- ‘I consultori in Italia’ di Giovanni Fattorini, ed L'Asino d'oro, pagg 165, euro 12,00
Bartolini Tiziana Sabato, 27/12/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2015
Era il 1975 e la legge 405 istituiva i consultori familiari, presidi territoriali socio-sanitari che a quaranta anni di distanza e figli di “una stagione per alcuni versi irripetibile” mantengono inalterato il loro valore e significato. L’originalità dei consultori è stata quella di immaginare un servizio integrato che non separasse il problemi sociali da quelli sanitari soprattutto per “la salute sessuale e riproduttiva delle donne e degli uomini e il benessere affettivo delle coppie e delle famiglie”. Giovanni Fattorini, ginecologo e presidente di AGITE - associazioni dei ginecologi territoriali - fa il punto sulla realtà, oggi, de ‘I consultori in Italia’ scandendo la sua analisi con una progressione cronologica che ne esamina l’evoluzione attraverso i decenni anche rispetto alle mutate esigenze della società. Il libro fotografa la situazione attuale (sedi, organici, orari, attività) e analizza le proposte regionali di modifica ideate nell’intento di snaturare il senso della legge istitutiva. Non sfugge l’autore al nodo problematico con l’interruzione volontaria di gravidanza e con l’obiezione di coscienza, così come non rinuncia a sottolineare il permanere di una non compiuta definizione della “figura del ginecologo ‘medico’ e della sua identità scientifica e culturale”. È proprio il posizionarsi dei consultori in un territorio di confine che costringe anche altre professioni a rivedere se stesse e a ripensare i percorsi formativi. Ma, conclude Fattorini, “la contrapposizione tra un’anima sanitaria e una socio-assistenziale non è utile. Utile è invece adoperarsi per una riorganizzazione delle attività legate alla tutela della salute femminile attraverso una virtuosa integrazione tra ospedale, medici di medicina generale, centri di prevenzione territoriali a vocazione puramente sanitaria in collegamento con la rete dei consultori familiari…in connessione con le forme della partecipazione civile…”. L’autore esplicita una preoccupazione: che sia impoverita “una delle istituzioni pubbliche che più ha operato nella lotta alle disuguaglianze e nell’affermazione della dignità e della libertà delle donne”.
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