Comunicazione pubblica e rispetto per le donne - di La Camera delle Donne*
Lettera aperta al Presidente della Repubblica per dire basta anche ad "...allusioni pesanti e di esplicite dichiarazioni che si ispirano a ruoli puramente sessuali e ancillari riservati alle donne".
Domenica, 17/10/2010 - Al Presidente della Repubblica
E p.c. Al Presidente della Camera dei Deputati
Al Presidente del Senato
Ai Capigruppo di Camera e Senato
Al presidente Zavoli
Napoli, 15/10/10
Gentile Presidente,
estendiamo questa stessa alle Cariche Istituzionali in indirizzo, convinte che sia un atto dovuto per le responsabilità che ricoprono.
Le associazioni delle quali siamo portavoce, più e più volte hanno apertamente espresso dissenso ed indignazione per l’arroganza e la grossolanità del pensiero di fondo che ispirano la comunicazione pubblica rivolta al nostro genere nel nostro Paese.
Anche in Parlamento e in Senato abbiamo avuto modo di constatare, più che percepire, il tono dispregiativo, il linguaggio proprietario e la circostanza ricorrente del rivolgersi a noi cittadine identificandoci con meri oggetti sessuali. Si colpisce così non solo la soggettività reale delle donne, ma la stessa Costituzione nei suoi principi di uguaglianza.
Mentre migliaia di donne ogni giorno sono colpite dalla cieca violenza di chi vuole continuare a privarle della libertà di decidere, di muoversi ed esprimersi, tali espressioni e comportamenti, delineano un’irresponsabile forma di connivenza culturale con i crimini perpetrati su donne e bambini.
Fatti gravissimi, che tutti non dovremmo dimenticare, sono purtroppo in gran parte derubricati dalla politica ed archiviati in cronaca nera o ancora come episodi, se pur deprecabili. Infatti non abbiamo notizia di esiti delle denunce su violenze sessuate ai danni di bambine, donne e bambini perpetrate da soggetti in missioni di pace, che vedono il nostro Paese partecipe. Infatti lo sfruttamento della prostituzione, reato previsto da nostro codice, è trattato come argomento di opinabile illegalità se non occasione di ilarità.
Non può essere sfuggito a nessuna delle Autorità, cui estendiamo questa, il pesante clima di disvalore diffuso da eletti e rappresentanti del Popolo verso la metà della cittadinanza, e verso tutte le donne presenti sul nostro territorio, sia dentro che fuori dal Parlamento: si tratta di allusioni pesanti e di esplicite dichiarazioni che si ispirano a ruoli puramente sessuali e ancillari riservati alle donne.
L’Italia ha accumulato ritardi secolari in materia di contrasto alle violenze, in materia di servizi a sostegno del lavoro di cura, in merito all’equa ripartizione del potere tra generi, nonché alla disparità dei livelli retributivi tra donne e uomini. Noi attribuiamo tali ritardi, additati e sanzionati dall’Europa, al perpetuarsi del dominio arcaico maschile che è progressivamente legittimato da una comunicazione verbale e comportamentale lesiva della dignità femminile.
Noi riteniamo ed affermiamo che i dovuti richiami ufficiali da parte di chi ne ha responsabilità, ancora non pronunciati, facciano parte del diritto non negoziabile alla dignità e alla libertà dagli stereotipi per tutto il nostro genere, così come pensiamo che la civiltà relazionale tra donne e uomini sia un postulato per la costruzione della democrazia.
Signor Presidente, già nel 2004, a Napoli, ha voluto rispondere a noi e a tutte le cittadine italiane, sulla necessità di esprimere un più forte impegno istituzionale nel contrasto alla violenza contro il nostro genere.
Oggi di fronte all’emersione, da noi fortemente voluta, della reale dimensione del Femminicidio nel nostro Paese, crediamo che l’autorevolezza di un suo richiamo ad un linguaggio e a pratiche più responsabili da parte degli eletti, sarà determinante nella ricostruzione di un rapporto tra politica e cittadini.
* La Camera delle donne
(UDI di Napoli, Arcidonna Napoli, Associazione Maddalena, Donnesudonne, Donne in nero NA, Associazione Febe, Giuriste Democratiche, Associazione Karabà. Coop. Eva, Associazione Salute donna, Udi di Portici, Self, Donne Medico, Associazione Pimentel, Comitato 194)
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