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Modena/ Intervista a Simona Arletti - Il piano per la salute varato dal comune di Modena: le donne al centro dell'attenzione

Bertani Graziella Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2006

Simona Arletti, bella, giovane colta, madre di due figli, già Presidente di circoscrizione e dalle ultime amministrative entusiasta. Assessora con deleghe agli Affari generali, Decentramento, Politiche per la Salute e Pari opportunità del Comune di Modena. L’incontro nasce da un seminario promosso dal suo Assessorato su ”Salute donna-Cosa stiamo facendo per migliorare la qualità della vita delle donne?”

Come mai questo seminario?
L’idea nasce dalla necessità di comunicare alla città che l’amministrazione comunale sta investendo molto sulla promozione della salute dei cittadini e delle cittadine; abbiamo infatti un Piano per la Salute (PPS) che è composto da oltre 500 azioni che diversi soggetti mettono in campo per migliorare la salute in particolare di alcuni gruppi di popolazione: bambini/e e ragazzi/e, donne e anziani/e. Il Piano è concepito come un vero e proprio Patto di solidarietà per la salute, intesa come benessere complessivo della persona, ed è sostenuto per un terzo dall’amministrazione comunale, un terzo dalla aziende sanitarie e un terzo da altri soggetti (associazioni, comitati di cittadini, ecc). Il primo marzo- volutamente vicino alla festa delle donne – abbiamo chiamato i/le cittadini/e, le associazioni femminili, esperti delle Aziende Sanitarie per confrontarci su cosa stiamo facendo e come possiamo insieme migliorare la qualità della vita delle donne che abitano la città (modenesi e immigrate).

Il sottotitolo propone un approccio alla salute non astratto…influenza del pensiero di genere?
L’influenza del pensiero della differenza sta nel voler testardamente procedere nell’indagare se l’essere donna può comportare disuguaglianze di salute e come le politiche possono colmare questo gap. Le donne di Modena hanno un’alta aspettativa di vita alla nascita, hanno una minore mortalità per malattie cardiovascolari rispetto alle altre donne italiane (pur restando la prima causa di morte), aderiscono per oltre il 70% agli screening oncologici promossi dalla Regione per i tumori all’utero e al seno (aumentando così la sopravvivenza); inoltre hanno un livello di istruzione elevato e un tasso di occupazione che supera l’obiettivo di Lisbona del 60%: queste sono credo le eccellenze che coniugano un buon sistema sanitario con un altrettanto forte sistema di welfare e per il benessere della persona l’istruzione e il reddito sono fattori altrettanto importanti quanto il livello delle cure !

La conciliazione dei tempi e l’organizzazione del lavoro che incidenza possono avere sulla salute delle donne? Quali sono le nuove emergenze?
Incidono tantissimo, credo, forse non quanto incide nelle zone più povere del paese l’assenza di lavoro e di reddito, ma è certo che la fatica quotidiana di conciliare lavoro pagato e lavoro gratuito nella cura dei familiari e della casa comporta conseguenze sulla salute. Nella nostra realtà vedo questo come problema emergente e provo a semplificare: ad esempio le donne hanno poco o per niente tempo per sé, quindi non fanno sport o sono costrette ad acquistare cibi pronti non sempre salutari; oppure accade che si ammalino per spossatezza. Anche le scelte sulla maternità sono per le donne problematiche: a volte sono costrette a rinunciare a sogni di maternità inconciliabili con le esigenze di un lavoro spesso precario, oppure rinunciano a una carriera professionale quando decidono di diventare madri. A fronte di reti familiari sempre più ridotte numericamente, e di una società che invecchia, con conseguente aumento di anziani ultra-ottantenni, permane il sostanziale squilibrio nella distribuzione del lavoro di cura, ancora principalmente a carico delle donne; si tratta del lavoro non retribuito, ossia il lavoro domestico, di assistenza e cura di familiari, bambini, anziani, disabili, ecc. che si aggiunge alla quotidiana attività occupazionale retribuita. Considerando coppie con figli con entrambi i coniugi percettori di reddito della provincia di Modena, risulta che le donne lavorano in media 18 ore in più a casa degli uomini e, sommando il lavoro retribuito e quello non retribuito per attività domestiche e/o di cura, gli uomini lavorano circa 62 ore settimanali (di cui 17,1 per il lavoro di cura e/o domestico non pagato) e le donne in media 71 ore settimanali (di cui 36,6 per il lavoro di cura non pagato).
Una seconda priorità è affrontare in un’ottica di genere anche il fenomeno migratorio; a fronte di trasformazioni sociali che vedono un aumento significativo di modenesi con cittadinanza straniera, di cui circa la metà sono donne, che rappresentano oggi l’8,4% dell’intera popolazione femminile modenese, è necessario ripensare i servizi e l’accesso ad essi con strumenti differenti che tengano conto della multiculturalità; ad esempio implementare la presenza di mediatrici culturali e linguistiche nei consultori e di strumenti informativi in più lingue.

Migliorare la salute delle donne è più facile se sono le donne ad occuparsene ad ogni livello?
Si può presupporre più attenzione e sensibilità, ma non sottovalutiamo l’importante ruolo svolto dalle donne che appassionatamente lavorano in associazioni femminili sul territorio; è dal basso che l’impegno delle donne crea un’opinione di massa che può influenzare l’eventuale dirigenza “sorda” alle esigenze di genere. Nel settore sanitario si sta assistendo già a una forte femminilizzazione quindi presto o tardi le posizioni di “comando” saranno femminili, forse prima che in politica!

(2 aprile 2006)

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