Domenica, 25/01/2015 - Nell'ambito della tre giorni di Human Factor, la Convention di Sel e sinistra Pd in corso presso il Palazzo della Permanente di Milano, ho partecipato ieri pomeriggio al Laboratorio 47 avente per tema DEMOCRAZIA E COSTITUZIONE.
Benché non mi fossi iscritta a parlare già in partenza, sul finire dell’incontro mi è stata data ugualmente la parola.
Sono intervenuta introducendo il tema dell’art. 51, che non era stato ancora sfiorato, e l'opportunità d’inserire in un ricorso contro l’Italicum - che uno dei partecipanti, l’Avv. Felice Carlo Besostri, starebbe preparando - la totale e incontestabile assenza nella legge elettorale approvata alla Camera di provvedimenti che favoriscano la parità di genere.
Ciò, ovviamente, nel caso in cui non venisse approvato in Senato l’emendamento Fedeli che dovrebbe essere discusso domani 26 gennaio, o ancora se, ad approvazione effettuata, l’Italicum dovesse tornare alla Camera a causa della modifica intervenuta, senza ottenere approvazione definitiva.
Stando a quel che è accaduto delle richieste delle donne, quando con voto segreto i deputati voltarono le spalle anche a compagne di partito con cui avrebbero dovuto avere in comune gli ideali di democrazia paritaria, le previsioni non sono interamente rosee.
Tuttavia c’è oggi qualcosa di diverso. L’emendamento di matrice trasversale per l’equilibrio di genere, la cui prima firmataria è Valeria Fedeli (presidente protempore del Senato) e che è già stato accolto dalla Presidente della commissione Anna Finocchiaro, prevede che:
- i capilista dello stesso genere non possano essere più del 60%;
- le liste debbano essere al 50e50, alternando dunque una donna e un uomo o viceversa;
- sia introdotta la doppia preferenza di genere sul proporzionale.
Non c’è in vista sull’emendamento in questione il voto segreto. Potrebbero esserci dunque buone possibilità di successo.
Ciò non toglie che, ad emendamento approvato, proprio in ragione della modifica intervenuta il testo debba poi tornare alla Camera. Che succederà in questo caso?
L’art. 51, comma 1, della Costituzione recita:
“Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini”.
C’è da augurarsi che la sua applicazione non appaia ancora indigesta a parlamentari di diverse collocazioni politiche, come è avvenuto in passato, e che la pretesa di legiferare per un Paese secondo schemi tagliati su modelli improntati massimamente a interessi maschili sia un’onta storica che il Parlamento sappia provvedere a cancellare da sé.
In caso contrario, non resterà che l’ineliminabile via del ricorso legale alla Consulta.
Leggere anche "Parlamento / La difficile ascesa delle donne" in questo sito
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