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Conflitto e l’eclissi di Dio

Conflitto e l’eclissi di Dio

Marianesimo - La Vergine Maria parla alle anime semplici ed innocenti: a cosa serve una figura materna che soccorre e perdona

Stefania Friggeri Lunedi, 10/02/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2014

Quali risposte trova nella tradizione cattolica l’urgenza di vivere entro una dimensione che risponda al bisogno di spiritualità? L’interrogativo ha una sua giustificazione perché, con l’accondiscendenza della Chiesa ufficiale, molti fedeli ormai hanno involontariamente decretato l’eclissi di Dio, sostituito nel tempo, passo dopo passo, dalla Vergine Maria: Cristo se ne sta sofferente in croce, Dio padre, un vecchio disinteressato e forse disgustato dallo spettacolo degli umani, è lontano e silente, la Madonna invece appare e parla anche ripetutamente alle anime semplici ed innocenti (ragazzini, pastorelle), come la Madonna di Medjugorje; e poi c’è la Madonna di Lourdes, quella di Fatima, quella di Loreto e altre ancora meno note. Scrive Vito Mancuso: “sulla base dei pochi passi evangelici concernenti la madre di Gesù…la tradizione cattolica ha elaborato la massima “de Maria nunquam satis”, “su Maria mai abbastanza”, generando così più di 30 celebrazioni mariane all’anno, 4 dogmi, le 150 avemarie del rosario (di recente diventate 200 con l’aggiunta di nuovi Misteri), le 50 Litanie lauretane e una serie sterminata di altre devozioni, chiese, ordini religiosi, antifone, musiche, immagini, santuari”. E molti fedeli invece di leggere la Bibbia prendono in mano il rosario; anche perché il marianesimo, nella figura della madre accondiscendente che soccorre e perdona, restituisce fiducia e speranza, placa la paura e il dolore di vivere. La figura di Maria insomma, quasi a fondare una nuova religione, primeggia all’interno di quel vasto stuolo di santi che ricordano l’empireo pagano e indù: protettori dei mestieri o delle città, i santi venerati difendono dagli incidenti, dalle malattie, dagli eserciti invasori ecc. Come non stupirsi dunque se papa Francesco, che ha affidato il suo pontificato a “Nostra Signora di Fatima”, domenica 13 ottobre, anniversario dell’ultima apparizione, ha consacrato il mondo intero al Cuore Immacolato di Maria? la cui immagine, ovvero la statua della Madonna di Fatima, era sbarcata sabato 12 ottobre all’aeroporto di Fiumicino per essere esposta in piazza S. Pietro e poi spostata al santuario del Divino Amore. Papa Francesco, da cui i fedeli si attendono grandi riforme, tra di esse la rivisitazione, nella Chiesa e dunque nel sociale, della figura della donna, su un tema ormai così urgente e pressante, si tiene sulla linea della tradizione: come già papa Wojtyla nella “Mulieris Dignitatem”, celebra ed elogia grandemente la donna, ma finora non ha affrontato le radici del contesto storico, sociale ed economico, che tengono le donne subordinate e ai margini. Forse perché nell’orizzonte pur necessario delle “pari opportunità” le donne aspirano all’ “eguaglianza”, il principio che struttura ed organizza il conflitto. Dal principio di eguaglianza infatti, che ordina e indirizza il pensiero, ha origine un processo, individuale e collettivo, che rovescia le forme di potere escludenti ed asimmetriche: centro propulsore di un nuovo umanesimo femminile, il principio di eguaglianza chiama le donne a sfidare l’ordine valoriale del patriarcato, a stringere un impegno collettivo, a tessere la tela che mette a frutto la loro capacità di costruire relazioni, individuare spazi comuni, pratiche. Non è un caso infatti che la crisi del femminismo, della liberazione insieme individuale e collettiva delle donne, (“il personale è politico”), abbia generato un clima negativo di frammentazione e solitudine. Superabile tuttavia attraverso un confronto deciso e combattivo che, sfruttando le molte contraddizioni del sociale, rinnovi il sentimento corale di concertazione: per promuovere il rispetto dell’altro, valore fondante la cittadinanza fra diversi, ma eguali, e dunque per promuovere i diritti della donna, non ancora riconosciuti nelle società dove la religione invade impropriamente lo spazio pubblico. Come avviene in Italia dove l’influenza della chiesa è ancora oggi pervasiva e radicata. Non stupisce infatti che la figura della Madonna, simbolo del materno oblativo, venga riproposta come modello femminile anche se le sue parole in risposta all’angelo, (“sia fatta la tua volontà”), sono incompatibili con la cultura del conflitto. Così che in tempi in cui la libertà soggettiva e i diritti individuali sono riconosciuti come i valori fondanti della civilizzazione, “la chiesa rischia di perdere l’occasione storica di una grande e potente alleanza col genere femminile”. Queste le parole di Emma Fattorini nel suo intervento al convegno “Gesù nostro contemporaneo” tenuto a Roma dalla CEI nel febbraio 2013; e ancora: “non bisogna avere paura della sfida con la libertà femminile perché arricchisce in primo luogo il maschio stesso”. Ma anche il sociologo Stefano Allevi invita a rinunciare senza paura al “volemose bene” italico, ad accettare un conflitto positivo e guidato con intelligenza: “Spesso è solo attraverso il conflitto che le posizioni possono modificarsi e trovare i canali per evolvere: ignorare o sottovalutare non è né utile né conveniente perché non farebbe altro che proporsi nel tempo, con il rischio di accentuarne il contenuto distruttivo anziché quello evolutivo”.



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