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 Credo la Chiesa doppia, corrotta, fanatica e oscurantista

Credo la Chiesa doppia, corrotta, fanatica e oscurantista

Ideologie - La Croazia non ha ancora fatto i conti con il passato. Conversioni forzate, massacri, servilismo, smascherano complicità del vaticano e di certi ambienti clericali

Stefania Friggeri Lunedi, 19/09/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2011

Nella sua visita in Croazia Benedetto XVI ha tuonato contro le coppie di fatto. Ma forse il problema è se la Croazia ha fatto i conti col suo passato o se ancora oggi legittima il genocidio dei serbi ortodossi (più ebrei, rom e zingari) così come la Turchia nega il genocidio degli armeni. Anche qui Benedetto XVI procede sulle orme di Wojtyla che nel 1994 a Zagabria loda pubblicamente l’arcivescovo Stepinac “martire del comunismo” e ne annuncia la beatificazione. Ignorando le proteste del centro Wiesenthal che chiede di aspettare almeno finché siano aperti gli archivi vaticani. Ma inutilmente: gli archivi rimangono chiusi e Stepinac viene beatificato anche se documenti e studi provano la sua collaborazione nella creazione di uno stato la cui matrice spirituale è un cattolicesimo fanatico e oscurantista, sposato al mito nazista del sangue e della terra. Aggiungi il culto del capo: quel Pavelic anticomunista viscerale, razzista e nazionalista, finanziato e sostenuto politicamente da Mussolini che lo appoggia nella formazione di bande di ustascia (insorti) sperando, caduto il regno di Jugoslavia, di trasformare l’Adriatico in un mare italiano. E quando nel 1941, conclusa dalla Germania l’operazione “Castigo”, la Iugoslavia viene divisa fra Germania, Italia, Romania e Bulgaria, Pavelic proclama lo stato fantoccio di Croazia dicendo: “La Divina Provvidenza mi ha affidato le regole del governo”. Infatti Stepinac, che siede in Parlamento, ne approva le gesta, compresa la pulizia etnico-religiosa che comincia da subito e non viene consumata di nascosto, come dai nazisti, ma apertamente nelle strade; che avviene in modi tanto crudeli (torture, occhi e lingua strappati) da provocare la reazione degli italiani e talora degli stessi nazisti (al disprezzo contro la religione si mescola l’odio contro i serbi, gruppo egemone nell’ex Regno di Jugoslavia). Fra i campi di sterminio quello di Jasenovac, il solo a godere di un’efficienza nazista, è guidato dal francescano Filipovic, fra’ Satana, le cui atrocità costringono Stepinac a sospenderlo “a divinis”: solo questo e solo nel 1943! Perché il clero cattolico croato non si limita a benedire gli ustascia, ma interviene in prima persona nella soluzione finale. La quale, essendo i serbi troppo numerosi, prevede non solo l’espulsione e i massacri, ma anche le conversioni forzate, molto apprezzate dall’arcivescovo futuro beato che mette tutta la capillare struttura della chiesa a disposizione dello stato teocratico e nazista (“Questo Stato è una nostra creatura” rivendica il rev. Kamber). E per rispondere alle proteste che cominciano a levarsi viene creata una Chiesa Ortodossa Croata, nazionalista e servile, un’operazione simile a quella dell’attuale governo cinese. Al cardinale Rusinovic, rappresentante in Vaticano di Pavelic, l’allora cardinale Montini chiede “possibile che siano accaduti così tanti delitti?”, ma viene rassicurato e conclude “la Santa Sede accetta le notizie contro la Croazia con riserva”. E il cardinale Tardini alle notizie dei massacri etnico-religiosi commenta: “la Croazia è una nazione giovane… e i giovani commettono errori legati alla loro età”. Dopo il ’45, in clima di guerra fredda, con l’oro rubato ai serbi e agli ebrei e con la complicità di uomini di chiesa, gli ustascia, come i criminali nazisti, fuggono da Roma in Sudamerica attraverso il Rat Channel, il Canale dei topi previsto dagli USA per far riparare oltreoceano le spie e i collaboratori anticomunisti. Pio XII, richiesto da Tito di richiamare Stepinac a Roma per evitare di sottoporlo a processo, si rifiuta e anticipa la volontà di Wojtyla di farne un martire, un santo. Dopo il processo (“farsa” secondo il Vaticano) l’arcivescovo fa cinque anni di galera, poi vive tranquillo fino alla morte agli arresti domiciliari, anzi viene nominato cardinale da Pio XII: “Noi vogliamo che tutti sappiano che nell’assegnargli la dignità della porpora romana abbiamo voluto premiarlo conformemente ai suoi meriti”. Fra i quali la complicità della Chiesa nella creazione di uno stato filonazista ma rispettoso dei principi cattolici: il matrimonio inviolabile, l’obbligatorietà dell’educazione cristiana, la promozione della fecondità familiare e del destino di madre della donna, la politica antiabortista (che predicava con toni fanatici e presentò in Vaticano come giustificazione della persecuzione contro gli ebrei, difensori dell’aborto). E non sono queste le aspirazioni di Wojtyla, beatificatore di Stepinac, come testimoniano le sue parole al Parlamento polacco? Su Noidonne, anche in questo numero, Cristina Carpinelli ci ha chiarito le difficoltà incontrate tuttora dalle donne di diversi paesi (Ungheria, Polonia, Slovenia…) in difesa della loro autonomia, dunque della laicità dello stato. Laicità in crisi anche in Italia con l’aggressione ai consultori e alla 194, una legge che oggi non avrebbe la maggioranza in Parlamento. Anche se l’Europa va a destra, il suo clima culturale dovrebbe salvarci da politiche tipo “soluzione finale” (anche perché abbiamo individuato nell’extracomunitario il nuovo corpo estraneo da affogare o rinchiudere nei CIE), ma il richiamo dell’alto magistero ai parlamentari, ai medici, ai farmacisti perché spingano verso uno stato etico tradisce un’ideologia non dissimile da quella degli stati musulmani che applicano la sharia. La storia insegna che il Vaticano è pronto ad appoggiare qualsiasi governo, anche dittatoriale, se regola la vita civile secondo le norme di Santa Romana Chiesa.

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