Sondaggio di luglio e agosto - Luoghi dedicati alla salute in senso ampio, dove è maggiore la presenza consultoriale si è avuta una più rapida diminuzione del fenomeno abortivo
Rosa M. Amorevole Venerdi, 17/09/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2010
Istituiti con la legge sui Consultori Familiari del 1975, a cui hanno fatto seguito le leggi attuative regionali, sono stati poi inseriti nel Servizio Sanitario Nazionale effettivamente dal 1980.
Furono proprio le leggi regionali, attraverso una maggiore sottolineatura della dimensione psicosociale dell'azione consultoriale e l’invito alla costituzione di forme di partecipazione delle utenti e delle associazioni della società civile per la promozione, programmazione e controllo dell'attività consultoriale, a descriverne l’innovatività. Il consultorio familiare veniva collocato alla frontiera tra istituzioni e società civile, dalla pur variegata legislazione regionale.
I primi organici consultoriali furono costituiti da quelle professioniste che avevano partecipato alle battaglie nella società civile sui temi della sessualità, del punto di vista di genere, della soggettività, della complessità, contro il riduzionismo biologico. Misero in discussione il modello direttivo tradizionale e dettero risalto al momento dell'accoglienza e dell'ascolto, posero l'esigenza cardinale di operare in un contesto di multidisciplinarietà (il cosiddetto lavoro di équipe) scomponendo le gerarchie verticali delle conoscenze e delle organizzazioni, in dimensioni orizzontali e pluridisciplinari, dove il sapere delle varie professionalità avesse pari dignità.
Al Sud questo processo fu drammaticamente lento: alla fine del 1979, a 4 anni dalla legge istitutiva, meno di 650 consultori erano stati attivati su tutto il territorio nazionale, la maggior parte nel Centro Nord, contro una previsione complessiva di 2200. Agli inizi degli anni ’80, il tentativo di effettuare una valutazione sul tipo di prestazioni erogate, mise in evidenza la difficoltà del confronto fra le varie attività data l'assoluta disomogeneità delle caratteristiche consultoriali e la notevole
mutevolezza della disponibilità delle risorse umane. I consultori familiari sono stati spesso accusati di non fare molto per la prevenzione dell'aborto. Le statistiche rivelano che ciò non è vero, visto che nelle regioni dove era maggiore la presenza consultoriale si è avuta una più rapida diminuzione del fenomeno abortivo.
Tutto questo fa da sfondo alle risposte pervenute al sondaggio. I consultori appaiono utili per il 97% delle risposte pervenute: sono utilissimi per il 30%, la loro utilità/efficacia varia da regione a regione per l’11%, sono utili e dovrebbero essere incentivati con maggiori fondi per il 56%. Chi si è rivolto a loro lo ha fatto per svariati motivi: contraccezione, nascita, menopausa, problemi con adolescenti, problemi psicologici, ed altro. Li conosce bene, e per questo motivo suggerisce di riorganizzarli, renderli meno burocratici e più flessibili negli orari, aperti e soprattutto attenti anche a nuovi bisogni come quello degli adolescenti e delle donne immigrate.
Se il consultorio si colloca nell’area della prevenzione, chi in esso opera dovrà preoccuparsi di raggiungere chi è a rischio, e le persone più difficili da raggiungere sono quelle più a rischio. Per leggere la prevenzione come opportunità di vivere meglio, anche al Sud.
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