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Crocifisso in aula

Crocifisso in aula

L’opinione di Maria Bonafede, moderatora della Tavola valdese, e della Federazione delle chiese evangeliche sulla sentenza della Corte europea di Strasburgo

Martedi, 22/03/2011 - “Valdesi e metodisti italiani restano convinti che l’esposizione del crocifisso nelle sedi istituzionali violi il principio supremo di laicità dello Stato e come credenti ci preoccupa che un simbolo della fede cristiana venga imposto come espressione di una cultura e di una civiltà”. Ad affermarlo è Maria Bonafede, moderatora della Tavola valdese.

Parere simile è stato espresso anche dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI).

"Una decisione che non realizza pienamente uno stato laico. Per gli evangelici i crocifissi nelle scuole non rimandano ad una comune cultura italiana, ma sono retaggio di una società dominata dalla cultura cattolica" si legge nella nota trasmessa dal NEV in seguito alla pubblicazione della sentenza della Corte di Strasburgo nel caso Lautsi contro l'Italia sul crocifisso nelle aule scolastiche.

"La FCEI si rammarica che il 'caso italiano' sia stato ancora una volta occasione di una normativa eccezionale, che non realizza pienamente uno Stato laico, in cui tutti possano riconoscersi, senza discriminazione di credo religioso o altro (art. 3 della Costituzione italiana). I crocifissi continueranno a essere presenti nelle aule scolastiche e nei tribunali, ma per le minoranze che hanno ricevuto i diritti civili e di culto poco più di 150 anni fa, come le chiese evangeliche, questi crocifissi non rimanderanno a una comune appartenenza o cultura italiana.

Essi appariranno invece, come sono, retaggio di una società dominata dalla cultura cattolica e dai suoi simboli. Pur conoscendo, a livello ecumenico, che le forze migliori della chiesa cattolica si propongono di costruire insieme una società di convivenza multireligiosa e interculturale, invitiamo ad approfondire il confronto sui temi della laicità e in particolare di una presenza plurale nella scuola pubblica".

Nella sentenza della Corte di Strasburgo si legge tra l'altro: "se è vero che il crocifisso è prima di tutto un simbolo religioso, non sussistono tuttavia nella fattispecie elementi attestanti l’eventuale influenza che l’esposizione di un simbolo di questa natura sulle mura delle aule scolastiche potrebbe avere sugli alunni. Inoltre, pur essendo comprensibile che la ricorrente possa vedere nell’esposizione del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche frequentate dai suoi figli una mancanza di rispetto da parte dello Stato del suo diritto di garantire loro un’educazione e un insegnamento conformi alle sue convinzioni filosofiche, la sua percezione personale non è sufficiente a integrare une violazione dell’articolo 2 del Protocollo n° 1".

La Corte europea considera che "non è suo compito prendere posizione in un dibattito tra giurisdizioni interne", dato che in Italia "il Consiglio di Stato e la Corte di Cassazione hanno delle posizioni divergenti sul significato del crocifisso e che la Corte Costituzionale non si è pronunciata sulla questione".





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