Madagascar - Un femminismo all’avanguardia guida lo sviluppo di un paese diviso dai contrasti tra città e campagna
Di Pietro Maria Elisa Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2006
Paesaggi straordinari, vegetazione straripante di colori e profumi, ricchezza di risorse, persone aperte e sorridenti. Questa è una faccia del Madagascar. L’altra è quella di un paese sprofondato nella crisi dopo saccheggi perpetrati da pirati americani ed europei, poi dai coloni francesi. Negli ultimi anni catastrofi naturali (siccità, inondazioni, tempeste tropicali, uragani e tsunami) hanno distrutto le poche infrastrutture e reso impraticabile ogni forma di comunicazione. L’accesso alle risorse vitali è aggravato dalla crisi economica, il danno agricolo durerà anni. All’indipendenza repubblicana sono seguiti guerre civili, isolamento e una pessima gestione politico-economica. Nel 2001 si è autoproclamato presidente un imprenditore di successo, nel quale il popolo confida per valorizzare il paese.
Le tribù malgasce, distinte per tradizioni e tratti somatici, sono la fusione di tre razze: africana, asiatica ed europea. Il 75% della popolazione è analfabeta, sotto la soglia di povertà e in emergenza per lebbra, tubercolosi e malnutrizione. Strutture sanitarie pressoché assenti. Vita media ridotta. Orfani in aumento per la mortalità delle madri. Pochi anziani, pochissimi con vite dignitose.
La crescita dell’attività femminile caratterizza gli ultimi due decenni, tuttavia prevale l’arretratezza: solo 250.000 donne su 7,5 milioni hanno migliorato la qualità della vita, perché la tradizione ostacola emancipazione e cambiamenti. Il Madagascar è rurale per oltre l’80% della popolazione. La struttura sociale è gerarchica, ma non rigorosamente matriarcale o patriarcale. C’è parità di diritti tra marito e moglie, ma le donne conservano un ruolo inferiore, pur non essendo soggette ai mariti.
Nelle campagne gli uomini abbandonano i villaggi in cerca di lavoro e le donne diventano capo-famiglia, cosicché lavorano anche 12 ore al giorno, 13 alla settimana più degli uomini, in casa e fuori. Coltivano, raccolgono e rivendono nei mercati, ma svalutazione economica e isolamento, soprattutto negli altopiani centrali, rendono insufficienti i guadagni. Nelle comunità rurali non hanno uno status sociale paritario rispetto ai maschi: non sono titolari di diritti economici (proprietà e acquisto di terra e bestiame), non partecipano alle decisioni comunitarie e familiari, né hanno libertà di scelte personali circa matrimonio, riproduzione e istruzione, per sé o i figli. La scolarità aumenta, ma le scuole sono in calo. Non esistono scuole pubbliche, tranne quelle missionarie. I bambini sono costretti a tragitti a lunga percorrenza per raggiungere aule sovraffollate, che frequentano a turno, senza libri e quaderni. Spesso finiscono per occuparsi dell’istruzione dei genitori, soprattutto delle madri che non hanno avuto l’opportunità di frequentare la scuola. La frequenza è bassa per le bambine delle famiglie più povere, ma le statistiche mostrano che la scolarizzazione e la formazione femminile sono più alte, durano più a lungo e con migliori risultati rispetto ai maschi.
L’urbanizzazione è recente, ma la fuga dalle campagne è anche femminile. Nella capitale e nelle aree urbane c’è una relativa prosperità, migliorano emancipazione e qualità della vita. Le donne s’integrano nel mondo del lavoro con buone retribuzioni, così conquistano l’indipendenza e la libertà di ritardare matrimonio e maternità, oltre l’età media di 15 anni. Tuttavia cambiano spesso attività: da artigiane ad operaie, da impiegate ad imprenditrici. Il rovescio della medaglia è lo sfruttamento economico e sessuale. Nel mercato internazionale delle schiave le malgasce sono tra le più quotate (sopra i 2.000 dollari), perché sono belle e parlano francese. Miseria, ignoranza e false aspettative alimentano prostituzione e turismo sessuale, mentre si diffondono malattie come sifilide e aids. Leggi rigide e campagne dell’UNICEF operano soprattutto in difesa dei minori.
Vivendo i contrasti del paese nella quotidianità, divise da condizioni di sviluppo economico-sociale contrastanti, le donne malgasce cercano equilibrio e indipendenza. La cultura femminista, che ha saltato le tappe intermedie del continente europeo, spiega che la questione femminile nasce dal triplice ruolo di lavoratrice, moglie e madre, a prescindere da rivendicazioni verso i maschi. La soluzione è conciliare i ruoli, accettare e valorizzare le differenze, “riconciliarsi” e condividere responsabilità coi maschi. Parole d’ordine: “eguaglianza nel riconoscimento della differenza”, cioè il segreto delle loro abilità organizzative, comunicative e umane, basate sull’esperienza professionale, familiare e personale.
Le donne sono da sempre l’asse portante dell’economia come consumatrici e amministratrici del bilancio familiare, ma oggi anche come lavoratrici e donne d’affari. Un senso innato dell’ospitalità le aiuta nelle attività turistiche. Il maggior numero di occupate è nel commercio. In espansione l’import-export. Nel settore agro-alimentare, le donne sono da sempre dedite a coltivazione, raccolta, selezione, lavorazione e conservazione di prodotti. Svolgono un ruolo importante anche nella lavorazione e nella commercializzazione dei prodotti ittici. Numerose le artigiane, ma con redditi insufficienti per il fabbisogno familiare. L’industria recluta donne nelle distillerie di profumi e oli essenziali, liquori e alcolici, negli zuccherifici, nelle cartiere, nella filiera della moda. L’ingresso femminile nella comunicazione e nell’insegnamento è più facile che in altri paesi africani. Imprenditrici e donne d’affari sono in aumento: associazioni femminili e sindacati, finanziati da Europa e Giappone, favoriscono relazioni tra le più intraprendenti.
Le donne sono determinanti per il futuro del paese. Ecologia ed economia dimostrano il loro ruolo strategico per la tutela e la gestione dell’ambiente, la cura e la formazione delle nuove generazioni, incoraggiano l’uso razionale delle risorse, promuovono lo sviluppo sostenibile. Dal 2001 progetti di empowerment e formazione, offrono alle donne malgasce opportunità di lavoro, autonomia, libero esercizio delle scelte personali e professionali. Come in altri paesi poveri, ma potenzialmente emergenti, occorre innescare un circolo virtuoso di sostegno e tutela dei diritti delle donne, che assicuri equità ed eguaglianza non solo di genere, ma anche intergenerazionale.
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