Martedi, 07/06/2011 - Dall’inferno dimenticato del Sudan arrivano notizie terribili. Nelle settimane passate l'esercito sudanese del Nord ha preso il controllo di Abyei, al centro di un lunga di disputa sulle risorse petrolifere dell’area. L’occupazione è stata condannata dall’Unione Europea e dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU che ha chiesto al governo sudanese il ritiro immediato delle sue truppe dall’area; richiesta ovviamente respinta dal governo sudanese. Ma il diritto non sembra avere speranze in quell’area del mondo lontana e abbandonata. Infatti in base all’Accordo Comprensivo di Pace (CPA), firmato a Nairobi nel 2005 dal governo centrale di Khartoum e dagli allora guerriglieri dell’SPLA, il destino dell’area di Abyei avrebbe dovuto essere deciso da un referendum da tenersi contestualmente a quello sull’indipendenza del sud Sudan, che si è svolto nel gennaio di quest’anno e ha visto le netta prevalenza dei fautori dell’indipendenza. Il referendum relativo ad Abyei è però saltato per le divergenze sul diritto al voto dei numerosi nomadi che risiedono nell’area in determinati periodi dell’anno.
L’agenzia Fides che ha intervistato il parroco di Abyei riferisce che : “Secondo un comunicato dell’ONU, sono circa 50mila gli sfollati dall’area, tra Abyei città e i villaggi circostanti. È un disastro umanitario, perché queste persone sono senza assistenza - dice il sacerdote -. Le forze del nord hanno conquistato Abyei dopo averla bombardata per due giorni con armi pesanti”.
Dopo l’occupazione infatti gli abitanti hanno immediatamente evacuato la città. Ma la situazione è disastrosa. Fonti umanitarie, che citano organizzazioni operanti nel Sud Sudan, hanno reso noto che oltre 95.000 abitanti di Abyei, il ricco territorio petrolifero contestato tra il governo del Sud e quello del Nord, sarebbero fuggiti per paura degli attacchi dell'esercito di Khartoum. La dichiarazione è stata fatta a Juba, capitale del nuovo Sudan del Sud - la sua proclamazione ufficiale è prevista per il 9 luglio prossimo - dalla responsabile degli aiuti umanitari Onu nel sud, Lisa Grande. Secondo la stessa fonte ONU, il numero di sfollati potrebbe essere di molto superiore, perché molte persone si sarebbero nascoste in aree della boscaglia, dove non è possibile verificarne la presenza.
Intersos ONG italiana che opera nell’area riferisce che “esperti psicosociali stanno conducendo a Turalei colloqui di gruppo e individuali con le donne e gli uomini arrivati da Abyei dopo aver camminato per 4 giorni senza bere e mangiare. Ora sono seduti sotto gli alberi del villaggio circondati da moltissimi bambini, che hanno perso il contatto con le madri durante il lungo viaggio a piedi. Molte le donne sfollate ascoltate e assistite dopo l'arrivo a Turalei, molte hanno bisogno di cure ospedaliere e psicologiche. I bambini e le madri divisi sono moltissimi. Gli sfollati con cui i nostri operatori hanno parlato ancora non hanno ricevuto cibo e beni di primo soccorso, dormono all'aperto e non hanno alcuno strumento per costruire un rifugio sicuro al riparo dalle piogge battenti”. A rendere le operazioni di soccorso ancora più complicate è “la stagione delle piogge che rende la vasta distesa sudsudanese difficilmente percorribile: strade e sentieri, e in questi giorni anche le piste d’atterraggio sono impraticabili. Il problema per le agenzie umanitarie è registrare con certezza il luogo e il numero delle persone in fuga, restate senza cibo e acqua, e riuscire a organizzare una rete di aiuto e soccorso vasta che faccia fronte alle necessità delle persone scappate”.
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