LIFE COACHING - Sensi di colpa, donne e nuove visioni
Iori Catia Venerdi, 27/06/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Agosto 2014
Donne in chiacchiere, amiche, reciprocamente affidabili ma sempre un po’ammorbate da quel senso di colpa che tende a rendere dolceamara anche la serata più stuzzicante e vivace organizzata da tempo. Una cenetta sulla terrazza di una di loro, i gelsomini in fiore, i profumi delle rose del giardino: è tutto perfetto complice il caldo se non fosse che è sabato sera e chi è sposata ha lasciato a casa il marito, chi invece è single ha portato altre amiche desiderose di trascorrere una tranquilla serata in campagna. Dovevamo festeggiare il rientro al lavoro di una mamma da anni ferma a casa ad accudire le figlie e ora desiderosa di ricominciare a sentirsi inserita in un contesto professionale. Un desiderio semplice, se vogliamo, ma intimamente suo e su cui aggiustare la propria autostima. Ebbene a calici alzati, la mia amica si divideva tra un sorriso sommesso e una smorfia dolorosa come se quella scelta, di per sé tanto voluta fosse anche contradditoria e fonte di ansia. Il fatto è che la nostra mente a volte gioca brutti scherzi e così alcune scoprono dentro sé stesse resistenze psicologiche inaspettate. Eppure era quello che voleva, ma alla fine chi si occuperà della casa, dei figli, del marito? Alla base di quell’altalene di stati d’animo c’è sempre quell’atavico senso di colpa-Ma qual è la sua colpa? Visto che il marito è d’accordo, i figli oramai grandi e lei voleva questo cambiamento…
Di cosa l’accusa il suo - mi viene da dire il nostro - giudice interiore? Ci accusa appunto di aver dato accoglienza alle energie della rinascita. È la solita tendenza a farsi del male tipicamente femminile: c’è stato un periodo buio e sofferto nel quale si è tutto bloccato e ora che finalmente la vita si riaffaccia nella nostra vita ci sembra di stare tradendo qualcuno. Ma chi? La risposta è diversa a seconda dei casi: può essere un ex partner che è ancora in difficoltà, oppure una persona cara che non c’è più, oppure è malata, depressa, sola (ad esempio un genitore rimasto vedovo o un amico con cui abbiamo condiviso il periodo nero). Altre volte il senso di colpa invece è indefinito e non si riesce a rintracciare uno “schema di tradimento” specifico.
L’unica cosa di ci cui si condanna è quella di affermare la propria coscienza, di vivere forse per la prima volta con pienezza, di voler conoscere se stesse.
Chi prova questa sensazione non è mai stata abituata a sentire legittimi i propri bisogni e desideri, problema che spesso affonda le proprie radici in un’educazione nelle quali essi sono stati banalizzati o disattesi in vario modo da mamma e papà e talora poi da compagni egoisti poco valorizzanti o dispotici. Questa non legittimazione di sé fa da sfondo e da terreno fertile a tutti i sensi di colpa appena si sente che si sta correndo verso la propria legittima affermazione. È chiaro che le donne hanno una propensione a prendersi a carico tutte le disdette, sfortune, fallimenti, cambiamenti non voluti e tradimenti che avvengono nella loro vita. Ma siamo così di natura oppure ci infliggiamo da noi stesse questa zappa sui piedi? Non c’è donna che ci scappi. Eppure se c’è chi soffre di sensi di colpa ci sarà anche chi glieli fa venire, no? È proprio per questo che se il senso di colpa è tipicamente femminile, vuol dire che invece nel maschile c’è un bello scarico di responsabilità. Allora dagli a quello che tradisce perché lei è un po’ troppo distratta dai bambini e si trascura come moglie, oppure perché non gli fa sufficientemente da madre, sorella, padre, colf, psicologa e chi più ne ha più ne metta. Bisogna pretendere per se stesse amore e rispetto con determinazione, dandone naturalmente, ma si può dare solo se ci si “nutre” psicologicamente in modo sano e abbondante. Dalla frustrazione non è mai nato nulla se non amarezza e delusione.
Facciamoci contente per prime, senza troppi timori per amare meglio l’altro e dare al mondo la nostra luce senza veli, senza ombre, senza veleni.
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