Argentina - ... e l’America Latina non è solo tango e ponchos. A ottobre le elezioni presidenziali vedranno una donna candidata e possibile Presidenta
Malegria Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Agosto 2007
E’ irritante l’atteggiamento di superiorità, la presunzione e la superficialità con cui la maggior parte dei mezzi di comunicazione, o meglio quelli che raggiungono la gran parte della popolazione, liquida le notizie provenienti dall’America Latina. Un misto di folclore e indulgenza accompagnano sbrigativamente i frettolosi resoconti che sono riportati più per dovere di cronaca che per volontà di indagare i meccanismi e i processi politici, sociali ed economici che scuotono questo continente.
Così è stato per Evo Morales, primo Presidente indio della Bolivia e di tutto il continente, la cui cerimonia di insediamento, preceduta da una celebrazione presso le rovine dell’antica città di Tiwanaku in cui ha ricevuto l’investitura dal suo popolo, è stata seguita più per controllare se avesse indossato giacca e cravatta o l’abito tradizionale indigeno che per riportare i punti salienti del suo discorso programmatico; tra l’altro senza soffermarsi con la dovuta serietà sul significato simbolico che un abito piuttosto che un altro possa esprimere.
Altro esempio esaltante di parzialità e incapacità di approfondimento è il modo in cui viene descritto Hugo Chavez, Presidente del Venezuela, per il quale viene fatto uso e abuso della parola populismo. A prescindere dal fatto che la definizione possa essere appropriata o no, bisognerebbe spiegare di cosa si parla quando ci si riferisce al populismo in Sud America giacché questo termine appartiene ad una storia politica che ha una sua originalità e specificità. In ogni caso Chavez è al potere dal 1998. Eletto e confermato dai venezuelani con elezioni democratiche, è stato salvato da un colpo di stato architettato dalla minoranza grazie all’intervento del popolo e sarebbe il caso che qualcuno spiegasse agli italiani come mai, pur tra le luci e le ombre del suo governo, ciò è avvenuto.
Quando ci si riferisce alle donne poi si sfiora il ridicolo. Qui i termini di paragone sono Evita Peròn o la povera contadina indigena vittima della violenza. L’universo femminile latinoamericano si annulla tra questi due opposti ignorando completamente le moltissime donne, di differente estrazione, impegnate nei più diversi campi della cultura e della politica o più comunemente della vita quotidiana e della società civile.
In questo contesto è stata strepitosa, per l’assoluta mancanza di analisi, la maniera di riportare la notizia che Cristina Fernández de Kirchner sarà la prossima candidata del Frente para la victoria – partito attualmente al governo - alle elezioni presidenziali di ottobre 2007 in Argentina. La candidatura di Cristina Fernández, che è sposata con l’attuale Presidente, Nestor Kirchner, è stata presentata come l’ennesima comparsa di una carrierista che approfitta del potere del marito. Sull’opportunità che la moglie di un Presidente si candidi subito dopo di lui si può discutere, sulla trasparenza dei processi decisionali all’interno dei partiti politici si potrebbe scrivere un trattato (e alla politica di casa nostra sarebbe dedicato un lungo capitolo) ma licenziare la questione descrivendo la signora come una pin up e concludere il servizio dichiarando che “la coppia non vuole cambiare casa” francamente mi sembra un po’ troppo sbrigativo. Anche perché Cristina, qualunque sia il giudizio su di lei, ha una carriera politica lunga e articolata e, soprattutto, dai sondaggi sulle intenzioni di voto risulta essere seconda solo a suo marito ed è l’unica dei possibili candidati che vincerebbe al primo turno. Ha 53 anni, è avvocata e si è sempre autodefinita prima che first lady una “prima cittadina”. Fa attivamente politica dal 1985, prima con responsabilità nel partito Justicialista e poi con incarichi a livello locale e nazionale. Era già deputata provinciale a Santa Cruz quando il marito è stato eletto Governatore della provincia e senatrice quando si è insediato come Presidente. E’ una donna bella che tiene molto alla sua forma fisica e questo, come si può immaginare, da adito ad una serie di dicerie circa le sue cosiddette “fissazioni”; molti commentatori fanno finta di non sapere quanto è importante avere un’immagine pubblica e quello che si accetta da un uomo di potere diventa una macchietta quando si riferisce ad una donna che aspira ad averne. Si parla molto anche dell’ambizione della Fernández che viene descritta come orgogliosa e determinata; tutte caratteristiche che in un uomo, e per giunta candidato Presidente, verrebbero esaltate come virtù. Con modi da politica accorta la Fernández utilizza, nei comizi di piazza, un atteggiamento e un modo di parlare molto simili a quelli utilizzati da Eva Perón; ma solo nei modi le due donne si somigliano e volerla presentare come sua erede sarebbe perlomeno imprudente visto che il ruolo di Primera Dama poco di addice ad una donna che punta direttamente a ricoprire ruoli pubblici e istituzionali. In un’intervista al giornale spagnolo El País ha affermato con sincerità che “la lotta politica è lotta per il potere. L’importante è dichiarare perché si vuole il potere e che cosa si vuole fare con il potere”
Quello che risalta nel suo percorso politico è, insieme alla determinazione, il coraggio che ha contraddistinto le scelte politiche; in special modo il nuovo corso che negli ultimi anni, dopo la tremenda crisi del 2001, il Governo argentino ha portato avanti nei confronti delle grandi organizzazioni mondiali di credito, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale e che, apertamente schierata al fianco del marito Presidente, l’ha vista polemizzare con questi organismi rinegoziare il debito e riuscire a risollevare l’economia del Paese. Sul fronte dei diritti umani ha combattuto per l’abolizione delle leggi di Punto final e di Obediencia Debida che avevano fino ad allora garantito l’impunità dei militari golpisti protagonisti delle atroci violazioni dei diritti umani durante la dittatura del 1976-1983. Il tutto con una coesione di coppia veramente invidiabile in cui ciascuno riesce a rendere conto di un progetto comune senza annullare la propria identità né rinunciare alla propria indipendenza di giudizio.
Il 19 luglio da La Plata Cristina Fernández Kirchner ha lanciato la sua candidatura a Presidente della Repubblica argentina. Il partito attualmente al governo, l’ala sinistra del Partido Justicialista, erede del peronismo, ha preso la decisione di candidarla. Le elezioni amministrative di giugno scorso avevano segnato una battuta d’arresto per il partito del Presidente, sconfitto a Buenos Aires dall’oppositore di destra, l’imprenditore Presidente della più popolare squadra di calcio argentina, Mauricio Macri, e Kirchner ha capito immediatamente che c’era bisogno di serrare le fila. La candidatura di Cristina si inserisce in questo contesto: Nestor Kirchner rinsalderà le posizioni del partito a livello nazionale e Cristina sarà la prossima Presidenta. Del resto lei lo aveva detto già un paio di anni fa: per attuare il nostro programma quattro anni non sono sufficienti.
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