Iori Catia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2008
Credo che stiano cambiando una lunga serie di luoghi comuni. Ad esempio la fedeltà di un amore esclusivo ed assoluto per tutta la vita. Sembra non possa esistere in concreto perché molteplici sono le situazioni e i contesti. Meglio quasi, piuttosto di soffrire di anoressia affettiva, accettare di essere divise con altre persone, escludendo impaludanti vincoli di gelosia patologica. Ancora. Non vi sembra che a volta la nostra mente sommersa da messaggi di ogni tipo sia come sonnambula e non riesca a trovare una pausa produttiva e corroborante di autolegittimazione?
A volte basta una sosta, e riuscire a mettere tra parentesi le banalità che le cose hanno nel quotidiano perché tutto “diventi una porta alla ricerca infinita dell’essenziale”. Oggi tutti invitano a cercare e a muoversi di continuo, quasi in automatico, in un affanno costante che ci impedisce ogni forma di contemplazione sul nostro stesso esistere.
No, non sono diventata una filosofa, semplicemente penso che l’immaturità di chi tutto prova, tutto si concede, compra e circumnaviga non approdi a nulla e alle donne occorra sempre più riportarsi al mondo concreto della propria giornata. Prestare attenzione alle nostre scelte, al perché di certi comportamenti, all’esclusione di alcuni aspetti privilegiando invece quelli a noi più consueti, e chiedersi ogni tanto “perche?” frastornerebbe meno e riporterebbe il tutto a una dimensione più umana e consapevole. Vedo donne sempre col fiato sul collo a cui la vita pare sfuggire dalle mani che non decidono di esistere per loro stesse, di vivere la loro stessa vita. Tutta la nostra esistenza spesso è esitazione, deliberazione a metà, conflitto e sforzo quotidiani. Ma questo non basta a renderci creative e soddisfatte di noi stesse, né capaci di rinnovamento interiore. Che cosa ci manca? A latitare è ciò che Simone Weil diceva ”Non essere che il tramite tra la terra incolta e il campo coltivato, fra i dati del problema e la soluzione, fra la pagina bianca e la poesia, fra lo sventurato che ha fame e quello che ha trovato il cibo”.
In due parole: non essere che il tramite per cui passa la creazione.
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