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Corpi diversi. Cure appropriate.

Corpi diversi. Cure appropriate.

MEDICINA DI GENERE/1 - Visione interdisciplinare e studio costante per costruire un diverso approccio alla ricerca, alle cure e alla salute. Conversazione con Fulvia Signani

Bartolini Tiziana Domenica, 31/08/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2014

Di fronte ad una diagnosi di tumore un uomo dice come farò, invece il primo pensiero di una donna - pensando alla famiglia - è come faranno. Fulvia Signani ha ideato questa semplificazione per spiegare ai suoi studenti le premesse da cui parte la Medicina di Genere e ci è sembrato utile avviare la nostra conversazione riportando un esempio di per sé molto eloquente e confermato dagli oncologi. Signani insegna Promozione della Salute all’Università di Ferrara, è psicologa presso la ASL di Ferrara e ha anche una laurea in Sociologia della Salute presa perché “ho deciso che l’approccio interdisciplinare deve essere prima di tutto dentro di me”. Partiamo con il chiarire la differenza che passa tra la Medicina di Genere e la Medicina delle Donne, anche perché è il tema del suo libro:’La salute su misura. Medicina di genere non è medicina delle donne’ (Este Edition, 2013). “La medicina delle donne ha tradizionalmente focalizzato l’attenzione sull’apparato genitale e mammario, la Medicina di Genere è andata oltre: prende in esame tutti gli altri organi, considerando la donna una persona a tutto tondo e porta a confrontare e capire le differenze tra i due sessi”. Questo approccio sta permettendo alla ricerca di scoprire “che gli organi che si pensava funzionassero in modo diverso tra uomini e donne in realtà funzionano allo stesso modo, ma anche di verificare che ciò che si pensava funzionasse allo stesso modo in realtà funziona diversamente”. Di più. “Per ciò che riguarda la salute psichica, un esempio è riferito alla depressione. Si è sempre detto ‘la depressione è donna’, trascurando il fatto che l’uomo solitamente è meno propenso a dichiarala e mostrarla (piangono gli uomini?), ma è uno stato anche loro e si manifesta in modi diversi e il dover essere sempre super impegnati, il superlavoro ne sono i segni”. Da anni Fulvia Signani è studiosa della Medicina di Genere e la scelta di scrivere un libro deriva dalla constatazione che permangono fraintendimenti su alcuni concetti basilari, cosa che rende difficoltosa la condivisione della consapevolezza delle differenze. “Mi rendo conto che la definizione Medicina di Genere è usata a sproposito perché non padroneggiamo pienamente il concetto di genere nella sua essenza più corretta. Erroneamente la parola genere è usata anche per parlare del sesso. Sappiamo che a fronte del sesso come dato biologico, il genere è il derivato di implicazioni sociali, antropologiche, di tradizioni e della percezione di sé legati al sesso biologico. La sovrapposizione dei due termini e dei due concetti diminuisce molto la potenzialità intrinseca del tema genere”. Nei fatti va detto che siamo ancora ai primi passi di un percorso che si mostra ricco e complesso. “Il tema è affrontato da poco e per ora all’Università solo in corsi opzionali. Non mancano dubbi sull’opportunità di uno specifico insegnamento o se siano meglio seminari trasversali che toccano più insegnamenti. L’niversità di Padova ha avviato una cattedra di Medicina di Genere lo scorso anno, la mia Università, quella di Ferrara, è orientata ad un’offerta formativa gender oriented trasversale alle discipline. L'Istituto Superiore di Sanità ha istituito da anni un settore specifico della medicina di genere all'interno del Dipartimento del farmaco. La Regione Emilia-Romagna e la Toscana hanno deliberato una legge e un Piano che prevedono la Medicina di Genere come orientamento per tutti gli operatori; la Puglia e il Piemonte hanno organizzato Commissioni regionali o indicazioni di area di ricerca specifiche (Marche e Veneto)”. Un tema di attualità è come riorientare e sensibilizzare gli operatori alle nuove evidenze che la Medicina di Genere offre. Un tema importante, perché parliamo di salute e di cure appropriate, di cure che guariscano e non provochino ulteriori danni. Ma la strada da fare è lunga, visto che partiamo dalla ricerca tarata su campioni di maschio adulto. “La percentuale di femmine coinvolte nelle ricerche non supera il 30%, persino le cavie sono tutti maschi perché, spiegano, nelle femmine si sono turbolenze ormonali che spostano i risultati. È vero, ma anche le donne che poi assumeranno quei farmaci hanno turbolenze o fasi della vita che le porteranno a reagire in modo diverso… come si fa a non porsi la domanda? Questo perché non ci si chiede che peso ha il genere nelle sperimentazioni e nella malattia, dove si riscontrano diversità tra uomini e donne anche nel decorso delle malattie e nelle guarigioni. Le differenze ci sono in tutte le fasi. Pensiamo poi alla diagnostica”. Un infarto è un infarto, possiamo sperare… o no?!? “È un evento che può manifestarsi in modo diverso in un uomo o in una donna, che magari ha avuto un infarto silente e non se ne è accorta perché invece dei sintomi ‘classici’ come il dolore al plesso solare e al braccio sinistro ha avuto un forte mal di schiena nella parte destra, oppure un forte dolore mandibolare: sintomi che per varie conformazioni fisiche si verificano nelle donne. Ma se non lo sappiamo, se non sappiamo riconoscere questi sintomi non possiamo essere curate e comprendiamo quali possono essere gli effetti di diagnosi tardive. Noi esperti delle scienze umane e sociali, possiamo dare un nostro contributo a questo momento di auto- riflessione della medicina e possiamo rinforzare il ruolo importante dell’informazione scientifica divulgata e dell’educazione. Poi le donne possono fare molto: essere curiose e sensibili, sapersi osservare e acquisire la capacità di descrivere i sintomi, cosa che può aiutare i medici a fare diagnosi corrette. Anche perché dobbiamo ancora sfatare molti pregiudizi. Spesso i sintomi dichiarati da una donna vengono sottovalutati, scambiati per una crisi di ansia” .



Occorre ripensare ai contenuti della “formazione continua in medicina, un lavoro di sensibilizzazione e di formazione specifica sulle differenze che richiederà un lavoro di anni, perché la formazione degli operatori sanitari attivi è stata acquisita con modelli anatomici maschili, e non sono stati formati alla la diagnosi differenziale maschio-femmina”. Un lavoro di lungo corso, quindi, che - domando - possiamo sperare sarà agevolato dalla presenza di circa il 50% di mediche e quindi di donne potenzialmente più attente al genere e alle differenze. “La vita e la carriera mi hanno insegnato che non basta essere donne per essere gender oriented, occorre invece capire che è lo studio, l’analisi e la consultazione delle giuste fonti a costruire una autentica sensibilità permanente. Del resto se le donne capissero l’importanza dell’approccio di genere dovrebbero spingere sugli investimenti per la ricerca. Se solo pensiamo ai danni da farmaco … per anni e continuamente prendiamo medicine e non si sa che effetto abbiano sul nostro corpo, non si riconsiderano neppure le quantità e i dosaggi…. Nel lungo periodo possono provocare patologie che nessuno conosce”. Prima di concludere la nostra conversazione chiediamo a Signani qual è la situazione all’estero sulla Medicina di Genere, anche in forza di progetti europei cui ha partecipato e in considerazione delle scarse risorse che l’Italia destina alla ricerca. “Il cammino della Medicina di Genere è iniziato da circa 25 anni, da quando nel 1991 Bernardine Healy , allora Direttora del National Health Institute americano, aveva evidenziato un trattamento diverso e penalizzante le donne nella cura delle patologie cardiologiche. Da allora e con un’attivazione più vivace negli ultimi dieci anni, riscontriamo un pullulare di iniziative e studi negli USA, in Germania, Svezia, Olanda e Austria, dove è stata istituita la prima cattedra europea. Ci si sta lavorando con una certa costanza, ma duole dirlo, sono soprattutto le scienziate che si concentrano su queste ricerche”. Destino comune ad altri settori: delle donne si occupano le donne. E avanti così!



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VIDEOINTERVISTA a Cecilia Robustelli SUL LINGUAGGIO SESSUATO IN MEDICINA: http://www.noidonne.org/videogallery-dettaglio.php?ID=0131

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