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Come comprare una moglie perfetta

Come comprare una moglie perfetta

Rai1 chiude il programma di Paola Perego dopo il servizio sessista sulle fidanzate dell’est. Ma la strada verso il rispetto delle donne e l’uguaglianza dei generi è ancora lunga.

Martedi, 21/03/2017 - La Rai ha annunciato la chiusura del programma Parliamone sabato, condotto da Paola Perego, allo scopo di rimediare alle polemiche scatenatesi a seguito del dibattito dei partecipanti a tale programma sabato scorso sui motivi per cui sarebbe meglio scegliere una fidanzata dell’est. Sessismo e razzismo sono state le principali accuse lanciate a Perego e a chi per o con lei ha scritto quella pagina di programma. Ma, vista la scena sessista e razzista, lette le polemiche, mi è venuta la curiosità di andare a cercare dove Paola Perego (o chi per lei) abbia trovato questa lista di buoni motivi per andare ad acquistare una fidanzata fuori dall’Italia, laddove l’uso del verbo “acquistare” è tutt’altro che casuale per ragioni che saranno chiare tra poco.

Ebbene, cercando in rete, ho scoperto che i 6 motivi elencati da Rai1 in realtà sono il riassunto dei ben “20 motivi per farsi una ragazza dell’est” pubblicati qualche mese fa da un blog chiamato “oltreuomo”, la cui paternità è peraltro anche rivendicata dallo stesso blog sulla sua pagina facebook, come a vantarsi di aver per primi scoperto questa realtà e averla condivisa con i propri seguaci. C’è da dire che il riassunto ben rispecchia lo spirito della più lunga lista, tuttavia ciò che pare particolarmente interessante, nella sua bassa volgarità, è la premessa che si legge nell’articolo: “Dopo essere stati invitati a San Pietroburgo al raduno mondiale dei morti di figa abbiamo avuto modo di constatare la qualità delle ragazze russe e ucraine. Non solo il livello è molto alto, ma pare siano anche un buon investimento a lungo termine nel caso decidiate di concedere i servigi del vostro pene a una ragazza sola”.

Sorvolando sulla volgarità, che sembra una caratteristica tipica di molti degli altri articoli del blog in questione, sembra interessante analizzare le parole utilizzate per capire il concetto che si vuole trasmettere. Con “il livello” ci si riferisce ovviamente alle caratteristiche fisiche di queste ragazze, primo requisito essenziale e imprescindibile per essere considerate meritevoli di attenzioni dagli uomini; con la parola “investimento” ci si riferisce evidentemente all’inevitabile esborso di denaro che il frequentare una ragazza comporta, giustificabile solo se il prodotto acquistato sarà in grado di soddisfare le esigenze dell’acquirente.

Ed è questo il punto. Che si tratti di 6 o di 20 motivi non importa: ciò che emerge da questa lista è la considerazione - tutt’altro che sopita, anzi in ottima salute – della donna come oggetto, che si può acquistare e poi buttare quando non piace più. Neanche come animale domestico, come ha affermato la Presidente della Camera Boldrini, perché degli animali domestici oggi si ha molta cura e considerazione. Delle donne no. Perché se un uomo da una donna vuole che sia in forma, sexy, brava a letto, sottomessa al loro volere di signori e padroni, incurante dei loro tradimenti, cameriera impeccabile e sempre col sorriso sulle labbra, ma con le labbra chiuse per non disturbare, vuol dire che non considera le donne degli esseri umani, con dei sentimenti e dei pensieri propri, ma solo oggetti sessuali che in più sanno cucinare e pulire la casa.

Ma questa non è affatto una novità in Italia. E lo è ancor meno nella televisione italiana, il cui sessismo era già stato ben denunciato da Lorella Zanardo con il suo documentario Il corpo delle donne. Perché in Italia – e purtroppo in molte altre parti del mondo, che però vengono in genere considerate meno evolute del ricco Occidente – le donne valgono meno degli uomini, possono aspettarsi meno degli uomini dalle proprie vite, devono sottostare a stereotipi che le relegano “al loro posto”. E dato che questi stereotipi sono così ben sedimentati nella cultura maggioritaria, quando una donna decide di non stare “al suo posto” allora diventa corretto, o almeno giustificabile, punirla, picchiarla, sfregiarla, umiliarla, ucciderla. Perché è dalla cultura che nasce la violenza, non dalla malvagità, non dalla follia, ma solo dalla cultura che tutti condividiamo.

Stefano Ciccone – presidente dell’Associazione Maschile Plurale, rete di uomini impegnati in un percorso di autocoscienza e ridefinizione dell’identità maschile – racconta di essere rimasto scioccato quando si è reso conto che le conversazioni sentite in carcere tra uxoricidi sono le stesse conversazioni che sentiamo quotidianamente al bar. Non è quindi possibile dire “quella violenza non mi riguarda”, puntando il dito verso gli altri - i mostri -, ma è necessario interrogarsi sulla cultura maschilista che tutti condividiamo. Come ha affermato Anne Hathaway, ambasciatrice ONU, nel suo discorso l’8 marzo, “Per liberare le donne è necessario liberare gli uomini”.

La cosa più triste, in questo quadro già molto triste, è che non solo gli uomini – o, per non offenderne qualcuno evoluto, diciamo moltissimi uomini – condividono questa cultura misogina e patriarcale, ma che questa sia condivisa anche dalle stesse donne. Perché scommetto che ben poche donne italiane dopo aver letto la lista di Paola Perego abbiano provato schifo per gli uomini che hanno prodotto quella lista, e si siano dette che un uomo che condivide anche solo in parte quella lista non merita la loro considerazione. Temo invece che qualcuna –molte -, dato che “la minaccia arriva dall’est”, si sia detta “Magari potrei soffrire un po’ di più il freddo e abbandonare il pigiamone, se questo serve per tenermi mio marito”, oppure “ Certo che a volte sono proprio lamentosa, dovrei mettere meno il broncio e lasciarlo in pace”, oppure “Dovrei proprio iniziare ad andare in palestra per togliere qualche chilo e piacergli di più”. Questa è la sconfitta: non che certe stupidaggini le pensino gli uomini, perché è da quando esiste la Terra che loro le pensano, hanno creato il mondo a loro immagine e somiglianza e hanno tenuto sempre le donne relegate a casa, e non si può cambiare in cento anni una cultura che si è costruita in più di duemila. La sconfitta è che queste stupidaggini le pensino anche le donne, che pensino ancora che la loro vita senza un uomo non abbia senso, che la loro vita debba essere vissuta in un certo modo perché è così che deve essere, che non hanno il diritto di pretenderne un’altra, di pretendere la libertà di scegliere.

È questo che una madre dovrebbe insegnare ed augurare a sua figlia, non solo l’otto marzo, ma tutti gli altri 364 giorni dell’anno: la libertà di dire NO.

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