Iori Catia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2007
Sfogliando con avida curiosità le pagine di 'noidonne' e apprezzando la ricchezza poliedrica dei suoi spunti culturali e tematici, mi sono chiesta quante donne leggano l’informazione nazionale o locale, quante invece soltanto i femminili. Mi domando ad esempio se il genere femminile ami fare commenti sulla politica o sull’economia italiana, partendo dalla propria proverbiale concretezza, facendo spazio alla capacità di discernimento e di opinione personale. Penso infatti che mantenere relazioni efficaci, dialogare e dibattere, e diventare capitale sociale possa passare solo attraverso una presenza più massiccia delle donne sui media sia come opinion makers che come target di comunicazione. In sintesi, tre sono gli scogli contro cui s’infrange la questione: il problema dell’iconografia femminile, così come viene veicolato dai media con immagini, contenuti e forme espressive che non sempre riflettono le mutate realtà dello specifico femminile, e che invece danno vita ad un’informazione spesso appiattita sugli stereotipi di genere; il tema della comunicazione di genere cioè di quanto e di come la nuova cultura femminile trovi o non trovi espressione nei media. Quanto ad esempio si parla di Welfare, di Banca del tempo, di temi cari alla conciliazione femminile?; da ultimo lo scoglio della carriera delle donne, delle donne impegnate nel settore della comunicazione con riferimento al cosiddetto “tetto di cristallo” che non è né un look dell’arredamento né una nuova tecnica di costruzione ma è uno degli elementi segreganti la professionalità femminile. Per questo motivo, come dice Gloria Steinem “le donne possono dimostrare quanto vogliono di avere la stoffa giusta, ma senza l’approvazione degli uomini è come se l’avessero sbagliata!!”. C'è chi dice che questo soffitto di cristallo è una sorta di gigantesca cappa culturale per cui le donne sono socialmente accettate solo se… non disturbano il manovratore. Se ci pensate nell’informazione mediatica esiste ancora un impatto fortemente sessista che rafforza i pregiudizi di genere, riducendo la molteplicità delle innumerevoli, diverse , concrete esistenze femminili a categoria astratta e non sempre positiva. Insomma poca autorevolezza è riconosciuta alle donne e questo non fa che ostacolarci nella realizzazione di processi di empowerment, cioè di affermazione della soggettività femminile. Un esempio che vale per tutti: fatta eccezione per Lucia Annunziata che è davvero unica, il potere di decidere cosa fa e cosa non fa notizia, con quale linguaggio trattarla e con quali strumenti di analisi tutto questo lo decidono i vertici. Che sono, ve lo assicuro, tutti maschili.
Lascia un Commento