Contro gli stereotipi di genere, piccole riflessioni intorno alla nostra “Signora Ministra, Elsa For
La risposta a un articolo pubblicato su una nota testata: Fornero Mistresse o Ministra, questo è il dilemma sugli eterni stereotipi nei confronti delle donne.
Martedi, 08/05/2012 - Clicca “MI PIACE” per essere sempre informato.
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Io lo leggo e talvolta vi trovo articoli interessanti. Come quello pubblicato lo scorso 25 febbraio 2012, da Andrea Scanzi.
Siamo in maggio e qualcuno potrebbe addebitarmi un tempismo critico difettoso. Diciamo che ho lasciato decantare il commento. Ma ora, eccolo qui.
In un’epoca travisata come la nostra, dove la sostanza e la forma si fanno spesso coincidere, generando combinazioni di dubbia eleganza, abbiamo forse smarrito la lucidità del senso della misura.
Quando, soprattutto, a essere chiamate in causa sono le donne, c’è chi, proprio, non ce la fa a liberarsi dagli schemi obsoleti degli stereotipi. E sì che dovremmo trovarci, a questo punto, nella fase di disintossicazione dal quasi ventennio di narcosi mediatica alla “drive in”. Lo so, purtroppo ci portiamo appresso un retaggio culturale, che ha radici molto lontane e trae linfa vitale dall’humus macho che fonda la nostra società. Correggere un immaginario deviato non è un’operazione rapida e indolore. Si cianci di Veline, di Ministre, di Madri di famiglia, il tono è sempre il medesimo: irrisorio, ironico, sarcastico. Agli uomini, le donne, non stanno un gran che simpatiche, a meno che non si prestino a essere manipolate. E aggiungo, senza voler scivolare nel doppio senso: manipolate in ogni senso (fisico, verbale, intellettuale, eccetera eccetera).
Scanzi sarà stato in buona fede, mentre scriveva, palesemente compiaciuto, il suo pezzo. Ribadisco, sinceramente, in buona fede. Fa parte infatti del suo patrimonio geneticamente-maschio, avere appreso che le donne normalmente appartengono a queste categorie: Angelo del focolare, alias Vergine Maria; Eva satanica, alias Femme fatale. Gli appellativi, a seconda dei tempi, del contesto, delle pruriginosità, variano, ma il concetto rimane dualisticamente immoto, equamente spartito tra le fantasie suscitate dalle Virgo e dalle Meduse di turno. Le “Veneri”, con tanto di nomi e cognomi in bella vista, si mettono perciò la pelliccia nei romanzi, si improvvisano gattine o pantere lungo i tavoli ovali del comando, si trasformano in maestrine bigotte, evocativamente dalla penna rossa o virago nelle scuole, nelle case e per le strade, appaiono “evanescenti” streghe o fatine nei sogni, “palpabili” mignotte o mantenute sugli scranni che contano.
Mancava, nell’elenco erotic-fantasy, la mistresse del Ministero!
Ha provveduto a plasmarla per noi, il cronista del Fatto.
“Domina Fornero”, “algida scudisciatrice di serie”, “quota rosa” “in lacrime e latex”, è la new entry della red list, offerta in pasto agli italiani.
Siamo ridotti male.
Qualche risatina, ammetto, me la sono fatta anch’io, scorrendo le 25 righe scanziane. Ma siamo messi davvero a tappeto, se consideriamo che questo,
-irrisorio, ironico, sarcastico-, è il metodo-trend condiviso, incoraggiato e accettato, con cui si liquida la rappresentazione del femminile nella sua rappresentanza sociale.
Mi chiedo a chi e a cosa possa servire parlare di “una” Fornero mistresse, piuttosto che entrare nel merito del suo lavoro, delle opinabilissime scelte politiche che lo stanno, peraltro, pesantemente connotando.
E’ forse questo un articolo che possa rientrare nel genere costume-gossip-folclore? A me pare più una replica sterile intorno ai soliti, triti e ritriti clichè di cui si fa uso esclusivo per sminuire, svalutare la donna, a maggior ragione se concentrata su imprese che esulino dai focolari domestici.
Non c’è niente da fare, è un dato acquisito: il conflitto d’interessi esplode puntualmente, quando a essere messi in discussione sono i ruoli e, in particolare, la ridistribuzione delle dinamiche di ruolo negli ambiti del potere. Una donna che arriva in alto, deve inevitabilmente pagare lo scotto imposto dal sesso forte, che non resiste alla prassi perversa dei richiami lussuriosi.
Sicché Fornero è: “la Fornero sexy”, che sgambetta per le sale del Palazzo, vestendo “completini anacronisticamente sabaudi”, piangendo “lacrime di facciata” e reclutando urbis et orbis “schiavi imploranti” da soggiogare a suo piacimento.
Della funzione che riveste, nulla si sa, tramite questo articolo, dove la parola “Ministro” compare, ma, al maschile, come sempre siamo in fondo stati abituati a sentirla, e l’attribuzione di “economista manager” risponde non a una carica effettivamente e legittimamente ricoperta, bensì a un tentativo ridicolizzato di “interpretarla” (Scanzi digita testualmente: “Domina Fornero interpreta l’economista manager”, non riconoscendo alla Signora ciò che è e quanto rappresenta).
Qui non si tratta di scandalizzarsi o tirare in ballo la morale, ogni qualvolta qualcuno attenti alla rispettabilità delle donne. Non è questo il punto. Siamo ridotti all’osso, perché in un periodo, come il nostro, nel quale la “questione sociale” scotta tanto quanto una mai risolta “questione femminile”, ci si dovrebbe attendere, in particolare da chi ha “maggiore” voce, di arginare gli sconfinamenti pericolosi, ristabilire gli equilibri, correggere e tarare i tiri.
Si discute tanto di pari opportunità nel mondo del lavoro, dove le donne sono nettamente penalizzate negli stipendi, nelle mansioni; di inviolablità della persona, in un panorama costellato di abusi sessuali in aumento, e sconcertantemente giustificati, se a subirli sono ragazze provocanti; di (assurde) quote rosa, necessarie per regolarizzare la presenza femminile (altrimenti non garantita) all'interno dei partiti, come nelle liste elettorali o negli organi istituzionali; di battute pessime, inopportune (memorabile quella di Berlusconi che, riferendosi alla lotta agli scafisti e ai flussi clandestini dall’Albania ironizzò: “faremo eccezioni solo per chi porta belle ragazze"); di apprezzamenti di cattivo gusto, e di atteggiamenti sprezzanti, offensivi del genere femminile (sintomatiche le chiose libidinose di Bruno Vespa, estimatore “incantato” del decolletè della vincitrice di un celebre Premio letterario e la misoginia esponenziale di Belpietro nei confronti di una pacata De Gregorio). Per tutto ciò, mi sarei augurata da una persona acuta come Scanzi, un intervento di tutt’altro tipo o quanto meno un freno inibitorio al suo istinto.
Non è, oltretutto, il momento di scherzare, questo. C’è bisogno di sostenere un cambiamento concreto, di traghettare la mentalità retriva che costringe tutt’oggi il nostro Paese a una sosta forzata, verso una nuova, rigenerante consapevolezza, che tenga conto delle differenze oggettive tra uomini e donne e ne tragga spunti costruttivi, avvalorati. C’è bisogno che si parli di donne in modo diverso, che si riconosca alle donne di essere presenti -di nome e di fatto- in ogni respiro di questo Paese civile.
Comprendo possa, per esempio, risultare destabilizzante pronunciare e ascoltare parole come “Ministra”, “Signora Economista”, “Professora” e via di seguito. Il nostro immaginario, la nostra realtà sono sempre stati abitati da “Ministri”, “Signori Economisti”, “Professori”.
Le cose mutano, per fortuna. I generi restano. Ma se iniziamo a “dirli” per bene, per intero, capace che cominciano a esistere sul serio, a entrare in carne e ossa, nell’ottica della consuetudine.
Forza, Scanzi, ci onori. Non ci faccia credere che anche il suo, in tema di donne, sia un vocabolario limitato e ingannato da un attacco di sovrabbondanza ormonale.
Ricominci anche lei. Da qui: La Signora Elsa Fornero è la nostra Ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali con delega alle Pari Opportunità…
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