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 Conciliazione in tempo di crisi: argomento fuori moda?

Conciliazione in tempo di crisi: argomento fuori moda?

Sondaggio di luglio/agosto - La sfida richiede coraggio, nuove modalità di condivisione delle attività di cura e di organizzazione per una vera flessibilità

Rosa M. Amorevole Martedi, 08/09/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2009

Le motivazioni del tanto parlare degli ultimi anni in merito alla conciliazione vanno ricercate in una maggiore consapevolezza dei ruoli maschili e femminili, nella massiccia entrata delle donne nei lavori, nel cambio generazionale avvenuto nella massa di lavoratrici e lavoratori di riferimento. Lavorare non solo per contribuire, ma per esserci, per crescere, per realizzarsi pur non venendo meno nell’esser madre o padre, figlia o figlio.

In un periodo di espansione c’è stato anche un tempo per sperimentare quanto idealmente introdotto nella normativa nazionale.

Non entreremo nella controversia dei numeri della crisi, ritenendo utile qui analizzare come la sola percezione di difficoltà future abbia di fatto modificato le priorità delle attenzioni che donne e uomini pongono alla loro realtà lavorativa. Oggi molto spesso, nelle realtà di ascolto delle donne che parlano di difficoltà sul lavoro, ci troviamo con persone timorose di far valere i propri diritti pur di non incorrere nella disoccupazione.

A fronte della recente crisi economica attuale che lascia a casa in prevalenza i lavoratori maschi fino ad ora presenti nelle posizioni forti (anche in termini di salario), in una recente intervista a Chiara Saraceno veniva chiesto se anche da noi - così come in Gran Bretagna - non si stesse andando verso il sistema di female breadwinner, ovvero si stesse andando verso un cambiamento di modello sociale in cui saranno le donne a percepire il reddito più alto o l’unico reddito della famiglia. Del resto era già successo nella crisi del ’29 quando negli USA venivano licenziati uomini e assunte le donne, perché costavano meno.

La studiosa rilevava che questo fenomeno non dovesse esser visto come una vittoria per la parità, perché ciò non è indicativo di un grande successo. A fronte dei licenziamenti degli uomini in posizioni maggiormente retribuite, queste non vengono di fatto reintegrate con l’altro sesso. Infatti a fronte dei licenziamenti di manager, le assunzioni effettuate avvengono per i call center, o nei servizi di pulizie. Inoltre, il cambiamento di modello avviene perché le cose “non vanno bene”. Il female breadwinner c’è “nel caso di una ragazza madre, oppure perché il padre ha perso il lavoro. Il modello ottimale, in realtà, è quello in cui entrambi possono essere breadwinner ed entrambi si dividano il lavoro di cura”.

”Più che altro la crisi persuaderà forse un numero crescente di donne che è bene che stiano nel mercato del lavoro, senza delegare i compiti di procacciamento di reddito ai mariti. Perché anche i mariti possono perdere il lavoro; oltre al fatto che anche i matrimoni possono finire. Quindi incoraggerà ulteriormente il modello dual earner”.

Occorre poi ricordare che in Italia, ma anche nel Regno Unito, “le donne sono particolarmente vulnerabili perché sono più concentrate nei contratti di lavoro atipici, che non richiedono neppure un atto di licenziamento”.

Settembre ci consegna una misurazione più precisa della dimensione della crisi, e il problema della conciliazione rimarrà meno dibattuto, ma presente. Probabilmente, così come nel nostro sondaggio, il 14% continuerà a pensare che la soluzione andrà trovata individualmente (“così almeno il problema lo risolvo”), il 5% caldeggerà un’entrata in campo delle associazioni e del volontariato in modo da poter usufruire di servizi meno cari, così come un altro 5% affermerà che “pur di tenere il posto di lavoro occorrerà arrangiarsi”.

Ma per la maggior parte di chi ha risposto (76%) proprio questo momento di difficoltà potrebbe essere foriero di scelte più azzardate in grado di sperimentare a tutto tondo un diverso approccio sia verso il proprio privato sia verso il contesto lavorativo.

Verso il proprio privato sperimentando nuove modalità di condivisione delle attività di cura, verso nuove forme di organizzazione che permettano una vera flessibilità in grado di rispondere alle esigenze di azienda e lavoratrice/lavoratore.

La sfida richiede coraggio. Coraggio!



RAPPORTO ILO 2009

Crisi economica mondiale: è previsto un deterioramento globale del mercato del lavoro per entrambi i sessi. Dai dati sull'occupazione globale, nel 2008 le persone lavoratrici erano 3 miliardi: di queste il 40,4% donne, pari a circa 1,2 miliardi. Nel 2009 la situazione potrebbe peggiorare. Per quanto riguarda le donne si stima che il tasso di disoccupazione possa arrivare al 7,4%, contro un massimo del 7% previsto per gli uomini. Le proiezioni per il 2009, infatti, individuano oscillazioni del tasso di disoccupazione a livello globale che vanno dal 6,3% al 7,1% (nel 2008 era intorno al 6%, al 5,7% nel 2007) con una oscillazione per le donne che va dal 6,3% al 7,4%. L'aumento dei disoccupati al mondo potrà essere compreso tra i 24 e i 52 milioni, di cui le donne tra i 10 e i 22 milioni. Per risolvere il divario fra generi occorrono al più presto "soluzioni creative".



(8 settembre 2009)

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