Paolo Glaviano Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2006
Le domande delle lettrici
I miei genitori riuscivano a mettere ogni anno qualche soldo da parte e lo investivano in Buoni Postali, che hanno sempre reso qualcosa. Ora vi chiedo: è ancora attuale questa forma di risparmio, o c’è di meglio? Anna (Ciampino)
Cara Anna, non rientra nei nostri compiti dare consigli di investimento, ma l’argomento è interessante e cercheremo comunque di darti una risposta. In effetti il risparmio postale è stata una colonna portante del sistema italiano negli anni del dopoguerra, ma aveva cominciato a diventare un po’ fuori moda negli anni ’80, perché altre forme di risparmio sembravano rendere effettivamente di più. Oggi invece le Poste si sono molto rinnovate nelle loro proposte, pur mantenendo alcune caratteristiche importanti per il piccolo risparmiatore: anzitutto si possono investire anche piccole somme di volta in volta, con costi bassissimi di commissione. Inoltre spesso capitale e interesse sono garantiti.
Non sempre però: alcune iniziative, anche se teoricamente corrette, sono un po’ discutibili.
Segnaliamo come ben congegnata la proposta delle Poste relativa ai Buoni Fruttiferi indicizzati (agganciati ai prezzi al consumo delle famiglie di operai e impiegati), serie I2, emessa in questi giorni, che ha un taglio minimo di soli 250 euro.
Il capitale si rivaluta costantemente seguendo l’inflazione; fruttano inoltre interessi annui dello 0,15% lordo i primi quattro anni, poi dello 0,50% per cinque anni e infine dell’1,4% il decimo anno. Il rendimento reale a scadenza, ovvero depurato dalla perdita del potere d’acquisto, è quindi mediamene lo 0,45%. Con l’inflazione al 2% ciò si traduce in un 2,5% nominale l’anno. Se poi l’inflazione dovesse modificarsi fortemente nei prossimi anni, o comunque il rendimento non fosse più interessante, si possono rivendere in qualsiasi momento senza perderci nulla. Mica male con i tempi che corrono.
Altre proposte delle Poste Italiane ci sembrano meno interessanti, a anzi talvolta sconsigliabili.
(23 aprile 2006)
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