiungendo risultati tali da superare, in questo campo, i loro colleghi maschi.Alle imprenditrici si affiancano 470mila donne che lavorano come dipendenti nelle aziende agricole (il 32% del totale della manodopera), di cui il 24% legato da rapporti familiari con il capoazienda. E questo ultimo dato fa ben sperare nella possibilità che possano assumere, in futuro, la conduzione dell’azienda. Manodopera femminile che contribuisce alla produzione, alla raccolta e prima trasformazione dei prodotti e le cui prestazioni, come è noto, presentano toni chiaro/scuro (fenomeni di sfruttamento, di caporalato, di retribuzioni più basse).
Ma se si allarga lo sguardo all’intera filiera agro-alimentare, a fianco delle donne occupate direttamente in azienda si muovono tante donne impegnate nelle attività di supporto tecnico e scientifico, nella trasformazione e somministrazione dei prodotti alimentari, nello studio e diffusione di stili alimentari sani, nelle attività di carattere terapeutico riconducibili ad attività e prodotti agricoli, di rappresentanza e di tutela dei diritti. Ma ci sono anche le donne che quotidianamente si prendono cura dell’alimentazione dei propri cari e che, con voli pindarici, provano a conciliare qualità e prezzi, tempi e salubrità.Ciascuna con un ruolo specifico che contribuisce a conferire valore aggiunto a quello che portiamo a tavola; peccato, però, che questo valore aggiunto non sia sempre riconosciuto come merita”.
Numeri importanti, capacità di innovare e voglia di lavorare non bastano però a dare il giusto spazio alle loro idee nel settore. “Nonostante un impegno portato avanti quotidianamente e senza il suono delle fanfare, la voce delle donne è, di fatto, ancora poco ascoltata; i loro fabbisogni trovano poco spazio nelle linee programmatiche delle politiche pubbliche, comprese quelle a vocazione agricola e rurale. Anzi, uno sguardo alle ultime programmazioni delle politiche agricole evidenzia un netto arretramento su questo fronte, che si registra anche in quelle iniziative volte a favorire i processi di sviluppo locale (vedi approccio Leader) le quali, per la loro stessa natura, dovrebbero tendere a promuovere una partecipazione più equa e attiva della componente femminile alle scelte strategiche locali. Eppure, ormai, dovrebbe essere evidente a tutti come l’impegno delle donne nel tessere le trame del tessuto agricolo e rurale continui ad essere fondamentale per la tenuta degli stessi territori, e non solo rurali”.

A valorizzazione queste competenze c’è l’impegno di autorevoli soggetti che sostengono la necessità di politiche agricole più orientate al femminile. “Partendo proprio da queste constatazioni, nell’ambito delle attività della Rete Rurale Nazionale abbiamo costituito con alcune colleghe CREA il Gruppo di lavoro Parità di genere, programmando un insieme di azioni dedicate alla componente femminile che lavora e vive nelle aree rurali: eventi e incontri, documenti di analisi, brochure informative, partecipazione a momenti di confronto organizzati dagli stakeholder che si muovono nel campo agricolo e rurale, portatori sia di interessi economici ma anche di istanze sociali. La volontà è stata proprio quella di dare voce alla molteplicità di ruolidi cui parlavamo prima, che si accompagnano con approcci e sensibilità differenti, con l’auspicio di favorire la tessitura di sinergie e relazioni fra mondi femminili apparentemente lontani ma che invece sono accomunate dalla speranza di innescare processi di cambiamento basati su valori di equità, rispetto e apertura, a beneficio di tutte e tutti”.

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Questi argomenti, tra gli altri, sono stati affrontati nel convegno “Cura della terra e cura di se stessi. Pratiche agro-silvo-pastorali e scelte terapeutiche che fanno bene alle donne e alla collettività che si è tenuto a Roma (18/19 ottobre 2024 presso WEGIL e Museo Nazionale Etrusco) con tanti interventi che hanno affrontato molti aspetti dell’agricoltura: dalle produzioni alla cura del paesaggio fino alla possibilità di costruire una cultura più attenta e rispettosa delle produzioni e delle persone che lavorano nel settore. Una due giorni intensa e partecipata, ideata e realizzata grazie anche alla collaborazione di Anna Kauber, regista paesaggista, che ha sottolineato “l’effetto terapeutico di un paesaggio coltivato bene, della sua bellezza; un ruolo terapeutico implicito in una buona agricoltura e in una sana e corretta alimentazione”.

A cura di Tiziana Bartolini


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