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Colombia oggi

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Intervista a Yolanda Zuluaga - Indios fra passato e futuro: dalle politiche di frontiera alla scrittura della tradizioni orali, fino ai “piani di vita” che rispettano la natura e gli esseri viventi

Ribet Elena Lunedi, 22/06/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2009

Yolanda Zuluaga è nata a Bogotà. Innamorata delle diverse espressioni della vita e della cultura, è da sempre impegnata nella cooperazione internazionale e nella promozione dei diritti umani di donne, bambine e bambini indigeni. Attivista pacifista, è laureata in storia, ha ottenuto il dottorato in sociologia a Parigi e vive in Italia dal 1995, dove lavora con le persone migranti. Dal 1997 si è impegnata in diverse consulenze per il Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli (CISP), l’UNDP e altre organizzazioni. Ha tra l’altro realizzato o partecipato alle seguenti pubblicazioni: “Fronteras que unen. Encuentro amazónico de cuatro naciones: Brasil, Colombia, Ecuador y Perú” (2009), “Mujeres y niños indígenas en la Amazonia colombiana. Diagnóstico sobre la situación de derechos humanos” (2007), “El desplazamiento por la violencia en Colombia. Experiencias, análisis y posibles estrategias de atención en el Departamento de Antioquia” (1999). Cura anche l’organizzazione di eventi per la promozione della pace e dei diritti umani.



Qual è la situazione attuale in Colombia, e in particolare in Amazzonia?

La situazione è molto complessa. Ci sono zone in cui sono in atto conflitti armati tra guerriglia, paramilitari, militari. Insieme alla crescente espansione del narcotraffico, ciò determina condizioni di grave vulnerabilità dei diritti umani.



In che misura questo influisce sulla popolazione, e in particolare sulle donne?

Ovunque, i conflitti e la violenza producono distruzione e insicurezza, con gravi conseguenze sul corpo delle donne e delle bambine, sulla dignità personale, la libertà, la salute sessuale e riproduttiva.



Cosa si sta muovendo?

Recentemente si sono incontrate delegazioni degli indigeni di Colombia, Perù, Brasile ed Ecuador per esprimere opinioni e formulare proposte sulle politiche di frontiera, affinché i governi tengano conto dei loro “piani di vita”. I “piani di vita” indigeni, così come sono da loro chiamati, sono molto diversi da quelli che noi potremmo chiamare, per affinità, progetti o piani di sviluppo. Loro concepiscono dei piani integrali a lungo termine, che tengono conto delle generazioni future e dell’ambiente.



Per la prima volta nella storia, alcuni gruppi indigeni hanno deciso di trascrivere la loro tradizione orale. Cosa significa questo?

Si tratta di un passaggio epocale. Mettere per iscritto la propria tradizione orale è un modo di comunicare con le generazioni future, con le autorità pubbliche e con l’esterno in generale. Quando la Colombia, nel 1991, ha introdotto la multi-etnicità nella propria Costituzione e ha riconosciuto diritti speciali agli indigeni, ciò ha rappresentato un grande passo per la democrazia. Ma il punto essenziale è: fino a dove possono arrivare i diritti di questi popoli? Dialetti, identità, tradizioni, educazione, salute, tutela del territorio e delle risorse naturali vanno preservate. Spesso gli interessi economici hanno portato verso direzioni opposte. Questi popoli sono vulnerabili, in quanto nel loro territorio si trovano petrolio, oro, minerali preziosi e legni pregiati. Le diverse colonizzazioni subite da queste regioni, da quella degli spagnoli nel ‘500 a quella molto più recente delle multinazionali, hanno fortemente compromesso gli equilibri naturali e la vita stessa di molte persone.



Cosa abbiamo da imparare dalla tradizione indigena?

C’è chi sostiene che questi indigeni fermano il progresso. La loro diversa visione del cosmo arricchisce piuttosto il genere umano. Il loro stile di vita si basa sulla relazione armonica con la natura e tutti gli esseri viventi. Sono due principi diversi: loro partono da un’idea centrale di protezione della natura e della vita, nel cosiddetto nord del mondo si afferma invece l’idea dello sviluppo inteso come sfruttamento. Noi occidentali ci concepiamo come individui, loro come collettività. Il loro stile di vita e il loro obiettivo si basano sul difendere la posizione collettiva, per salvaguardare la natura e la sopravvivenza, in pace, di tutti i popoli. Mentre dall’altra parte si agisce per l’importazione della violenza e dello sfruttamento, con processi distruttivi che portano anche alla trasformazione etica della popolazione. Per evitare di colpire gli interessi privati di attori economici molto forti, lo Stato colombiano non ha tenuto conto dei legittimi interessi delle popolazioni indigene. Per questo chi lotta per la pace e i diritti è in pericolo.



Che ruolo hanno le donne?


Credo di aver imparato molto dalle indigene. Le donne hanno una particolare capacità di intuizione. In certi gruppi indios ci sono anche donne sciamane, e spesso le guaritrici e le depositarie delle scienze medicinali e delle erbe sono donne, anche se in certe zone hanno ancora scarsi ruoli pubblici e politici. Ma sono le donne a saper ascoltare la conoscenza ancestrale che tutti abbiamo, a mettere insieme la ragione e gli elementi intangibili, siamo più unite alla natura, (pensiamo al ciclo, alla maternità), quindi siamo capaci di trovare unità con gli esseri umani e il cosmo. In queste capacità di relazione siamo un po’ indigene ed è qui che nasce la solidarietà.





Per una rete contro i crimini ambientali in Amazzonia:

yolandazul@gmail.com federicomortara@gmail.com



(22 giugno 2009)

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