Giovedi, 21/04/2011 - Secondo Wikipedia, l’espressione “politicamente corretto” (traduzione letterale dall’inglese “politically correct”) designa un atteggiamento sociale di estrema attenzione al rispetto generale, soprattutto nel rifuggire l’offesa a determinate categorie di persone. In poche parole, si vuole evitare qualsiasi tipo di pregiudizio razziale, etnico, religioso, di genere, di età, di orientamento sessuale o relativo a disabilità fisiche o psichiche della persona.
La cronaca degli ultimi anni appare sempre più improntata al “politically incorrect”, soprattutto nel mondo dello sport. Chi andando ad assistere alla partitella di calcio di un fratello o di un amico non è rimasta negativamente impressionata – almeno una volta – da quelle grida dagli spalti che, con l’obiettivo di turbare qualche giocatore della squadra avversaria, tendevano a colpire uno o più calciatori utilizzando modalità che non esiteremmo a definire discriminatorie?
Il fatto: Bologna – Parma del 16 aprile 2011, campionato nazionale Primavera. Ultimo minuto del derby emiliano (2-2). Il Bologna spreca un'occasione, il Parma parte in contropiede: è l'ultima chance. Un ragazzo del Parma corre col pallone. L’allenatore del Bologna, a fronte di un ragazzo della sua squadra rimasto a terra e di un avversario che continua a correre, urla furente: "Via la palla Finocchio...!". L’arbitro Donati interviene fischiando l’espulsione dell’allenatore per insulto all’avversario! Accidenti, non si dicono certe cose! Inutili le proteste, solo negli spogliatoi il chiarimento. Le inclinazioni sessuali del ragazzo del Parma non c’entrano: è che si chiama Francesco Finocchio, classe ’92 di Caserta. “Se non lo chiamavo Finocchio, come avrei dovuto chiamarlo?” si chiede l’allenatore del Bologna.
Al di là del lato comico, e nella certezza che il qui-pro-quo si sia positivamente risolto, credo che dovremmo comunque ringraziare per la sensibilità quell’arbitro che ha voluto mantenere in campo un atteggiamento politicamente corretto.
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