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CRITICITÀ nelle PROPOSTE sul COGNOME MATERNO alle CAMERE

CRITICITÀ nelle PROPOSTE sul COGNOME MATERNO alle CAMERE

LETTERA APERTA sul COGNOME MATERNO alla Ministra Dadone del M5s, che si è impegnata pubblicamente per una legge sul tema entro la Legislatura corrente

Martedi, 12/11/2019 - Gentile Ministra Dadone,
abbiamo appreso dalla stampa della sua intenzione di far sì che una riforma che contempli il diritto delle donne di attribuire il loro cognome ai propri figli - cui corrisponde il diritto dei figli di poter avere il cognome delle persone che li hanno messi al mondo, madri e non padri – e riponiamo le nostre speranze nella realizzazione di tale suo impegno.
Proprio perché contiamo su questo e al fine di ottenere la migliore riforma possibile, riteniamo di segnalare alla sua attenzione alcuni punti critici rilevati nelle sei proposte di legge attualmente presenti in Parlamento.

Un confronto fra tali proposte pone in luce talune differenze. 


La prima criticità che salta agli occhi riguarda l’introduzione del diritto dei genitori di attribuire il proprio cognome ai figli. Questo opererebbe una trasformazione sostanziale nella nostra giurisprudenza. Come rilevato molti anni addietro da un giudice nella sentenza relativa alla prima causa italiana con richiesta di attribuzione del cognome materno ai figli , secondo il nostro ordinamento il genitore non impone mai il proprio cognome, nemmeno il padre come diffusamente si crede. Cito da detta sentenza: il figlio, attualmente, acquista “ipso iure”, ovvero per volontà della legge, lo stesso cognome del padre in quanto esso, «come ha osservato la più attenta dottrina, non si trasmette dal padre al figlio, ma si estende da quello a questo: trattasi cioè di un acquisto necessario che prescinde dall’interesse dei genitori (quale che ne sia il sesso) e quindi dal vantaggio o dal pregiudizio che a ciascuno di essi possa arrecare».

Certamente modificare tale assunto porterebbe a un riconoscimento inequivocabile di parità genitoriale ma creerebbe al tempo stesso qualche problema, specie in assenza di altri articoli volti ad assicurare ai figli le legittime possibilità di modifica.
Un figlio adulto -o un genitore per un minore- che chiede l’abolizione di uno dei due cognomi eventualmente attribuiti alla nascita, o la sostituzione dell’unico cognome con quello non attribuito, incontra oggi enormi difficoltà con conseguente rigetto della domanda, per un incancrenito omaggio alla patrilinearità patriarcale. Figuriamoci se il suo cognome diventa un diritto del genitore e non più suo!
Di conseguenza chiedo: ma serve davvero spostare il diritto dal figlio ai genitori? Non sarebbe meglio occuparsi di ampliare il diritto del figlio di aggiungere o rimuovere o sostituire uno dei suoi cognomi (purché d’uno dei genitori), rivolgendosi direttamente all’anagrafe e non al Prefetto o a un Tribunale?

Seconda criticità. Alcune proposte prevedono l’eliminazione o la sostituzione del 143-bis, secondo il quale la donna col matrimonio aggiunge al proprio il cognome del marito; altre non trattano l’argomento.
Sappiamo bene cosa avvenne nella legislatura precedente.
A seguito di un’audizione non registrata e del cui contenuto non vi è traccia sul sito della Camera, accadde quanto si apprende dal Resoconto n. 265 di Giovedì 3 luglio 2014. «Michela MARZANO (PD), relatore, chiarisce che la nuova proposta di testo unificato presenta talune modificazioni. (…) La prima concerne l’eliminazione dell’articolo 1 che riguardava il cognome dei coniugi, in quanto si tratta di una materia che richiederebbe un autonomo esame ed approfondimento. Si è quindi delimitato l’oggetto dell’esame al solo cognome dei figli».

Personalmente presentai una petizione in cui illustravo come fosse possibile ovviare in modo semplice alle “criticità” rilevate, senza mantenere in vita un articolo che offende la dignità delle donne e viola gli artt. 8 e 14 della CEDU oltre che la nostra stessa Costituzione, ma poi quel testo, approdato col n.1628 al Senato, morì indiscusso con la fine della legislatura.

Sull’argomento sono tornata di recente con un’altra petizione, a seguito dell’inclusione del cognome maritale nei certificati elettorali delle donne coniugate nelle elezioni europee di quest'anno
Gentile Ministra e Deputata, la prego di esaminare quanto da me suggerito in dette due petizioni, tenendo presente che il mantenimento del 143-bis non soltanto viola il diritto delle donne ma costituisce uno strumento di condizionamento di cui si avvalgono non pochi uomini per “convincere” le mogli a rinunciare all’attribuzione del proprio cognome ai figli.
Riporto un commento, peraltro di un “legale”, apparso su una pagina FB: «La donna sposandosi fa suo ed aggiunge al suo il cognome del marito, mentre il marito non prende quello della moglie. Ciò detto, per quale ragione, invece, dovremmo dare al bambino il cognome della madre?».

Allora, gentile Ministra, se vogliamo che una riforma ci sia e che serva, evitiamo di lasciare armi improprie ma efficaci in mano alla reazione retrograda, che cerca sempre di condizionare in un modo o nell’altro le donne meno allenate ad opporsi a certe prevaricazioni coniugali.
Entrambi i punti sopra trattati sono presenti in una mia petizione per una proposta di legge già annunciata alla Camera e al Senato della presente Legislatura .

Agli artt. 4, 10 e 11 è illustrato quanto serve per l’eliminazione del 143-bis; gli articoli 3 e 6 potrebbero utilmente normare i diritti dei figli sulla modifica del cognome.
C’è però una terza criticità da esaminare e questa riguarda tutti e sei i progetti parlamentari dell’attuale legislatura. Concerne la parità che si vorrebbe istituire con le norme sull’attribuzione dei cognomi, che mancano però l’obiettivo per le ragioni che motivano l’art. 5 della proposta contenuta nella mia petizione, che regola con qualche diversità significativa la materia.

Cominciamo col dire che il sistema dell’ordine alfabetico, in caso di dissenso tra i genitori sull’ordine dei cognomi, inficia la serenità e di discussione tra i genitori sull’ordine, in quanto uno di essi saprà sempre IN PARTENZA quale cognome avrà la meglio sull’altro in caso di dissenso e si comporterà di conseguenza. Molto più ragionevole il sorteggio, peraltro già in uso in alcuni Paesi.

C’è però un altro aspetto che va accuratamente analizzato.

PERCHÉ si vuole varare una legge sui cognomi? Quale l’esigenza che sta a monte? Cosa si intende per parità tra i coniugi?
Sino al momento del parto, tra i due genitori non c’è NESSUNA PARITÀ naturale effettiva, perché, pur a parità di materiale biologico, il genitore non fa proprio altro mentre la genitrice affronta una gravidanza e un parto per mettere al mondo il figlio di entrambi. Vi è dunque una DISPARITÀ naturale e non modificabile per legge che invece in tutte le proposte parlamentari esistenti viene interamente MASCHERATA.

Se si istituisse un diritto dei genitori all’attribuzione del proprio cognome, come alcuni progetti propongono, al duplice fine di RISPETTARE la verità biologica di quel processo oneroso per le madri che fonda nella loro carne la RELAZIONE e di INSEGNARE alle nuove generazioni IL RISPETTO per le donne, la regola PARITARIA dovrebbe prevedere in prima posizione il cognome materno, senza però escludere la possibilità di un accordo diverso raggiunto dai genitori, col ricorso al sorteggio in caso di disaccordo palese.

Si vuole sorvolare sul presunto diritto dei genitori e puntare invece sul diritto del figlio? Bene. Il cognome o i cognomi sono attribuiti ALLA NASCITA. Ora, alla propria nascita il figlio è palesemente in relazione psicofisica esclusivamente con la madre e mai con il padre, col quale potrà essere istituita una relazione soltanto dopo quell’evento cruciale. Pertanto, per RISPETTO della RELAZIONE vissuta dal figlio, la regola dovrebbe prevedere in prima posizione il cognome materno, senza però escludere la possibilità di un accordo diverso raggiunto dai genitori, col ricorso al sorteggio in caso di disaccordo palese, come già esposto sopra.

Non esiste una terza ipotesi da considerare, come non esiste altra possibilità per il legislatore di indirizzare verso il rispetto di genere con un intervento che vada alla radice del problema. Ed infatti il nascondimento della differenza affonda le sue radici nella cultura patriarcale sottesa.

Le sarei dunque grata, gentile ministra Dadone, se volesse leggere l’intera proposta contenuta nella petizione già inviata in Parlamento, citata in calce al link n. 5, soffermandosi particolarmente
- sugli artt. 4, 10 e 11 per l’eliminazione del 143-bis;
- sugli artt. 3 e 6 per il diritto del figlio alla modifica del suo cognome;
- sull’art. 5, per l’ordine dei cognomi del figlio,
affinché possa trarre le conclusioni che riterrà più opportuno adottare.

Porgo i miei migliori saluti.

Iole Natoli
Giornalista
Milano, 27 settembre 2019

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