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Criticità della Piattaforma Europea RSC:  Zingari, i diritti di un popolo che non esiste

Criticità della Piattaforma Europea RSC: Zingari, i diritti di un popolo che non esiste

Dopo il rogo di Foggia in cui hanno perso la vita due bimbi in un accampamento, una riflessione a partire dalla mancata definizione di 'popolo'

Domenica, 19/12/2021 -

Premessa

Foggia 18 dicembre2021, il Natale è qui.

In un accampamento di zingari fatto di baracche di legno, plastica e materiali di risulta vivono mille zingari. In una baracca due creaturine di due e 4 anni dormono accanto  a  un braciere, acceso dalla mamma per creare un tepore alle dormienti. Il babbo è al lavoro nei campi di raccolta, la mamma in cerca di cibo.

Dal braciere si innalzano le fiamme incendiano legnami e plastica della baracca, raggiungono il letto delle creature  e …i bimbi dormienti inceneriscono.

D’un subito la notizia si diffonde, l’intero paese è sgomento eppure sono anni, decenni che incendi avvolgono di fiamme le "campine” e muoiono i bambini dal fuoco  inceneriti… Ma chi sono gli zingari? Sono gruppi etnici: Rom Sinti Camminanti, presenti in Europa dal tardo medioevo e in Italia da quasi mille anni. Parlano una lingua diffusa in tutto il mondo dove vivono questi gruppi. L’Italia ha riconosciuto e tutela le minoranze linguistiche secondo il dettato costituzionale, ma non i Rom, Sinti e Camminanti, rimasti Zingari abbandonati e rifiutati. Se n’è accorta anche l’Unione Europea che attraverso il Consiglio Europeo ha emanato provvedimenti finanziari per favorire l’inserimento di Rom, Sinti e Camminanti nei paesi europei dell’Unione, dove questi popoli si trovano a vivere. In Italia il primo provvedimento della durata di 9 anni, terminato nel 2020, non ha avuto esiti risolutivi. Gli zingari sono rimasti nei campi nelle condizioni che hanno portato all’incenerimento dei due minori di 2 e 4 anni di cui sopra.

Nel 2021 il Consiglio d’Europa ha varato un secondo provvedimento finanziario per risolvere la questione Zingari.


I diritti violati di un popolo che non esiste

Qualche osservazione critica merita il contenuto e il linguaggio della Piattaforma del Consigli d’Europa 2021-2030, a sostegno delle popolazioni RSC, a cominciare dalla riduzione dei Rom, Sinti e Camminanti a l’acronimo RS C.  La Piattaforma indica sette settori prioritari della emergenza RSC da perseguire: UGUAGLIANZA, INCLUSIONE, PARTECIPAZIONE, ISTRUZIONE, SANITA’, PROBLEMATICHE ABITATIVE.  Una visione astratta si percepisce nella Piattaforma. Benché basato sui principi fondanti dell’Unione Europea, il discorso  è avulso dalla concreta realtà in cui vivono Rom, Sinti, Camminanti nelle diverse realtà nazionali dove sono inseriti (a cominciare dal nostro paese).  A questo proposito, si consideri l’annullamento nella Piattaforma delle diverse identità etniche, ricomprese in un unico comun denominatore nel termine Roma, in cui sono inclusi Rom, Sinti e Camminanti, i quali vengono considerati popolazioni RSC, senza mai nominare il termine popolo, con gravi ripercussioni sulle cosiddette popolazioni RSC.

Significativo in tal senso, quanto accaduto in un convegno dell’AIZO, tenutosi a Roma nel campo di Vicolo Savini (oggi distrutto, e deportati gli abitanti in quel di Castel Romano, a decine di chilometri da Roma). Durante il convegno, un Rom ha chiesto a un rappresentante del Governo Italiano: “Lo Stato Italiano che fa per il popolo Rom?”, risposta, con un po’ di imbarazzo: ”Per lo Stato italiano il popolo Rom non esiste”. Di fatto, il termine popolo rinvia a un’identità giuridica riconosciuta, quella di minoranza etnica che si identifica in una lingua, in usi, costumi, credenze e rituali, riconosciuta dalla Carta Costituzionale italiana.

Per tornare all’UE, nella Piattaforma non c’è accenno a un riconoscimento giuridico di popolo, come minoranza etnica. E allora cosa significano i tre settori prioritari della Piattaforma: Uguaglianza  inclusione, partecipazione”?, come possono essere realizzati? Ma chi sono i Rom, Sinti e Camminanti? Popolazioni, in questo caso sì, senza identità etnica, senza spessore culturale in una parola senza diritti sanciti dalla Carta Costituzionale.                                                                  
I dati raccolti  sulla consistenza demografica dei RSC ci dicono che circa 180 RSC siano presenti in Italia, di cui il 70% risulta avere la cittadinanza italiana

I rom, sinti, camminanti, che hanno la cittadinanza italiana, godono o dovrebbero godere degli stessi diritti di tutti gli altri italiani, con una uguaglianza, inclusione, partecipazione (almeno presunte) pari a quelle che spettano agli altri italiani, ma senza nessun riconoscimento in quanto minoranza linguistica-culturale. Così i minori vanno nelle scuole pensate per italiani, parlano italiano, imparano la storia, la cultura, i costumi, dei cittadini italiani, abitano in alloggi costruiti e pensati per italiani, cioè appartamenti in edifici multipiano, dove ognuno vive per sé, come una monade, senza contatti, senza spazi comuni, senza aree per l’incontro, lo scambio, per rinsaldare la propria identità culturale, i vincoli di gruppo etnico. Significativa, in tal senso la testimonianza di un capo famiglia sinta:

Quando stavo per entrare in un appartamento che ci avevano assegnato in un grande palazzo, io ho cominciato a tremare… Sono abituato a vivere nella natura. Vede questi alberi del campo? li ho piantati io.”1

A questo punto mi chiedo: “Sta qui la ragione per cui non si fa accenno nella piattaforma al riconoscimento di minoranza linguistica? Per tale ragione non si usa il termine popolo nel definire Rom, Sinti e Camminanti?”

E’ opportuno a questo punto  chiarire il termine e il concetto di popolo, la sua origine e il suo significato. Nell’età classica, nazione, popolo, etnia, erano sinonimi. Nella lingua Greca il termine etnico corrispondeva a quello di nazione, popolo. Per i Romani, natio era la dea della nascita, dell’origine. Scrive Habermas: ”Come gens e populus, anche il termine nazione si riferisce a gruppi etnici che non si sono ancora organizzati come associazioni politiche. Si tratta di comunità derivanti da uno stesso ceppo (etnia); le quali sul piano geografico appaiono integrate da rapporti di vicinato, così come sul piano culturale dalla comunanza di linguaggio, costumi, tradizioni, ma che sul piano politico non appaiono integrate da vere forme organizzative statuali”2 Il fatto che l’Unione Europea non riconosca le comunità RSC come popolo, potrebbe significare che non vuole assumersi l’onere (europeo) di riconoscere e tutelare i Rom, Sinti e Camminanti come minoranza linguistica europea.

Gunter Grass, grande poeta e scrittore tedesco, premio Nobel per la letteratura, ha osservato a tal proposito: ”Noi che siamo stretti nel nostro sistema nazionale, dovremmo considerare  che i Rom, sempre sparsi ovunque, sono europei nel pieno senso del termine. Quelli che chiamiamo zingari hanno perlomeno un vantaggio su di noi: la mobilità transfrontaliera. Sarebbe necessario dare loro in tempi brevi un passaporto europeo che garantisca loro di risiedere dovunque in Europa.”3Ebbene, l’UE lungi dal riconoscere questi diritti, ha scaricato l’onere e il compito ai Governi nazionali. Veniamo ora a considerare la situazione italiana e il modo governativo nell’affrontare la tutela, il riconoscimento, l’integrazione delle popolazioni RSC. Come è stato messo in evidenza nella introduzione al convegno tenutosi a Milano, all’Università Bicocca, nel 2010, dal titolo LA CONDIZIONE GIURIDICA DI ROM E SINTI IN ITALIA :”Il confronto con i gruppi Rom e Sinti e con la loro storia di ricorrente discriminazione, di fatto o di diritto, costituisce una sfida per l’ordinamento giuridico italiano che, secondo le norme costituzionali, comunitarie ed internazionali in vigore, deve prevedere apposite misure di tutela e deve promuovere in modo attivo politiche e azioni di inserimento sociale e di non discriminazione di tali gruppi.” 4

Per quanto riguarda la mia esperienza del popolo Rom parlerò dei Rom e Sinti che vivono nei campi, di cui conosco la vita e la situazione di degrado.

Relegati in aree lontane dai centri abitati (definite campi nomadi) controllate da sistemi di sorveglianza nell’entrata e uscita dei campi, impediti nei loro lavori: raccolta e riciclaggio di materiali dismessi, a cominciare dalla raccolta del ferro e dalla sospensione, rimozione dei mercatini; isolati e rinchiusi nei campi, senza mezzi di trasporto pubblici di collegamento,  all’interno di container precari e insufficienti a ospitare famiglie di cinque e oltre abitanti, senza servizi igienici e acqua corrente, sistemati all’interno dell’alloggio. Dobbiamo considerare inoltre che il popolo Rom e Sinti dei campi è composto per la maggior parte da minori, impossibilitati a frequentare scuole perché i plessi scolastici sono lontani  dal campo e i collegamenti, che dovrebbero essere organizzati dai comuni, o non ci sono, o i bus addetti raccolgono solo coloro che sono in regola con i requisiti di residenza nel campo e abbiano permessi di soggiorno.

Per quanto riguarda l’alfabetizzazione dei minori, la situazione si presenta drammatica, aggravata dall’antiziganismo diffuso. Il rifiuto e la discriminazione (stereotipi e pregiudizi) cui sono sottoposti minori da parte degli studenti italiani, e dai genitori degli stessi, non di rado coinvolgono gli stessi insegnati. Così potrebbe accadere, come accade, che gli zingari vengano promossi pur di toglierseli dalla scuola, dall’insegnamento. Un Rom che arriva alla licenza elementare talvolta a mala pena sa leggere e scrivere se non addirittura essere privo di alfabetizzazione. 5



Una situazione particolare di rifiuto riguarda i campi abusivi, dove non ci sono servizi ne forniture idriche, elettriche e quant’altro. Nei confronti dei campi abusivi il comune (mi riferisco al comune di Roma) adotta sistemi coercitivi o eliminatori. E’ capitato che il comune di Roma abbia offerto un contributo (irrisorio) per trovare altra sistemazione e lavoro per un tempo prestabilito, per intervenire poi con l’abbattimento del campo.

Abbandonati a se stessi, nella ricerca di un alloggio e di un lavoro, che nessun proprietario di case concede e datore di lavoro assume, trattandosi di zingari, il comune manda le ruspe e abbatte il campo. A coloro che sono in regola offre un’alternativa, gli altri, buttati in mezzo alla strada, con donne magari in cinta e numerosi bambini, finiscono sotto i ponti, come accade a Roma Capitale, nel periodo in cui avrebbe dovuto attuare la Piattaforma UE 2012-2020.  Tutto ciò si verifica senza che il popolo Rom abbia voce, allora come ora, per farsi ascoltare. Eppure la Costituzione Italiana, indipendentemente dall’appartenenza etnica, recita all’articolo2 dei Principi fondamentali (inderogabili) :“La Repubblica Italiana riconosce e garantisce i diritti dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali, ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale6. Riconoscimento  e garanzia dal quale  sono esclusi Rom Sinti Camminanti, esclusi anche vengono esclusi anche dal riconoscimento di minoranza linguistica, quando, nel 1999, passa la legge per l’attuazione dell’art.6 della Carta Costituzionale, lasciando fuori Rom Sinti Camminanti.

Un aspetto positivo della Piattaforma riguarda il ruolo attivo dei RSC: “Per quanto riguarda la partecipazione (si legge nella piattaforma) il piano incoraggia l’impegno attivo dei Rom Sinti Camminanti, in particolare delle donne e dei giovani attraverso tutti gli strumenti disponibili dalla Piattaforma europea alle Piattaforme nazionali”. E allora, per dare consistenza e attuazione al dettato della piattaforma bisogna partire dall’attivazione dei primi tre requisiti della Piattaforma: uguaglianza, inclusione, partecipazione, il che significa, prima di tutto, dare ai Rom, Sinti, Camminanti, le tutele sancite ed espresse all’articolo 6 della Carta Costituzionale :”La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche”. Senza questo riconoscimento, senza questa tutela, le popolazioni Rom e Sinti restano solo come gruppi di assistiti, quando lo sono, i quali non hanno, né possono pretendere di avere alcuna voce in capitolo sui loro diritti, soprattutto, nessuna partecipazione ai piani che li riguardano. Così i contributi stanziati dalla UE per migliorare la condizione dei Rom e Sinti, finiscono in mille rivoli, non di rado utilizzati dalle associazioni pro-Rom. In contrasto tra loro, ciascuna ha l’obiettivo, di essere la vera espressione degli interessi Rom-Sinti, di avere autorità e ascolto all’Unar (Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale, deputato dallo Stato Italiano a garantire il diritto alla parità di trattamento di tutte le persone, indipendentemente dall’origine etnica o razziale…), il quale UNAR dal 2003, quando è stato istituito, nulla ha fatto per l’attuazione dell’articolo 6 della Costituzione Italiana.

Per concludere in positivo, mi permetto di lanciare un appello a tutte le Associazioni che operano per i RSC: ”Se si vogliono affrancare i rom, sinti, camminanti dal limbo in cui si trovano, è fondamentale costituire tra le associazioni una rete di solidarietà. La rete consentirebbe di avere forza e voce nel chiedere all’unisono l’applicazione dell’articolo 6 della Costituzione per il Riconoscimento (MINORANZA LINGUISTICA) e la Tutela (ISTRUZIONE, OCCUPAZIONE, SANITA’ E PROBLEMATICHE ABITATIVE) del POPOLO Rom, Sinti, Camminanti.

 Marcella Delle Donne, Università di Roma Sapienza

 

Note:

1) Dal documentario Portami a vedere la notte, dei registi Lia e Alberto Beltrami, proiettato in anteprima, in occasione del cinquantesimo anniversario della Associazione AIZO

2) Habermas J., 1991, Morale, Diritto, Politica, tr.it. Torino, Einaudi, 1992

3) Gunter Grass, 2020, Patrie, Napoli, Marotta e Cafiero

4) Piattaforma europea RSC, UNAR

5)Delle Donne M. (a cura di), 2004, Relazioni etniche, stereotipi e pregiudizi, Roma, EDUP

6) Hessen S.,1961, Democrazia Moderna, Roma, A-A editori (In appendice la Carta Costituzionale)


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