NEL CELEBRE TESTO IN A DIFFERENT VOICE, LA PSICOLOGA CAROL GILLIGAN AFFERMA L'ESIGENZA DI ADOTTARE LA MODALITA’ FEMMINILE COME NUOVA ETICA CONTEMPORANEA
Pietra miliare nel dibattito sull’etica contemporanea è il celeberrimo saggio In a different voice dalla psicologa e studiosa di evoluzione femminile Carol Gilligan.
Nel suddetto testo, l’affermata autrice statunitense, elabora due modalità etiche confutando gli studi di Lawrence Kholberg, basati sul dilemma di Heinz, e rilevanti un minor grado di moralità nei soggetti femminili.
Mediante una nuova analisi delle risposte al dilemma Gilligan rileva come, i principali modelli del panorama teorico, assumano implicitamente un punto di vista maschile.
Alla domanda circa la legittimità del gesto di Heinz, al fine del rubare la medicina per salvare la vita della moglie, Jake sembrerebbe concentrarsi sul capire quale sia la cosa giusta da fare da un punto di vista razionale e legale, tentando di risolvere il dilemma quasi fosse un problema matematico.
Amy, invece, sembrerebbe dare una risposta evasiva che porterebbe a pensare a un suo fallimento da un punto di vista logico. Secondo Gilligan tale insicurezza nel rispondere sarebbe frutto della ricerca di una soluzione che tenga conto delle conseguenze delle azioni che andrebbero a ricadere sui legami degli individui.
La “difficoltà morale” riscontrata dalla donna nel risolvere tale dilemma sarebbe, quindi, data dal fatto di considerare l’intera questione come un errore in quanto “se nel mondo tutti aiutassero gli altri, non ci sarebbe bisogno di rubare”.
Sulla base di tali osservazioni, Gilligan distingue due modalità:
 l’etica della giustizia; che si attiene alle leggi stabilite dal contratto sociale;
 l’etica di cura; si interroga sulle implicazioni dell’eventuale azione sulle relazioni umane.
L’autrice, allora, invita provocatoriamente il lettore ad abbandonare quei valori impregnati esclusivamente della voce maschile, l’unica che per secoli ha avuto il privilegio di manifestarsi al di fuori delle mura domestiche; votandosi ad una voce, appunto differente, composta da quei valori intesi come tipicamente femminili.
Da notare però che, quando l’autrice utilizza i termini “maschile” e “femminile”, si riferisce a concetti socialmente costruiti, definiti nell’ambito dell’educazione di genere. Ipotesi corroborata dal panorama scientifico, che invaliderebbe la concezione patriarcale secondo cui le differenze di genere sarebbero biologicamente date.
Pur riconoscendo l’importanza dei moti femministi nell’affermazione dell’emancipazione femminile, Gilligan ne prende le distanze in quanto conducenti la donna all’omologazione proprio con tali valori intesi come tipicamente maschili, mantenendo, così, intatto il pregiudizio androcentrico che eleva l’uomo a essere superiore all’interno della specie umana.
La teoria di Gilligan, oltre a fornire un nuovo modo di vedere la giustizia, permetterebbe alla cura, di uscire dal ristretto ambito familiare e di applicarsi a più larghe istituzioni a partire dalle politiche e dalle economie, attualmente intimorite circa i larghi costi, economici e di tempo, che tale tipo di approccio richiederebbe.
Il corrente modello proposto, infatti, concepisce un unico datore di cura attivo (il più della volte una donna) e i soggetti riceventi come esclusivamente passivi. Gilligan ci consente di immaginare, invece, una società più equa, dove ogni individuo, allo stesso tempo, sarebbe in grado di dare e ricevere cura. Una società contemplante la modalità femminile come nuova etica contemporanea.
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