Imprese femminili - Presentata a Roma una ricerca commissionata da Confartigianato Donne Impresa. E' il primo Osservatorio sull'imprenditoria femminile in Italia
Donatella Orioli Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2006
E’ la prima volta che una ricerca focalizza le caratteristiche e le aspettative delle piccole imprese femminili e il dato forte che emerge è la vocazione alle attività in proprio per le donne. In Italia sono ormai 365.131 le imprenditrici al timone di un’azienda artigiana e nel 1998 erano 287.000. Restano costanti alcuni dei loro problemi maggiori e tra questi al primo posto la necessità di riuscire a conciliare il lavoro e la famiglia. Lo studio è stato promosso da Confartigianato e realizzato su un campione di 500 imprenditrici dal Centro Studi Sintesi. Le imprese artigiane a conduzione femminile sono prevalentemente costituite in forma di società di persone, localizzate nel Centro-nord e attive soprattutto nei settori manifatturiero (48,4%) e dei servizi alle persone (32,1%). Le donne sono sempre più protagoniste nelle loro aziende, 37 su cento sono titolari, il 56,6% è socia. Il 53% delle artigiane ha un livello di scolarizzazione medio-alto e il 40% delle artigiane possiede infatti un titolo di scuola media superiore e il 13% un diploma di laurea. La regione a maggiore incidenza di imprese artigiane femminili, con il 22,4%, è l’Umbria, seguita da Marche (21,7%), Abruzzo (21,3%), Toscana (20,7%), Emilia Romagna (20,4%). In coda Puglia e Sicilia, rispettivamente con il 15,8 e il 16,2% di aziende condotte da donne. “Nelle regioni a minore incidenza di imprenditorialità femminile – sottolinea Rosa Gentile, Presidente di Donne Impresa Confartigianato - sono quattro i punti di criticità denunciati dalle donne per diventare più competitive e cercare nuovi mercati: l’informazione, l’accesso al credito, la formazione specializzata, l’innovazione tecnologica. Per questo le imprese femminili hanno bisogno di essere ‘accompagnate’, specialmente nella fase di start-up”. Le imprenditrici dimostrano di essere ben consapevoli della scelta imprenditoriale. Infatti, soltanto l’8,4% si è messa in proprio a causa della perdita di un lavoro dipendente o per l’assenza di alternative. Invece, il 34% fa l’imprenditrice per continuare la tradizione di famiglia e il 30% ha fondato la propria ditta, soprattutto nel settore dei servizi. Fra i fattori determinanti della scelta di mettersi in proprio troviamo: il desiderio di autonomia (15,6%), il desiderio di un maggior reddito (13,7%), l’ambizione (11,8%), la possibilità di mettere a frutto le abilità e le conoscenze (8,3%) e di sviluppare un’idea imprenditoriale (8,2%). E la determinazione delle imprenditrici è testimoniata anche dal fatto che il 61% ha utilizzato risorse proprie per finanziarie l’attività, mentre solo il 25,4%, e soprattutto nel Nord Est, ha fatto ricorso al credito bancario. Tra i maggiori ostacoli denunciati dalle imprenditrici artigiane nelle fasi iniziali dell’attività vi sono, come detto in premessa, la difficoltà di conciliare il lavoro in azienda con la famiglia ed anche quello di imporre la propria figura in azienda. L’acquisizione dei clienti, soprattutto nelle aziende dei servizi alle persone, la burocrazia, il difficile reperimento di manodopera specializzata, sono gli altri ostacoli che si frappongono, specie in fase di start-up. Nonostante il 53% delle artigiane, negli ultimi due anni, abbia introdotto innovazioni di processo o di prodotto, permangono forti problemi nell’accesso all’innovazione tecnologica a causa dei costi troppo elevati, tanto che tre imprenditrici su quattro dichiarano di aver rinunciato per mancanza di incentivi in grado di alleggerire tali spese. Pian piano si fanno strada anche il bilancio etico e le politiche di buone prassi, applicate nel 14% dei casi: tutela dei lavoratori, dell’ambiente, qualità del lavoro, no allo sfruttamento del lavoro minorile. Tra gli interventi sollecitati alle istituzioni dalle piccole imprese ‘al femminile’: finanziamenti agevolati (29,8%), riduzione della pressione fiscale (28,1%), sostegno per meglio conciliare lavoro e famiglia (21,8%), corsi di formazione e di aggiornamento (12,6%), assistenza nella fase di costituzione dell’impresa (6,7%). Nonostante la crescente importanza delle imprese femminili, la loro incidenza continua a restare alquanto bassa, sia rispetto a quelle maschili, sia rispetto alla percentuale di donne nella popolazione.
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