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Crisi nei poteri e tutela delle libertà

Crisi nei poteri e tutela delle libertà

Chiesa e Stato - Il caso ‘Avvenire’ e le dimissioni di Boffo, lo scontro duro tra Governo e Chiesa, le denunce del Presidente del Consiglio a La Repubblica e l’Unità. Uno scenario cupo che minaccia la libera espressione delle idee

Stefania Friggeri Lunedi, 05/10/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2009

“Prima di tutto vennero a prendere gli zingari / e fui contento perché rubacchiavano./ Poi vennero a prendere gli ebrei / e stetti zitto perché mi stavano antipatici./ Poi vennero a prendere gli omosessuali / e fui sollevato perché mi erano fastidiosi. / Poi vennero a prendere i comunisti / ed io non dissi niente perché non ero comunista./ Un giorno vennero a prendere me / e non c’era rimasto nessuno a protestare”. Così canta Bertolt Brecht, ma le sue sagge parole di avvertimento non sono state accolte al momento degli editti bulgari contro Biagi, Santoro, ecc., anzi il mondo dei media si è fatto via via sempre più compiacente e cortigiano. Lo scandalo infatti è scoppiato solo questa estate – a distanza di tempo, troppo tempo – quando un giornale al servizio del Piccolo Cesare ha fatto una mossa inaudita: ha osato attaccare nientemeno che un organo ufficiale della Chiesa cattolica, un soggetto che si sentiva inattaccabile per il buon motivo che per governare l’Italia sembra fondamentale ottenere l’appoggio della Chiesa. O più esattamente, essendo la Chiesa un organismo complesso, ottenere l’appoggio sia del Vaticano Oltretevere, sia della CEI, cioè dei vertici che guidano i fedeli al di qua del Tevere. Due centri di potere fra i quali c’è qualche non trascurabile divergenza, emersa anche durante lo scontro Feltri/Boffo. Se infatti l’Avvenire, raccogliendo le voci disgustate dei suoi lettori, ha criticato, tardivamente e con prudenza, i comportamenti del Cavaliere, il direttore dell’Osservatore Romano, Vian, rivendicata la scelta di aver taciuto sulle stesse vicende (in quanto attinenti alla sola sfera privata) ha giudicato “imprudenti” alcune parole di Boffo sull’Avvenire, ad esempio l’accostamento fra la Shoah e la morte in mare dei profughi eritrei, e definito “eccellenti” i rapporti Stato/Chiesa. Forse non dovremmo stupirci troppo se l’Osservatore, organo del Vaticano, si muove in un’ottica diplomatica, mentre l’Avvenire, espressione dell’episcopato italiano, interviene sulle questioni nazionali in una prospettiva pastorale. I due poteri, dopo la slabbratura emersa nei primi giorni, hanno cercato di ricomporre le loro divergenze soprattutto di fronte all’opinione pubblica cattolica; la quale comunque ha assistito ad un’altra puntata della silenziosa lotta di lobby e correnti all’interno dei corridoi vaticani dopo l’era Ruini. Tanto che c’è persino chi intravede nella mossa di Feltri una botta alla cordata episcopale ruiniana; il che non dispiacerebbe a quella dei vertici curiali Ratzinger-Bertone, che si sono preoccupati di distinguere fra peccato e peccatore, cui la Chiesa deve offrire il suo perdono se s’impegna ad emendarsi. Ma di tutto questo squallido e machiavellico maneggio potremmo infischiarcene se non fosse che l’esito di questa guerra, di cui ci sfuggono troppi fattori, avrà ripercussioni importanti sul nostro Paese. Riuscirà l’UDC (se vincerà l’ala ruiniana) a ricomporre un centro di matrice cattolica, interlocutore privilegiato di Oltretevere? Che ruolo avrà la Lega, la cui originaria cultura “pagana” - quasi una riedizione paesana del “sangue e suolo” nazista - non ha mai disturbato il Vaticano, almeno sino allo scandalo dei respingimenti? Dopo il caso Boffo/Feltri tutti parlano di libertà di informazione, ma nell’imbarbarimento generale appare difficile una riforma vera che promuova il pluralismo, in un panorama mediatico libero dall’attuale ondata di omologazione e dall’illusione di una residua sovranità dell’utente (basterebbe cambiare canale, ecc.). L’intolleranza di Berlusconi nei confronti della libertà di informazione e di critica la si è vista da subito (ricordate i girotondi intorno alla RAI?) ed ha raggiunto livelli parossistici (il delirio di onnipotenza lo ha spinto a minacciare persino i giornali stranieri e i portavoce dell’UE !). Ma in Vaticano le cose non vanno meglio. Pesa tutta una storia secolare di censure, di condanne e di sanzioni non solo morali. E oggi la Congregazione vaticana per la dottrina della Fede, ex Santo Uffizio, continua a vigilare, intimidire, punire. Vedi il procedimento avviato nei confronti dei quaranta preti colpevoli di aver firmato l’appello di “Micromega” per la libertà sul fine-vita (anche se al momento non c’è una dottrina definitiva su questo tema, ma solo dichiarazioni del magistero ordinario molto diverse fra loro; lo confermano le parole del cardinal Martini e la posizione dei vescovi tedeschi che, insieme alle Chiese evangeliche, hanno approvato un vero e proprio testamento biologico). Ma la colpa più grave dei quaranta preti non è stato il loro dissenso, bensì il fatto di averlo proclamato pubblicamente. Perché la Chiesa, che più volte si è dichiarata solennemente sostenitrice della libertà di espressione, è la stessa che, al di là delle dichiarazioni di intenti, sul caso scottante della pedofilia non ha ancora abbandonato la tradizionale politica della copertura (un manzoniano “sopire, quietare”). Lo impone un documento di massima segretezza datato 1962, che ordina ai vescovi di mantenere il totale silenzio sui casi di abuso, pena la scomunica. Ma attenzione: la scomunica deve essere estesa anche alle vittime, se parlano. No comment.



(5 ottobre 2009)

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